Manifesto: Quelle scuole troppo scarse Anche con lady M. ministro
L'offerta degli asili nido è bassa: copre solo il 5,9% del fabbisogno. I sindaci da sempre protestano. Anche quando Moratti era a viale Trastevere. Lei tifavava per l'iscrizione anticipata alla scuola dell'infanzia. Per tutti
Cinzia Gubbini
Roma
«Tra le principali novità della riforma la possibilità di iscrivere i propri figli a scuola anticipatamente. Questo viene incontro a quelle madri che lavorano. E dato che nel nostro Paese, purtroppo, non sono ancora generalizzati gli asili nido». E' il ministro Letizia Moratti che parla a Radio Anch'io, tre anni fa. Poi si sa, si diventa sindaco di Milano e capita di subire degli sdoppiamenti di personalità.
Per cui, da ministro dell'Istruzione, quando scoppia il bubbone degli asili nido che mancano e i sindaci del nord (Emilia Romagna e Toscana in primis) fanno le barricate, si cerca una soluzione di respiro generale. Nel pieno rispetto delle norme nazionali e internazionali, pur affrontando le contestazioni dei pedagogisti che parlano di «precocismo» e delle insegnanti che accusano di voler smantellare la rete dei nidi. Quando invece ci si accomoda a palazzo Marino e si indossano le vesti di primo cittadino, si possono elegantemente dribblare le norme statali - compresa una riforma firmata di proprio pugno, in cui la scuola dell'infanzia è considerata un pezzo del «sistema educativo di istruzione e di formazione» - e disquisire con nonchalance sul fatto che in fondo i nidi sono quasi sempre scuole comunali, e ciò vale spesso anche per gli asili. Quindi, le regole si fanno in casa. In quanto ai numerosi discorsi pronunciati da esponente di un governo nazionale sulla difesa della famiglia e su come la scuola debba adeguarsi alle esigenze del nucleo famigliare, dalle meno esposte vette di un governo locale si può finalmente dire che famiglia sì, ma che sia sancita dal sacro vincolo del matrimonio e che, per favore, sia dotata di permesso di soggiorno.
«E' sempre così, la contraddizione prima o poi viene fuori quando si parla di famiglia in modo retorico», dice Chiara Acciarini, sottosegretario al ministero della Famiglia. Lei, da deputata dei Ds, era spesso a fianco di famiglie, insegnanti, direttori scolastici e sindaci che si lamentavano per lo scarso servizio delle scuole dedicate ai più piccoli, specialmente i nidi. E per la verità ha continuato a farlo anche dopo, perché le polemiche non si sono fermate e sono destinate a continuare. «Siamo riusciti a far approvare un piano triennale - dice Acciarini - e a far mettere in bilancio 700 milioni di euro, compresi i soldi sequestrati al banchiere Fiorani. Ma certo, non riusciremo a raggiungere gli obiettivi stabiliti dall'Unione europea a Lisbona, questo lo sappiamo».
L'Ue chiede di arrivare a una copertura del 33% entro il 2010. Siamo al 10% scarso. Scuole dell'infanzia e nidi sono una specie di trincea in tutti i territori. Ogni anno si catena una guerra tra «poveri». Conquistare un posto - soprattutto se gratuito - è una chimera. Bisogna per forza snocciolare qualche disgrazia: un genitore che manca, bassissimo reddito, assenza di qualsiasi aiuto e molti figli a cui badare. Chiaro che, spesso, sono gli immigrati a presentare queste situazioni di disagio estremo. E a «passare avanti», scatenando rivolte. Ma il vero scandalo è la mancanza di posti. Secondo i dati del ministero dell'Interno relativi al 2005, il servizio degli asili nido copre soltanto il 5,9% dell'esigenza nazionale. Senza contare che il servizio è presente solo nel 16% del territorio nazionale, cioè in 1.273 comuni, e che l'offerta è concentrata soprattutto nel centro nord (84%). Ed è proprio la Lombardia la prima regione d'Italia per presenza di nidi con 603 strutture e oltre 27.000 posti disponibili. Dati, questi, che emergono da un dossier di Cittadinanzattiva presentato a febbraio. In cui, tra le varie questioni, ci evidenziava la principale: l'effettiva politica di sostegno alle famiglie in Italia è dello 0,9% del Pil, contro la media del 2,3 in Unione europea.