Manifesto: Silvio Berlusconi annuncia lo Stato di polizia
Il premier passa alla linea dura contro gli studenti. E minaccia i media e il manifesto: «Avete 4 anni e mezzo per farci il callo, non retrocederò di un millimetro»
«Non consentirò occupazioni di scuole e università, e invierò le forze dell'ordine contro chiunque impedisca lo svolgimento delle lezioni». Il premier passa alla linea dura contro gli studenti. E minaccia i media e il manifesto: «Avete 4 anni e mezzo per farci il callo, non retrocederò di un millimetro»
Eleonora Martini
ROMA
Il volto si fa teso, strizza gli occhi, s'impettisce, e avverte: «Avete 4 anni e mezzo per farci il callo: non retrocederò nemmeno di un centimetro». Prove tecniche di autocrazia. Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi si dimentica perfino della ministra Mariastella Gelmini, che seduta al suo fianco è ancora in credito di una risposta, e stizzito dalle domande dei cronisti dichiara conclusa la conferenza stampa indetta a Palazzo Chigi. Quello che doveva dire lo ha detto, e ha avvisato giornalisti e Paese che la linea della fermezza non cambierà: «Non consentirò occupazioni di scuole e università, e invierò le forze dell'ordine contro chiunque impedisca lo svolgimento delle lezioni». Il «consenso» è dalla loro parte - aveva spiegato poco prima citando i sondaggi pubblicato sul Corriere della Sera, «giornale amico» - solo che dietro alle «ridottissime» manifestazioni di protesta contro i tagli alla scuola e all'università - ingigantite dai media - c'è l'organizzazione «dell'estrema sinistra» e «molto spesso dei centri sociali». L'accusa del premier all'opposizione è di «opportunismo politico», di usare la scuola come «settore in cui la sinistra pensa di poter alzare la voce». Ma ne ha anche per i direttori dei giornali che, rei di aver «divorziato dalla realtà» e di fare «cattiva informazione», devono tornare sulla retta via: «Portate i miei saluti e quelli del ministro Gelmini ai vostri direttori, e riferite loro che saremo molto indignati e preoccupati se non sarà pubblicato nulla di questa conferenza stampa». Non spiega se, nel caso, potrebbe decidere anche di mandare i militari a presidiare le riunioni di redazione.
Quello che parla, in soccorso della ministra ridotta nel frangente a puro ornamento, è un Berlusconi poco «giullare», come lo aveva definito l'Economist. Messe da parte per il momento battute sessiste e barzellette, il presidente del consiglio si fregia invece di essere stato «uno studente modello e diligentissimo», che non ha «mai manifestato né protestato». Forse per questo proprio non riesce a capire. «La realtà che conosciamo in questi giorni e in queste ore - è la lettura del premier - è una realtà di aule universitarie piene di ragazzi che intendono studiare. Poi ci sono questi manifestanti, organizzati dall'estrema sinistra, molto spesso dai centri sociali come succede a Milano. Ma l'occupazione non è una dimostrazione di libertà o un fatto di democrazia, è violenza verso gli altri». Soffia sul vento della rivolta, Berlusconi, sperando che diventi un tornado: «Lancio un avviso ai naviganti: non consentirò l'occupazione di università e di scuole. Convocherò oggi stesso Maroni e darò a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell'ordine per evitare che questo possa succedere. L'ordine deve essere garantito».
Per carità, manifestare come farà il Pd «è una possibilità della democrazia», peccato che quella del 25 ottobre «non propone proprio niente».
Ai giornalisti viene poi distribuito un dossier su «tutte le bugie della sinistra»: sul tempo pieno che «non verrà abolito», sul numero degli alunni per classe che «non aumenterà», sui licenziamenti che «non ci saranno», sul fatto che «nessuna scuola verrà chiusa», sul voto in condotta che serve perché «il decreto punta a rinforzare il principio di autorità nelle scuole», insieme a cose del tipo «alzarsi in piedi in classe quando entra il maestro». Falsità, come quelle «sul numero di partecipanti alle manifestazioni», che «a furia di essere ripetute sono passate come vere e hanno creato allarmismo nelle famiglie». Ferito dalla sua stessa arma, dunque, Berlusconi però conviene: «Stiamo parlando di un decreto e non di una riforma della scuola». Poi bacchetta anche la titolare dell'Istruzione che silenziosa annuisce: «Il ministro si è sbagliato - la riprende il premier - non si deve parlare di maestro unico ma prevalente perché sarà affiancato dall'insegnante di inglese, di religione e di informatica».
A Mariastella Gelmini non rimane che «fare un appello a tutti, affinché si abbassino i toni, perché qualcuno cerca strumentalmente lo scontro di piazza». Nega, la ministra, di aver rifiutato un confronto col mondo della scuola. Eppure, dopo aver annunciato un'altra "riforma" sull'università da presentare a conclusione dell'iter parlamentare del decreto 137, non rinuncia a prendersi la sua piccola rivincita: «Non è insultando il ministro e il governo che si risolvono i problemi. Ora basta, da oggi si volta pagina». Nessuno si senta escluso.