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Manifesto-Più armi, meno asili L'Italia di Berlusconi

Più armi, meno asili L'Italia di Berlusconi Il benessere in Italia non aumenta e sono a rischio coesione sociale e ambiente. La denuncia di Sbilanciamoci mette sotto accusa i tagli alle regioni da ...

24/03/2005
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il manifesto

Più armi, meno asili L'Italia di Berlusconi
Il benessere in Italia non aumenta e sono a rischio coesione sociale e ambiente. La denuncia di Sbilanciamoci mette sotto accusa i tagli alle regioni da parte del governo, che penalizza scuola, sanità e servizi sociali e favorisce il commercio di armi. La soluzione? "Favorire la partecipazione, promuovere le reti della società civile e dell'economia solidale"
I tagli della finanziaria 2005 Cancellati i fondi per la fornitura gratuita dei libri di testo, sanità a carico delle regioni, ridotto di 400 milioni il fondo per le politiche sociali. E gli aiuti allo sviluppo rimangono al palo
ANGELO MASTRANDREA
ROMA
Se la ricchezza nell'Italia di Berlusconi non fa grandi progressi, il benessere sociale va addirittura peggio. E questo soprattutto per i tagli alla spesa pubblica effettuati dal governo ai danni delle regioni, che penalizzano scuola, sanità e servizi sociali. Lo stesso governo che è invece ai primi posti in Europa per quanto riguarda l'export di armi e che ha scelto ormai da qualche anno di "promuovere il comparto militare-industriale", una scelta politica precisa che cozza con il buco nero degli aiuti allo sviluppo, appena lo 0,16% del Pil. Viceversa, nel 2003 c'è stato un vero e proprio boom nelle esportazioni di armi, con 629,6 milioni di euro incassati, il 30% in più rispetto all'anno precedente. L'Indice di qualità regionale dello sviluppo, il Quars, ideato dalla campagna Sbilanciamoci e basato su indicatori non solo economici ma anche, ad esempio, sui diritti umani, sull'ambiente e sulle politiche pubbliche, denuncia come nel Belpaese siano a rischio l'ambiente e soprattutto la coesione sociale. Tutta colpa di un modello di sviluppo che, per gli autori del terzo rapporto "come si vive in Italia?" presentato ieri a Roma, "mette a repentaglio l'ambiente, incrina la coesione sociale, dismette valori di solidarietà e cittadinanza centrali per una società e una comunità che si rispettino".

Sul banco degli imputati i tagli alla spesa pubblica, che "se è vero che non produce di per sé maggiore qualità sociale, è altrettanto vero che senza risorse è difficile che possa realizzarsi spontaneamente". Ai primi tre posti per qualità della vita ci sono infatti tre regioni a statuto speciale, dunque con meno tagli, come Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta. Il rapporto mette sotto accusa le ultime due leggi finanziarie, che "tagliano selvaggiamente la spesa locale, pregiudicano la possibilità di iniziative, anche sperimentali, per introdurre nuove forme di sviluppo locale partecipato e di interventi che promuovano esperienze di economia solidale e sostenibile". I tagli a comuni e regioni sono calcolati infatti in 7 miliardi e 600 milioni di euro nel solo 2005. E vanno a colpire settori fondamentali come la scuola, che vede cancellato ad esempio il fondo per la fornitura gratuita dei libri di testo, e la sanità, il cui deficit, stimato in 5,5 milioni di euro, ricade su regioni ed enti locali che così dovranno risparmiare sui servizi. Anche la riduzione di oltre 400 milioni del fondo per le politiche sociali andrà a ripercuotersi sugli enti locali. Per cui, secondo Sbilanciamoci, che raccoglie 40 organizzazioni della società civile, occorre "impegnarsi a riportare adeguati livelli di spesa pubblica a livello locale da indirizzare agli interventi sociali e per lo sviluppo locale". Qualcosa può essere comunque fatto anche con poche risorse: "Modificare comportamenti e consumi, favorire la partecipazione, promuovere le reti della società civile, dell'economia solidale", anche se c'è ancora "molta strada da fare". Gli esempi sono le esperienze di bilancio partecipativo avviate in alcuni comuni oppure la Rete del nuovo municipio.

Il rapporto, analizzando i dati su sanità, istruzione, ambiente, mercato del lavoro e meccanismi di protezione sociale, mette anche in luce come ricchezza e qualità della vita, sviluppo economico e benessere dei cittadini non vadano necessariamente di pari passo. Anzi, spiega il portavoce di Sbilanciamoci Giulio Marcon, esso "sottolinea una volta di più come sia assolutamente necessario continuare a elaborare e affinare indicatori di sviluppo alternativi a quelli prettamente economici o monetari, per misurare e monitorare la reale situazione del paese e le condizioni di vita dei cittadini", in modo da guidare le scelte delle amministrazioni locali.

Dai vari indicatori emerge come, in generale, la qualità della vita sia migliore soprattutto al nord e al centro, mentre in coda si alternano le regioni meridionali, comprese quelle a statuto speciale. Ad esempio, le regioni che presentano un più alto indice di sviluppo umano (scolarizzazione, aspettative di vita e reddito pro capite) sono l'Emilia Romagna, la Liguria e la Toscana. La rappresentanza politica delle donne, invece, già di per sé molto bassa in Italia (è al 10,3% rispetto al 45,3% della Svezia e al 38% della Danimarca), ha i suoi picchi in Umbria (19%), nelle Marche (15%) e in Emilia Romagna (14%). La raccolta differenziata è più alta in Lombardia (33,02% sul totale dei rifiuti prodotti), Toscana (30,47%) e Veneto (29,34%), mentre le regioni del sud si attestano tutte al di sotto del 15%, con la Campania, protagonista di numerose proteste contro la costruzione di inceneritori e discariche, al quartultimo posto con appena il 6,82%. Trentino, Valle d'Aosta, Sicilia e Sardegna sono invece le regioni che presentano un più alto indice di precarietà del lavoro, tra contratti a tempo determinato, co.co.co. e disoccupazione. Una curiosità per quanto riguarda le auto. Mentre l'Europa ha infatti un'automobile ogni due abitanti, in Italia ce n'è una ogni 1,67, con il record della Valle d'Aosta, dove c'è praticamente un'auto ogni abitante.


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