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Manifesto: Siete stranieri, niente gita ad Auschwitz»

La SkyEurope ferma due studenti all'aeroporto di Fiumicino. Partecipavano a un viaggio scolastico

04/04/2007
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il manifesto

La SkyEurope ferma due studenti all'aeroporto di Fiumicino. Partecipavano a un viaggio scolastico
Francesca Pilla
Hanno tutti tra i 13 e i 14 anni gli alunni della terza media della scuola statale Via Fosso dell'Osa di Roma, fanno parte di una classe multietnica all'estrema periferia della capitale nella quale siedono tra i banchi anche un alunno kosovaro e una ucraina. Studiano insieme e avevano preparato una gita di gruppo per approfondire un argomento delicato come la Shoah e le leggi razziali fasciste e naziste. I professori gli hanno fatto leggere Se questo è un uomo di Primo Levi e avevano preparato una visita al campo di concentramento di Auschwitz, prevista per lo scorso 26 marzo. Doveva essere un'esperienza positiva, invece.
All'aeroporto di Fiumicino la Sky Europe, la compagnia internazionale di voli low cost, ha decretato che i due ragazzi extracomunitari non potevano partire. «Perché?», si è innervosito il professor Luca Kocci con l'addetta al check-in «I due alunni hanno i passaporti individuali in regola». Uno addirittura rilasciato dalle Nazioni unite che tramite l'Unmik, amministrano il Kosovo dal '99. «Mi dispiace - è stata la risposta - sono sprovvisti del visto di ingresso per la Polonia». «Ma si tratta di una richiesta assolutamente ingiustificata - ha controbattuto l'insegnante - sia l'ufficio passaporti della questura di Roma che il consolato polacco ci hanno più volte confermato che, trattandosi di un viaggio scolastico di gruppo in un Paese dell'Ue, il visto non sarebbe servito». Come del resto prevede espressamente anche la circolare europea 1932/2006, pubblicata sulla Gazzetta dell'Ue. Niente da fare l'addetta al check-in, probabilmente secondo direttive superiori si è riservata il «diritto di veto».
A questo punto la prima domanda da porsi è se un'impiegata di una compagnia aerea possa avere il compito di preservare le frontiere tra gli stati, o se offrendo un servizio di trasporto non debba solo verificare che biglietto e documento di identificazione siano in regola. Non spetterebbe alla polizia di frontiera verificare se un cittadino è gradito o meno in uno stato terzo? La seconda questione invece riguarda la confusione che evidentemente esiste tra i trattati dell'Ue in materia di circolazione e quindi anche tra gli enti, le istituzioni, i consolati preposti a fornire le informazioni. Non è la prima volta che si verificano situazioni di questo tipo. Due settimane fa è accaduto a sei studenti extracomunitari di un istituto di Bergamo, arrivati a all'aeroporto Luton di Londra sono stati bloccati, separati dal gruppo, isolati in una stanza e, dopo sette ore, rispediti all'aeroporto Orio al Serio. Avevano bisogno di un passaporto individuale.
Ma gli alunni romani della 3 r non interessano i problemi burocratici e sintetizzano così in una lettera quanto accaduto: «A scuola ci viene insegnato che tutti abbiamo gli stessi diritti, ma a noi sembra invece che non sia così e che i nostri due amici siano stati discriminati perché non sono italiani; e adesso pensiamo che i nostri compagni avranno più paura a fidarsi degli altri».


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