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Manifesto: Scuola pubblica, i quattro «toccasana»

Alba Sasso

04/09/2008
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il manifesto

L'obiettivo del terzo governo Berlusconi sulla scuola è ormai chiaro: impoverire in tutti i sensi la scuola pubblica che c'è (tagli di risorse, riduzione di insegnanti, maestro unico nella elementare, chiusura di scuole, riduzione di orario...) ma soprattutto deistituzionalizzare il sistema pubblico dell'istruzione. In altre parole considerare - e agire di conseguenza la scuola esclusivo servizio e non istituzione. Servizio a domanda individuale e non luogo della responsabilità dello stato nei confronti della formazione e della crescita delle nuove generazioni. E' questo il passaggio, la scelta di fondo, che cammina su quattro pilastri affogati nel dibattito di questa estate tra grembiulini, voti in condotta e quintalate di insulti sugli insegnanti, soprattutto meridionali. Ma, piccola digressione, come appare sempre più risibile la pretesa di combattere il bullismo, quello profondo e patologico, con i voti in condotta, alla luce degli episodi sull'eurostar Napoli /Roma del 31 agosto! I quattro punti di una politica dunque di destrutturazione e privatizzazione del sistema di istruzione sono: sussidiarietà, scuole trasformate in fondazioni, chiamata diretta degli insegnanti da parte delle scuole, abolizione del valore legale del titolo di studio. Di sussidiarietà Gelmini aveva già parlato prima di diventare ministro, col disegno di legge presentato sul finire della precedente legislatura. Significa ruolo residuale dello stato rispetto all'iniziativa privata sul terreno della formazione. In quel progetto di legge, manifesto ideologico della sua politica, Gelmini riproponeva i voucher formativi per le famiglie da spendere nelle scuole pubbliche o private. E nelle prime dichiarazioni del suo governo ha richiamato come esempio il buono scuola lombardo. Trasformare le scuole in fondazioni, con interventi finanziari di privati e taglio dell'investimento pubblico, significa non solo creare una gerarchia tra scuole (visto che per le caratteristiche del capitalismo italiano i finanziatori privati ove mai decidano di intervenire lo farebbero solo in certe realtà e certo non a scopi filantropici - la vicenda Alitalia docet ), ma abbandonarne molte a un destino di marginalità. Pensiamo a tante scuole del periferie del nord e del sud. Altro che concorrenza! Perché nessuno è riuscito a dimostrare che la competizione tra scuole, anche in paesi di tradizione liberista, riesca a migliorare la qualità degli apprendimenti per tutti. Anche la chiamata diretta degli insegnanti da parte delle scuole - già prevista dalla legge Moratti e riproposta con determinazione dal disegno di legge Aprea - è una scelta di privatizzazione del sistema. Una chiamata su base fiduciaria colpisce la libertà di insegnamento, la responsabilità più generale del processo educativo. Il passaggio da un ruolo di dipendente pubblico (che oggi è quasi una cattiva parola) a quello di dipendente privato. Infine, ma questo sostiene Gelmini sarà il coronamento del processo riformatore, l'abolizione del valore legale del titolo di studio. Tutti ne parlano come di un toccasana per il sistema formativo. In realtà poiché neppure nei paesi di tradizione anglosassone si accede al lavoro senza un titolo di studio la questione è un'altra o meglio altre due. Da un lato il problema di certificare le competenze acquisite e la qualità del processo di formazione. Ma per questo non sarebbe meglio intervenire e potenziare da un lato l'Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema scolastico) e l'Anvur (Agenzia di valutazione per università e ricerca) piuttosto che ipotizzare la proliferazione di improvvisate agenzie di rating ? D'altra parte, poiché possono rilasciare titolo avente valore legale solo strutture pubbliche autorizzate e accreditate, la cancellazione del valore legale potrebbe far fiorire enti formativi (scuole e università) con programmi e percorsi di istruzione fuori «norma». In conclusione la privatizzazione del sistema serve a migliorarne la qualità, per tutti? I paesi che lo hanno sperimentato, come gli Stati uniti, escono con le ossa meno rotte dalle comparazioni internazionali? Perché Obama sente il bisogno di ribadire alla Convention democratica che uno dei suoi impegni sarà garantire un'istruzione di qualità a ogni bambino e assumere tanti insegnanti, riprendendo il progetto clintoniano del « nobody child left behind »? Perché sa, e lo ha detto, una cosa elementare. Che più istruzione per tutti serve a far crescere non solo l'economia ma la civiltà di un paese. In Italia invece torniamo allegramente indietro. Ci siamo dimenticati nel decreto Tremonti la riduzione dell'obbligo di istruzione? Viene meno col progetto della Gelmini non solo l'idea di una scuola inclusiva ma l'idea di una società inclusiva, solidale. Dove il merito non dipenda solo da dove si è nati e dalla famiglia in cui si è nati. Altro che istruzione come strumento di mobilità sociale. L'istruzione sarà di chi se la potrà pagare. I bambini della scuola elementare statale avranno meno ore , meno insegnanti e meno opportunità di imparare e approfondire. Proprio oggi che serve sapere di più in ogni età della vita. Ai tempi miei - dicono in tanti a cominciare da Piero Citati - andava bene così. Appunto. Ma siamo sicuri che questo non sia un pensiero regressivo, consolatorio, da nostalgici della maestrina dalla penna rossa? Mette paura l'indifferenza con cui il governo si confronta con questi problemi. Noi abbiamo bisogno di far cassa e questo conta. Lo stato non può spendere e se bambini e ragazzi saranno un po' più ignoranti ci pensino famiglie e privati a risolvere i problemi. Certo che la scuola italiana ha tanti punti di sofferenza e di difficoltà e che riflette perdita di senso e disgregazione sociale. Ma è insano cominciare, per voler riformare, a scardinare con ferocia uno dei punti di eccellenza del sistema italiano e cioè la scuola elementare. E' insano impoverire i punti più deboli del sistema, quelli che avrebbero bisogno di maggiore attenzione (dal sostegno ai soggetti diversamente abili, alla possibilità di una reale integrazione tra diversi). E'insano infine pensare che isole di qualità, ammesso che la qualità debba essere riservata a pochi, possano far funzionare meglio l'intero sistema. In un paese in cui più della metà della popolazione adulta ha solo il diploma di terza media. Si tratta allora di una scelta precisa, e insieme di una resa, destinata a approfondire sempre più insopportabili gerarchie sociali e culturali. Tutto questo è cattiva ideologia. Che tenta di giustificare la scelta di tagliare la spesa gettando discredito sulla scuola pubblica. Vada in giro ministra Gelmini per le scuole, si porti anche Tremonti, se crede. Cominci a conoscere questo sistema e questi insegnanti, poi potrà ricominciare a parlarne.


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