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Manifesto-Scuola, la gara dei raccomandati di dio

Scuola, la gara dei raccomandati di dio Si è svolto in Italia il primo concorso pubblico per l'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche. 20 mila i candidati. Per partecipare era richiest...

23/04/2004
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il manifesto

Scuola, la gara dei raccomandati di dio
Si è svolto in Italia il primo concorso pubblico per l'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche. 20 mila i candidati. Per partecipare era richiesto il certificato della diocesi. Viaggio tra i concorrenti "delusi" di Roma
CINZIA GUBBINI
ROMA
Avranno una media di quarant'anni, ma escono dalla prova del concorso come fossero scolaretti. Dizionario di italiano in mano, tanti libri nello zainetto, si riuniscono a capannelli e commentano le domande "tu come hai risposto?". Non manca chi prende appunti aspettando che tocchi a lui - "non si sa mai". Solo che quando gli chiedi da dove vengono non ti rispondono per città, ma per diocesi: "diocesi di Ostia", "diocesi di Sora", "diocesi di Gaeta". Eccoli qua i primi insegnanti di religione cattolica alle prese con il tanto sospirato concorso pubblico, alla fine strappato - dopo una battaglia ventennale, partita poco dopo l'introduzione di questa materia dal Concordato dell'84 - il 18 luglio 2003 con l'approvazione della legge 186. Ieri e l'altro ieri, in tutte le regioni di Italia, si sono svolte le prove scritte del concorso. Seguirà un orale dopodiché, per la prima volta in Italia, esisterà una graduatoria nazionale per questi insegnanti, che si distinguono da tutti gli altri perché per potersi presentare davanti a una classe hanno bisogno dell'idoneità concessa dal vescovo di appartenenza. Particolare, questo, necessario per accedere anche al concorso pubblico, una vera prima nazionale.

A passare il concorso hanno provato proprio tutti i circa ventimila insegnanti di religione italiani. Alle liste, infatti, risultano iscritte 19.947 persone. Molti sono arrivati accompagnati dalle famiglie, che aspettano con pazienza fuori dalle tre scuole che hanno ospitato il concorso. Di sacerdoti e suore ce ne sono pochissimi. Quasi tutti sono laici, magari con un passato seminarista alle spalle. Il primo giorno è toccato agli insegnanti della scuola dell'infanzia e della primaria, il secondo giorno a quelli della scuola media e della superiore.

Soddisfatti? Neanche per sogno. Contestano fieramente la decisione del governo di averli sottoposti a concorso: "Non doveva metterci in questa condizione". "Io insegno solo da dieci anni, ma qui c'è gente che lo fa da almeno vent'anni", dice una prof delle superiori. "Dovevano farci seguire un corso per concederci l'abilitazione, punto e basta", dice un'altra candidata; "Dovevano stilare la graduatoria in base agli anni di servizio", suggerisce un'altra ancora. Critiche anche sul programma che hanno dovuto studiare per sostenere la prova scritta, che a dir la verità sembra davvero una passeggiata: gli ordinamenti scolastici, gli orientamenti didattico-pedagogici e le linee essenziali della legislazione scolastica (una chicca: nel programma anche il passaggio dall'obbligo scolastico al diritto/dovere all'istruzione, punto forte della riforma Moratti su cui però ancora non è uscito il decreto). Tempo per rispondere a tre domande a scelta su nove: quattro ore. Lunghezza massima concessa per le risposte: venti righe. Precedentemente il ministero aveva previsto due ore di tempo. Poi la rettifica, "ma con l'aggiunta di dieci righe per domanda", fanno notare gli insegnanti. "E poi, questo sembra un concorso per dirigenti scolastici, a che serve conoscere tutte queste leggi?", si lamenta un prof. D'altronde non si poteva sottoporli a un esame sulla disciplina di insegnamento perché, a quanto pare, su questo può giudicare solo la chiesa.

Sulle polemiche che hanno preceduto il concorso buttano acqua sul fuoco: "Siamo insegnanti come tutti gli altri, ma condannati a un'eterna precarietà - spiega Perla, una maestra di scuola elementare a Roma - qualche tempo fa ho subito un intervento delicato a un occhio. Se avessi perso la vista, non avrei avuto alcuna garanzia e tutela, nonostante insegni nella scuola pubblica da quindici anni".

E che dire della possibilità, prevista dalla legge, che una volta assunti gli insegnanti di religione che dovessero perdere il placet del vescovo - magari perché si sposano in comune - possano passare a insegnare altre materie per le quali hanno i titoli? "Così si vedrà chi ci crede veramente", è la versione più accreditata, ma una prof di scuola superiore ammette: "Chi avrà la possibilità di passare, passerà. E anche alla svelta".

Tuttavia, sono loro i primi a vivere con una certa inquietudine il doppio filo che li lega alle diocesi. Gli attacchi alla chiesa si sprecano. Soprattutto per il fatto che le graduatorie - che verranno aggiornate ogni tre anni secondo la legge, mentre i concorsi ordinari sono fermi - serviranno a coprire solo il 70% delle cattedre disponibili. "E certo - commenta il marito di una concorrente - così i vescovi continueranno a gestirsi il restante 30%. Mica potevano rinunciarci del tutto. E' un potere, e pure grosso". E sulle idoneità concesse dalle diocesi per permettere l'accesso all'insegnamento, idem come sopra: "Te le rinnovano anno per anno, e te le fanno pure pagare. Per carità, il `contributo economico' è volontario, ma se non lo paghi... Una volta mi hanno telefonato anche a casa per ricordarmi che non avevo ancora versato i soldi", dice un prof di matematica, sposato con una maestra di religione. Una piccola indagine e scopriamo che i prezzi variano: dai 50 ai 100 euro tra Ostia e Gaeta.


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