Manifesto: Privatisti, un disagio a prova di legge
Centinaia di studenti rischiano di non sostenere l'esame di maturità a causa dell'inadempienza degli itituti privati. E gli Uffici scolastici regionali valutano la possibilità di un'azione legale. Panini: «Le scuole avevano tutto il tempo per evitare questo caos»
Roma
C'è un esame di maturità che in queste ore si combatte a colpi di carta bollata. Da una parte centinaia di studenti privatisti in tutta Italia che chiedono di poter sostenere la prova presso un istituto parificato. Dall'altro gli Uffici regionali scolastici, che chiedono che per questi studenti, in sovrannumero rispetto a quelli previsti dalla legge per le scuole private, l'esame venga svolto presso un istituto pubblico. In mezzo i Tar, come quello del Lazio, che hanno accolto il ricorso presentato da alcuni ragazzi, e la minaccia degli Uffici regionali di valutare la possibilità di un'azione legale contro le scuole parificate per i disagi provocati agli studenti. Insieme al sospetto, forte, che dietro alle difficoltà incontrate in questi giorni dagli studenti ci sia il tentativo di fare pressione per costringere il governo a cambiare una legge che non piace alle scuole private.
Alla fine a pagare saranno soprattutto loro, gli studenti che in fondo altro non fanno che rivendicare il proprio diritto a sostenere l'esame per il quale hanno studiato. Eppure tempi e modi per evitare il caos di queste ore non sono certo mancati. La riforma degli esami di maturità approvata nello scorso mese di gennaio, fissa per gli istituti parificati regole chiare per lo svolgimento dell'esame. Tre, in particolare, sono i requisiti richiesti alle scuole: che il numero di ragazzi privatisti che chiede di svolgere l'esame presso l'istituto non superi il 50% degli iscritti per ogni classe; che il numero massimo degli alunni presenti in una classe non sia superiore a 35; l'obbligo per gli istituti di dirottare verso le scuole pubbliche le richieste in eccesso.
Norme che - nelle intenzioni del parlamento che le ha approvate - intendono soprattutto evitare che, come spesso accaduto in passato, gli istituti privati si trasformino in esamifici a pagamento. Tanto che ad aprile gli uffici regionali scolastici si preoccupano di ricordare agli istituti quali sono i loro doveri, in modo da evitare agli studenti privatisti proprio il disagio che invece sono costretti a subire in questi giorni. «Una situazione che nasce da una precisa responsabilità delle scuole private», accusa il segretario della Cgil-Flc Enrico Panini - perché avrebbero dovuto avvertire gli studenti e invece non lo hanno fatto. I limiti imposti dalla legge servono a limitare, se non a impedire, un mercato dei diplomi che negli anni passati ha conosciuto un grande incremento e che ha portato guadagni di migliaia e migliaia di euro. Basti pensare che l'iscrizione a una scuola privata può arrivare, come è accaduto in alcuni casi, fino a tremila euro l'anno».
Dello steso parere anche Bruno Pagnani, direttore dell'Ufficio regionale del Lazio: «I provvedimenti cautelari del Tar - ha detto Pagnani riferendosi alla decisione di accogliere i ricorsi presa dai giudici amministrativi - non hanno mai posto in discussione il principio del non superamento in ciascuna commissione del 50% dei candidati privatisti rispetto a quelli interni, per evitare che le scuole paritarie si trasformino prevalentemente in sede di esami». Da qui la decisione di valutare la possibilità di un'azione legale nei confronti degli istituti privati che non hanno rispettato quanto previsto dalla legge.