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Manifesto: Se l'«etica» congela la democrazia

staminali La ricerca stretta fra politica ed etica cattolica

02/06/2006
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il manifesto

Perché è importante togliere il veto dell'Italia (con altri cinque paesi) ai finanziamenti europei per la ricerca sulle staminali, un veto ingiusto, prepotente e pericoloso. La ricerca non si fermerebbe con quel veto: diventerebbe soltanto «più privatizzata», cioè con meno controlli e meno garanzie. Intervista a Stefano Rodotà
Iaia Vantaggiato
Roma
Della discussa iniziativa di Fabio Mussi, neoministro all'univerità e alla ricerca, parliamo con Stefano Rodotà, docente di diritto civile presso la Sapienza di Roma e già Garante per la Privacy.
Partiamo dagli aspetti tecnici. Il ministro Fabio Mussi ha ritirato l'adesione dell'Italia alla dichiarazione etica che impegna alcuni paesi dell'Ue a non utilizzare embrioni per la ricerca. Che significa?
Germania, Austria, Polonia, Malta, Slovacchia e Italia - utilizzando una regola europea - hanno costituito quella che si definisce una «maggioranza di blocco» il cui fine è stato quello di impedire che l'Unione europea potesse finanziare, nell'ambito di programmi quadro, la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Si trattava, a mio parere, di una posizione in sé discutibile dal punto di vista di principio. A ciò aggiungererei che la decisione dei «sei»intendeva trasferire, nell'intera area dell'Unione, opinioni rilevanti a livello nazionale.
La giudica una colpa?
Sì, se si considera che quelle opinioni rapresentavano l'espressione di una minoranza e tuttavia erano state imposte a tutti gli altri Paesi dell'Unione ai quali veniva impedito di ricorrere a fondi comunitari per la ricerca sulle embrionali.
Una forzatura poltica?
Assolutamente sì.. Un forzatura della quale è responsabile il governo Berlusconi.
Cosa cambia con il ritiro della firma italiana deciso da Mussi?
L a presenza italiana è determinante.Con la decisione di uscire da questa «minoranza di blocco» viene automaticamente a mancare il numero di voti necessario per bloccare i finanziamenti. Lo ripeto: quello che qui si cerca di fare - e a cui Mussi si ribella - è l'esportare posizioni nazionali di totale chiusura cercando di trasformarle in inaccetabile regole europee.
Resta centrale, comunque, la questione dei finanziamenti.
Trattasi di questione estremamente ambigua. Da un lato, infatti, l'Europa - attraverso l'utilizzo delle risorse di cui dispone - è in grado di finanziare attività finalizzata alla ricerca. Dall'altro lato, tuttavia, c'è sempre il rischio che i finanziamenti europei in materia di staminali venganopuntualmente subordinati a una serie di controlli preventivi e nazionali nonché alla valutazione della serietà e dell'accettabilità del progetto. Ed è chiaro che si tratta di valutazioni meramente etiche.
Ci sarebbe dunque un'Europa d'ampio respiro che si scontra con chiusure nazionali.
In parte sì. I finanziamenti europei danno il massimo di garanzie per quanto riguarda la serietà, gli scopi, l'accettabilità in sé di questo tipo di ricerca. Ma può sempre succedere che legislazioni nazionali differenziate possano determinare divieti. E' accaduto, oltre che in Italia, anche in Germania. Avere una regola europea che normi le legislazioni nazionali - di per sé meno rigorose - sarebbe assolutamente necessario.
Va in questa direzione, secondo lei, la decione presa dal ministro Mussi?.
Mussi ha fatto una mossa estremamente ragionevole perché bene ha compreso che tutto si può esportare tranne che il proibizionismo, soprattutto per quanto riguarda la ricerca. E rimuovendo l'ostacolo della cosiddetta pregiudiziale etica - così guardando, peraltro, all'esperienza di altri paesi dell'Unione come Gran Bretagna, Spagna, Olanda e Belgio - ha aperto la strada affinché la stessa soglia europea possa tornare ad essere parametro di garanzia.
La civile America è più avanti di noi?
Non direi. Le faccio un esempio così ci intendiamo meglio: negli Stati uniti l'amministrazione Bush ha vietato qualsiasi tipo di finanziamento pubblico relativo alla ricerca sulle staminali la quale però, non considerata di per sé illegittime, gode dei fondi erogati dai privati. Vuole sapere qual è il risultato? La ricerca - privata di fondi pubblici - è meno controllabile e più soggetta a interessi di tipo immediatamente commerciale. Superfluo denunciare la fondamentale ipocrisia di questi atteggiamenti: quella del «lavarsene le mani» è un'arte antica e noi rischiamo di riprodurla anche in Europa.
In che modo?
Bloccando i finanziamenti pubblici e così eludendo le garanzie più che rigorose previste dall'Unione. Del resto il discorso non riguarda solo le staminali. Qualsiasi stato - e su qualsiasi argomento - può decidere che le sue risorse non debbano essere utilizzate per ricerche «sgradite». Si tratta di una deriva pericolosissima perché in tal modo ciascuno stato stato finirebbe con l'impugnare la logica del veto.
Professore, torniamo per un momento a questo concetto della pregiudiziale etica. Perché fa tanta paura?
Io penso che se guardassimo alle situazioni concrete invece di adoperare parole che potrebbero anche essere fuorvianti ci intenderemmo meglio. Che vuol dire pregiudiziale etica? Io ritengo che ci siano materie nelle quali «insista» un valore, un principio sul quale io non ritengo che sia possibile negoziare. La pregiudiziale etica descrive l'imposizione di una posizione particolare che bene ha fatto Mussi a smontare cercando di ricostruire una situazione di corretta libertà e di totale autonomia per la ricerca.
Professore, torniamo alla sempre più attuale contrapposizione tra etica e politica. A Mussi Rutelli lancia l'alltolà e afferma: «La legge non si cambia perché sull'etica dobbiamo decidere insieme». Lei come valuta questa dichiarazione?
Io su questo ho una opinione abbastanza netta. E' chiaro che le decisioni del governo debbano essere decisioni collegiali, allo stesso tempo però questa presa di posizione sembra voler mettere le mani avanti e dire, in fondo, che ci sono alcune materie nelle quali non a tutti è permesso di entrare.
Non ritiene improprio, parlando di staminali, il richiamo alla legge 40 sulla procreazione assistita?
Lo stesso Mussi aveva avvertito il pericolo quando aveva affermato la sua intenzione di non mettere assolutamente in discussione la legge 40. Anche se, io credo, questa è una operazione alla quale si può tranquillamente procedere. E tuttavia, qui si sovrappongono due problemi diversi. Non si può utilizzare la legge 40 per bloccare i finanziamenti sulla ricerca per le staminali né per riaffermare il divieto di clonazione terapeutica e riproduttiva sancito dall'articolo 3 della carta dei diritti fondamentali dell'Unione.
E torniamo così alla «vexata quaestio» del rapporto tra etico e politica.
In democrazia, il principio è che nessuno può imporre agli altri una particolare posizione etica. Questo è il principio e ogni discussione da qui deve partire.
I vescovi che ieri hanno attaccato Mussi non sembrano pensarla così.
Che i vescovi facciano il loro mestiere è fuori discussione ma anche la politica deve fare il suo. Mi ha colpito sentire, in campagna elettorale, interventi in cui agli argomenti tratti dalla Costituzione italiana veniva contrapposta una enciclica di Benedetto XVI o di Karol Wojtila. Qui evidentemente c'è un elemento che tocca i fondamenti stessi della nostra organizzazione democrati ca.


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