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Manifesto: Tagli, i presidi si incatenano: «Le nostre scuole in ginocchio»

Zero finanziamenti per il funzionamento degli istituti. E le supplenze sono nel caos

22/04/2009
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il manifesto

Cinzia Gubbini

Avevano detto che si sarebbero incatenati davanti al ministero dell'Istruzione, e lo hanno fatto davvero. Ieri sulle scalinate della sede di viale Trastevere era possibile vedere una sfilza di uomini e donne legati da una lunga catena: i dirigenti scolastici della scuola pubblica, mobilitati dalla Flc-Cgil, in fiera e possente protesta contro i tagli del governo. Tagli veri, un continuo stillicidio, che sta mettendo in ginocchio le scuole di tutta Italia. I gesti eclatanti non sono nello stile dei dirigenti scolastici. Ma stavolta sono arrivati da tutta Italia, uno per ciascuna regione (mancavano solo l'Abruzzo e il Friuli) perché i problemi sono gli stessi da nord a sud. Prima di andarsi a incatenare davanti al ministero, i presidi hanno cercato in tutti i modi di farsi sentire dal Miur: lettere su lettere. A gennaio la scuola media «Addis Abeba» di Biella scrive: «Al momento attuale la giacenza di cassa è si appena 13 mila euro, tale disponibilità non consente neanche il pagamento delle spese ordinarie di funzionamento». L'Istituto comprensivo Fermi di Pizzighettone, in provincia di Cremona, scrive nero su bianco a marzo di non avere più i soldi per pagare: il servizio di prevenzione e protezione, le spese postali, la produzione di materiali didattici e il funzionamento dei laboratori. «Sulla scuola si parla tanto solo per sentito dire, e invece è un luogo ancora vivo. Ma se continua così, nel giro di tre o quattro anni, tutto andrà allo sfascio». Daniele Liberatore parla con le mani incatenate, è il dirigente scolastico di un Istituto comprensivo di Primavalle, a Roma, con un'utenza di 700 studenti. «I soldi di quest'anno arrivati dal ministero? Zero. Dico sul serio: con una circolare di quattro mesi fa ci hanno informato che stavano reperendo fondi, ma da allora non è giunta nessun'altra comunicazione». Così per finanziare i laboratori informatici, i progetti per l'integrazione, il preside-manager se ne inventa di ogni: la scuola viene affittata per le lezioni di yoga (mille euro al mese). Altri mille arrivano grazie al noleggio della macchinetta del caffé. E poi, il contributo delle famiglie: «Ma il mio è un quartiere abbastanza disagiato, io chiedo un contributo volontario minimo, 15 euro. Chiaramente le scuole dei quartieri più ricchi possono chiedere di più». Rischio concreto di discriminazione, quando la reperibilità dei fondi deve reggersi quasi completamente sui finanziamenti privati. Ma non è soltanto questione di fondi. Perché nelle scuole comincia a sentirsi il problema del taglio dei docenti. Non viene toccato il tempo pieno? «Accidenti se viene toccato», racconta un dirigente dell'Emilia Romagna: «Quest'anno, per fortuna, la mia scuola ha aggiunto due nuove prime classi alle elementari. Ma non sono stati aggiunti insegnanti. La risposta del ministro è che bisogna utilizzare il modello del maestro unico. E va bene: ma se tu mi dai solo una cattedra di 27 ore, come faccio a coprirne 40? Paradossalmente non avremo un maestro unico, ma una girandola di insegnanti che dovranno coprire, due ore per due ore, il resto della cattedra. Ma ai bambini delle elementari non si possono proporre cinque insegnanti al giorno, non funziona così». E poi ci sono i piccoli - si fa per dire - quotidiani problemi di gestione dell'organico.
Il vero dramma sono le supplenze. Con la vulgata capitanata dal ministro Brunetta secondo cui gli insegnanti se ne approfitterebbero - come tutti gli impiegati pubblici - il risultato è che un insegnante non si può più ammalare. Mario Coviello, dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo di Bella, in Basilicata, racconta la sua «finanza virtuale»: «Abbiamo messo in bilancio soldi che non abbiamo, sperando che arrivino. Ma, comunque, i conti non tornano: quest'anno i soldi per le supplenze vengono dati in relazione al numero dei docenti. Ma nel mio caso il contributo sarà di 138 euro per ciascuna supplenza, quando in realtà una ne costa 200». E ad anticipare i fondi bisogna stare attenti, come spiega Donata Bellini - dirigente di un Istituto comprensivo di Bari - che due anni fa ha messo in bilancio trentamila euro per i progetti sull'handicap che poi non sono mai arrivati. Quest'anno i residui attivi, cioè i soldi anticipati dalla scuola, sono già più di 75 mila euro. Anche in questo caso le supplenze sono una delle voci più corpose. Le richieste dei sindacati affinché il ministero del Tesoro si faccia carico del pagamento di questa spesa non è mai stata accolta. Ma adesso la situazione è peggiorata: la legge Brunetta (decreto legge 112 del 2008), stabilisce che gli impiegati assenti debbano ricevere la visita fiscale per scongiurare truffe. Ma la spesa della visita è a carico della scuola, e non dello Stato. Una voce in più che appesantisce i bilanci.
Problemi concreti, non chiacchiere. Tant'è che dal ministero arrivano rassicurazioni. Lo spiega il responsabile dell'area dirigenti della Flc Cgil, Armando Catalano, che ieri è stato ricevuto dal Miur: una nota specificherà che le scuole possono chiedere supplenze. A breve arriveranno le cifre certe per i fondi di istituto. Sulle visite fiscali è prevista una riunione con il Tesoro e la Funzione Pubblica. «Significa riconoscere che il problema c'è», dice Catalano. Che si ritiene soddisfatto: «E' un primo passo». Ma avverte: «Non possono continuare a dirci: arrangiatevi».


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