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Manifesto: «Stella ciao, il futuro ci appartiene»

ROMA In trentamila assediano il ministero

09/10/2010
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il manifesto

Giampiero Cazzato

ROMA

La parola che più ricorre negli striscioni e negli slogan degli studenti romani in corteo verso viale Trastevere non è «tagli», troppo ovvia. La parola, dalle molteplici letture, è futuro. Un futuro da riprendere in mano, un futuro che gli studenti, i precari, gli insegnanti si vedono negato dal governo e da un ministro, che uno striscione irride, strorpiandone il nome in «Gelminator».

Piazzale Ostiense è piena di ragazzi delle scuole superiori. La manifestazione si mette in marcia alle 10. Ma c'è chi di prima mattina ha dato il buongiorno a Mariastella. Sono gli studenti di Uds-Link che alle 6,30 hanno lasciato due striscioni davanti al dicastero dell'Istruzione: «Voi l'incubo, noi la sveglia», e «La paure fa 90... cortei in tutta Italia». Sulle scale del ministero una trentina di studenti indossa maschere bianche, sono quelli del collettivo Senza tregua.

«Siamo 30 mila» annunciano dagli altoparlanti piazzati su una camionetta sgangherata. Il corteo è un caleidoscopio di colori, gonne lunghe stile anni '60, le nuove kefiah sgargianti, t-shirt autoprodotte (ce n'è una che riporta la strofa della Canzone del Maggio di De Andrè), arabeschi disegnati sulle braccia. «La scuola è un bene comune. Studenti, precari e genitori in mobilitazione» recita lo striscione che apre la manifestazione. Su uno è scritto «Chi apre una scuola chiude una prigione». Oggi le scuole sono «come il carcere - dice Tito Russo dell'Unione degli studenti - l'edilizia fatiscente, la didattica vetusta, i costi per studiare insostenibili».

Flavio è all'ultimo anno del liceo classico Socrate, zona Garbatella. La scuola, dice, vanta un credito di oltre 160 mila euro nei confronti del ministero, ma l'algida Mariastella «tanto generosa con le private non intende onorare il debito». E così i soldi che i genitori versano come contributo «volontario» (di fatto obbligatorio) e che dovrebbero servire per attività extrascolastiche vengono usati per per evitare che la didattica si fermi.

La protesta di oggi ripropone «vecchi slogan di chi vuole mantenere lo status quo», ha dettato alle agenzie la Gelmini. Peccato che non possa parlare con Claudia, terzo anno al Russel, gli spiegherebbe che «i muri cadono a pezzi» e che in tre anni ha cambiato 7 insegnati di inglese. Peccato che non ascolti Valerio, del liceo scientifico Labriola di Ostia che racconta come, con la sua riforma, le ore di matematica si ridurranno sempre di più, «come un maglione lavato a 60 gradi».

Già, «Mariastella bla bla bla». «Gelmini saremo il tuo inferno» promette un luciferino striscione. «Non che prima di lei le cose andassero bene - precisa Marco Grandinetti, della Federazione degli studenti - solo che lei e questo governo perseguono lo smantellamento della scuola pubblica con una tenacia che non ha eguali. Parlare di riforma della scuola si può. Noi non abbiamo paura di questa parola e nemmeno dell'autonomia, purché sia vera, realizzata mettendoci risorse, che dia opportunità a tutti».

Il corteo si avvicina al ministero della Pubblica istruzione, le casse sparano a tutto volume i Cento passi dei Modena, si risente Contessa e una versione stracult di Bella ciao: si chiama Stella ciao, è un capolavoro che tiene assieme antifascismo e goliardia.

Lo sguardo di Silvia, dell'Istituto per il turismo, Colombo va oltre la sua classe cadente. «Oggi mi negano il sapere, come domani mi negheranno un lavoro, vero». E ai lavoratori guarda pure Marcello della Rete degli studenti. Sono in piazza con i caschetti, «per proteggerci dalle macerie in cui è ridotta la scuola, ma anche per saldare la nostra lotta con quella che il 16 ottobre porterà in piazza la Fiom».


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