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Manifesto: Se con i soldi degli insegnanti ci si comprano i mobili di casa

Chiuso per insolvenza l'Istituto addestramento lavoratori dell'Abruzzo, l'ente di formazione della Cisl. La polizia indaga

29/06/2008
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il manifesto

Serena Giannico
PESCARA

C'era una volta lo Ial (Istituto addestramento lavoratori) dell'Abruzzo. Adesso non c'è più. L'ente di formazione della Cisl ha infatti chiuso per insolvenza. È stato risucchiato e ingoiato dai debiti e cancellato dagli intrallazzi che si sono consumati al suo interno. I dipendenti rimasti - 48 tra quelli a tempo indeterminato e i cosiddetti «atipici», mentre altri erano già stati messi in prepensionamento - sono stati licenziati. «Siamo stati convocati a tranche - confermano alcuni lavoratori - ci hanno pagato stipendi, tredicesime e persino i buoni pasto. E ci hanno dato il benservito. Ma quelli di noi con contratto a progetto, la maggior parte, si sono già rivolti all'Ispettorato del lavoro per farsi riconoscere i contributi, perché i nostri «coproco», prorogati all'infinito, erano diventati irregolari. Il sindacato, anche per dieci anni, ha continuato a tenerci nel precariato».
C'era una volta lo Ial Abruzzo e Molise. Un unico ente per due realtà attigue. Era ricco, ricchissimo. Dal 2000 - momento in cui è iniziato lo sfascio - nelle sue casse è piovuta una marea di fondi arrivati dall'Unione europea, che gli sono stati assegnati dalle due Regioni e che sono svaniti. Finanziamenti comunitari... dissolti. Sono tanti i corsi tenuti negli ultimi sei-sette anni. Per ognuno di essi sono entrati mediamente 60-70 mila euro. Nonostante ciò ci sono circa 1.600 insegnanti che non sono stati pagati. Una miriade di allievi reclama i rimborsi: e per questo, dopo aver inutilmente protestato, hanno presentato esposti e alcuni di essi stanno anche pensando di unirsi per imbastire un'unica azione legale. Poi aspettano denaro i fornitori, il fisco e l'Inps.
Nel frattempo lo Ial Abruzzo e Molise, scoppiato lo scandalo del disavanzo e degli sprechi, si è scisso. Quello dell'Abruzzo è stato messo in liquidazione e cancellato. «L'altro, invece, - spiegano rappresentanti sindacali -, pur annaspando in grosse perdite, è stato salvato per volontà dei vertici Cisl». Il maxi buco nei conti - si parla da 15 a 35 milioni di euro, un balletto di cifre in cui inquirenti e investigatori stanno tentando di raccapezzarsi - è stato denunciato e portato all'attenzione della Procura di Pescara e della Finanza che, a seguire, ha effettuato blitz e perquisizioni nelle varie sedi Ial. Da quella regionale di Pescara, alle altre di Teramo e della provincia dell'Aquila. E sono partiti i primi avvisi di garanzia: gli inquisiti sono sospettati di aver annientato un patrimonio in maniera anche truffaldina. In primo piano consuntivi fasulli, manipolati e costruiti ad arte, che hanno avuto puntualmente l'ok di quanti erano preposti ai controlli e che adesso sostengono di non essersi accorti di quanto accadeva. Il risultato consiste in somme impastate, inventate per nascondere emorragie di quattrini. E una gestione allegra dove in parecchi hanno infilato le mani. La formazione è sinonimo di fiumi di denaro - evidenziano ancora i sindacalisti - e lo Ial era il pozzo dove attingere. Sempre e comunque. Ma il disastro è arrivato grazie a rimborsi gonfiati a dismisura, a costosissime spese, come Mercedes e altre auto di lusso. A fondi usati per campagne elettorali di vari politici e viaggi. E arredamenti... L'inchiesta in corso - qualcuno degli indiziati avrebbe deciso di collaborare - sta facendo luce sulle vite da nababbi di diversi dirigenti. Uno di essi - ci sono le ricevute a provarlo - ha comperato i mobili di casa prelevando in banca dallo Ial. La magistratura sta tra l'altro cercando di appurare se è vero che il Palermo Calcio, all'epoca della presidenza dell'allora segretario Cisl Sergio D'Antoni, abbia ricevuto soldi dallo Ial Abruzzo.


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