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Manifesto: Scuola, sindacato tra «terremoto politico» e voglia di non arrendersi

A Caserta la conferenza dei lavoratori della conoscenza indetta dalla Cgil. Con don Luigi Ciotti che mette in guardia i professori dai pericoli legati alla «crisi della legalità»

24/04/2008
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il manifesto

Marina Della Croce
inviata a Caserta

Segnali di vita nel deserto della cittadinanza. All'indomani della sconfitta elettorale e della scoperta di un paese virato a destra, chiuso tra egoismi territoriali e individualismi senza orizzonti più lontani del naso, si può pensare ad un "impegno" sociale e sindacale denso di contenuti non banali.
E' una platea tutt'altro che stanca e burocratizzata, quella che caratterizza la conferenza di organizzazione dei «lavoratori della conoscenza» facenti capo alla Cgil. Si anima quando don Luigi Ciotti, venuto qui a certificare un rapporto privilegiato consolidato in anni di comune lavoro antimafia in tutte le scuole d'Italia, le ricorda che «non esiste l'io, ma solo il noi» fin nelle pieghe del lavoro individuale sui ragazzi «difficili». Un ragionamento alto che parte dal riconoscimento d'esistenza di una «cultura mafiosa» che va al di là dei confini del mezzogiorno per investire i modi di vita incentrati sulla «legittimità della predazione» (beni, diritti, vite, lavoro). «L'individualismo è direttamente proporzionale alla crisi della legalità», scandisce, collegando piccole e grandi «furbizie» con quei comportamenti pubblici che vano dalle «leggi ad personam» all'identificazione di un «eroe in Mangano» (lo stalliere mafioso di Arcore, che non aveva aperto bocca davanti al pm). Intorno al prete combattente si anima uno scatto d'emozione che, è palese, la platea vorrebbe veder accendere tutto il grande corpo del sindacato. Uno slancio della soggettività, una «necessità della provocazione perché tutto non appaia uniformemente facile, componibile, scambiabile». Uguale nello stesso fondo grigio e indistinto delle complicità deteriori.
C'è una sintonia immediata tra questo richiamo alla «prossimità» dei valori e dei diritti e la constatazione del «crescente sradicamento territoriale» dei partiti del centrosinistra, alla base della sconfitta e, prima ancora, della sordità ai problemi concreti di quello che una volta era vissuto e sentito come il blocco sociale di riferimento delle forze progressiste. La relazione introduttiva di Enrico Panini recepisce infatti la portata del «terremoto politico» senza indulgenze, nemmeno per il Pd, cui «non è riuscito il tentativo di recuperare consensi al centro». Secca la registrazione del ruolo negativo dell'azione del governo uscente - ricordando anche lo sciopero effettuato «contro la sua prima finanziaria» - che ha dilapidato speranze cincischiando con la solita «politica dei due tempi» e la sempre rinviata utilizzazione di vari «tesoretti» in direzione del «dare ossigeno ai redditi di lavoratori e pensionati».
E' il riconoscimento aperto di una «crisi della rappresentanza politica» che la destra e il solito padronato «pronto a salire sul carro del vincitore» vorrebbero immediatamente fa precipitare anche in «crisi della rappresentanza sociale». C'è un ovvio e forte rapporto tra le due dimensioni, ma anche una differenza profonda che spiega in buona parte perché una sia franata e l'altra possa tenere, o addirittura essere rilanciata: ed è proprio nella «copertura sindacale del territorio». Quella «stella polare individuata fin qui dalla Cgil come riferimento della riforma che è poi l'obiettivo di questa Conferenza d'organizzazione» che sta procedendo, per ora, su base categoriale. Impegno complesso e non scontato, perché anche nel sindacato esistono profonde e significative differenze di pratiche, impostazioni, comportamenti. Per questo non appare rituale la riconferma della scelta dell'«autonomia del sindacato» (dai partiti, è ovvio), così come quella del pluralismo culturale (per dar modo alle «nostre modalità di discussione di diventare pratica di un nuovo confronto tra le diverse anime del centrosinistra»). Parole non nuove, se sempicemente «dette». Ma qui, tra «conoscenti e docenti» che ogni giorno debbono trovare la spinta e la motivazione per formare le nuove generazioni, trasmettendo loro valori e consapevolezza dei diritti conquistati di loro predecessori, questo impegno appare forte e diffuso. Un segnale di vita, appunto.


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