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Manifesto: Scuola «araba»: sindaco Moratti, scendi dal tetto e dacci un taglio

Da un mese la giunta di Palazzo Marino si arrampica sui vetri per impedire l'apertura della scuola «araba».

25/10/2006
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il manifesto

Manuela Cartosio
Da un mese la giunta di Palazzo Marino si arrampica sui vetri per impedire l'apertura della scuola «araba». Ora si arrampica anche sul... tetto. Dopo una dozzina di sopralluoghi, i tecnici del Comune hanno «scoperto» che sul tetto di via Ventura c'è un ripetitore per la telefonia mobile. Il manufatto, di apprezzabili dimensioni, sta lì da anni e non ha impedito che nello stabile l'Acli-Enaip tenesse corsi di formazione con il timbro della Regione. Evidentemente la salute e la sicurezza dei cento virtuali alunni della Nagib Mahfuz sta in cima alle preoccupazioni della giunta milanese di centro destra. Gente che fino all'altro ieri considerava l'elettrosmog una fanfaluca da ambientalisti picchiatelli all'improvviso si è convertita. Non vuole esporre dei ragazzini al rischio dell'onda. E, sempre per il bene e la sicurezza di quei ragazzini, la giunta non si accontenta che i tecnici comunali abbiano alla fine dichiarato agibile la scuola. Pretende che l'agibilità sia certificata «per ogni singola aula».
Se simili standard cavillosi fossero applicati a tutte le scuole italiane, il 99% dovrebbero chiudere. La tigna burocratica di Palazzo Marino copre un no squisitamente politico alla scuola italo-egiziana. Dopo l'ok (tardivo) del ministro Fioroni, il Comune ha raddoppiato gli sforzi di fantasia per boicottare la scuola «araba», chiusa dopo tre giorni di lezioni da un'ordinanza del Prefetto. Per il rilascio dell'autorizzazione, l'ufficio scolastico regionale aspetta solo che i tecnici comunali dichiarino a norma la sede di via Ventura. I tecnici, insufflati dalla giunta, ogni giorno inventato un nuovo cavillo. Obiettivo della tattica dilatoria, sfiancare le famiglie che hanno iscritto i figli alla Nagib Mahfuz, costringere loro e gli insegnanti a gettare la spugna. «I ragazzi hanno già perso due mesi, è a rischio l'anno scolastico», è l'ultimo ritornello intonato da Palazzo Marino. Non è esattamente così. La scuola di via Ventura, non essendo paritaria, non è tenuta a osservare un monte ore di lezioni. Basta che gli alunni, a fine anno, sostengano l'esame presso una scuola pubblica. Ma l'argomento tempo ha un indubbio potere dissuasivo.
Fin qui abbiamo parlato della giunta, non del sindaco che la guida. Letizia Moratti, pur essendo stata a lungo ministro dell'istruzione, sulla scuola «araba» non ha banfato. Per non cadere in contraddizione con se stessa, paladina della scuola privata? Per non rovinare la sua nuova immagine, così apprezzata dai sindacati e da quel pezzo di centro sinistra disposto allearsi con il centro destra in nome della «questione settentrionale» e in vista di rimescolamenti terzisti e centristi? Sia come sia, lady Moratti ha delegato ai sottoposti l'incombenza di mettere i bastoni tra le ruote alla scuola italo-egiziana. Nell'opera si distiguono il vicesindaco De Corato (An) e l'assessore all'educazione Mariolina Moioli. Costei, stretta collaboratrice della Moratti ministro, a qualsivoglia domanda su via Ventura risponde imperterrita: «E' tutto in mano ai tecnici, la cosa non è di mia competenza». Stufi di prendercela con la controfigura, abbiamo un messaggio per il sindaco Moratti: «Dacci un taglio». Un taglio a una discriminazione.


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