Manifesto: «Ricerca e welfare» Arriva la nuova Onda
Alla Sapienza studenti e ricercatori precari da tutta Italia
Roberto Ciccarelli
Ancora ieri mattina, in un lungo monologo a Uno mattina, il ministro dell'istruzione e dell'università Mariastella Gelmini ha sostenuto che l'opposizione al suo disegno di legge sull'università, come alla sua politica di tagli sulla scuola, sarebbe gestita «dai centri sociali più che dai giovani». Una reazione ricorrente in un governo che pensa di tenere in mano l'osso dell'innovazione, del merito e della modernità, ridicolizzando ogni tutte le opposizioni come foglie morte che cadono in autunno.
L'assemblea nazionale dell'Onda convocata ieri alla Sapienza di Roma dalla rete romana dei ricercatori precari insieme alla Flc-Cgil ha rovesciato questo schema retorico dilagante nel governo Berlusconi. L'atto più significativo che le cinquecento e passa persone giunte da tutta Italia hanno compiuto è di svelare il trucco dietro la bulimia normativa e burocratica che ispira la proposta di riforma dell'università. «L'attacco all'Università al quale stiamo assistendo - si legge nel documento finale adottato dall'assemblea - è parte di un'aggressione più generale, tanto più anacronistica proprio perché cade nel pieno del fallimento delle politiche di smantellamento dello stato sociale condotte negli ultimi decenni». Più che liberalismo riformatore, l'Onda vede nel Ddl Gelmini un dirigismo ispirato all'asset della Seconda Repubblica: la bulimia normativa con la quale la classe politica ha cercato di cambiare i connotati al lavoro e alla conoscenza in nome del decisionismo amministrativo e dell'ideologia della governance.
Non è mancata la presa di distanza dal metodo opposto, ma gemello, scelto dai riformatori di centro-sinistra negli anni Novanta per gestire l'università: l'aziendalizzazione, cioè l'idea che l'offerta formativa dovesse essere ritagliata sulle esigenze di un ciclo produttivo che non sembra essere interessato all'innovazione e alla ricerca, ma alle esigenze dell'industria di piccolo taglio, e a basso contenuto tecnologico. «Il Ddl - prosegue il documento - non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per chiudere gli spazi di democrazia e partecipazione delle differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere delle corporazioni responsabili del fallimento dell'università pubblica».
Oggi siamo alla fine di un ciclo. La stessa idea di proseguire lungo il canale sicuro dell'ideologia bipartisan che ha gestito il ventennio delle riforme fallite è ancora una volta un'illusione spacciata per modernità. «Servirebbe, invece, un piano straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei».
L'Onda conferma in questo modo le intuizioni che l'anno scorso avevano fatto intravedere nelle sue manifestazioni oceaniche una discontinuità rispetto alla politica disperante e senza soluzioni che armeggia con le vite degli altri, più che preoccuparsi della propria agonia. Per la prossima primavera quando il Ddl Gelmini andrà in discussione alle Camere, il movimento fa appello a tutte le forze sociali, sindacali e politiche per organizzare una «grande marcia per la nuova questione sociale» in Italia.
Una campagna politica che inizierà il prossimo 11 dicembre con l'adesione allo sciopero generale della conoscenza indetto dalla Cgil e dai sindacati di base attraverso la quale il movimento promuoverà una nuova narrazione sulla necessità di tutele giuridiche e politiche per il lavoro precario, all'insegna di una generale riforma delle politiche sociali che da molte parti si inizia a chiamare "nuovo welfare". Diritto alla mobilità, alla casa, continuità di reddito, insomma l'inizio di una nuova speranza per due generazioni di precari (8 milioni sostiene un recente rapporto Istat-Ires Cgil) ormai escluse dalla cittadinanza attiva. Una campagna alla quale ha aderito la Flc che in un comunicato sostiene che «dalla crisi si esce investendo sulla conoscenza, valorizzando il lavoro e costruendo il welfare universale».
Nessun intervento nell'assemblea ha nascosto le difficoltà, e l'ambizione, di questo progetto. Questo primo scorcio di autunno è stato caratterizzato da un silenzio mediatico interrotto da qualche implicito riconoscimento alla volontà riformatrice del governo. I reiterati appelli di Gelmini, l'ultimo ieri pomeriggio, «a migliorare il Ddl in parlamento», potrebbero convincere i più indecisi.
Ciò che però persuade in questa nuova fase dell'Onda è la qualità ponderata della proposta politica. Quella prospettata non è un'alleanza tra il precariato della formazione e le vittime della crisi globale. È un'idea politica: non si può affrontare la crisi rimandando gli investimenti ad un fantomatico futuro, si esce dalla crisi investendo in ricerca e in sviluppo. Un altro mondo distante da quello dei tagli e del pauperismo con il quale si vorrebbe ancora una volta correggere i vizi e le astuzie della società italiana, quando invece la crisi attuale ne ha rivelato i limiti e i paradossi.
Questa battaglia per un nuovo welfare, che annuncia l'assedio dei palazzi della politica quando maturerà la discussione sul Ddl, non è la richiesta di assistenzialismo, né di un workfare adeguato al familismo amorale italiano. È una presa di posizione generazionale contro i padri che hanno fatto la prima Repubblica e i parenti che affogano nella crisi della seconda.