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Manifesto: Mancano i soldi per qualsiasi attività E pure per la stufa

GENOVA

03/10/2009
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il manifesto

Alessandra Fava
GENOVA
In una scuola elementare - siccome non sono più possibili le copresenze per carenza d'insegnanti - non si fanno più le lezioni a classi aperte, tra cui i laboratori linguistici; penalizzando così i cosidetti stranieri (spesso sono nati in Italia), che sono ormai il 40% degli alunni; in un'altra non si va più al sabato, perché mancano gli Ata, i bidelli, e poi bisogna risparmiare sul riscaldamento. In una media hanno tolto la mensa perché non ci sono più le insegnanti di italiano che facevano la copertura delle mense con le ore in più (tagliate dalla riforma Gelmini): basta fare un giro per quattro o cinque scuole genovesi e parlare con i genitori degli alunni per capire che il problema del taglio dei fondi e del personale si riflette comunque in una riduzione della didattica e un disagio per genitori e alunni.
Una madre con un figlio alla media Cristoforo Colombo racconta che da quest'anno la mensa è stata abolita. Ora i ragazzi vanno a scuola dalle 8 alle 14, tutto filato, con solo due pause di dieci minuti alle 10 e alle 12, in cui per cinque minuti possono uscire i maschi per andare al bagno e altri cinque minuti le femmine. Quindi tutti in classe di nuovo: «penso che in prigione sia meglio - commenta - come genitore e come adulto mi sono chiesto perché costruiamo un sistema così repressivo. Non mi stupisco se finita la scuola uno esce e brucia una macchina». A coprire le ore della mensa fino all'anno scorso c'erano le insegnanti di italiano, che avevano delle ore in più e quindi facevano la cosiddetta 'copertura mensa'. Tagliate le ore, niente mensa. Tutto perché ovviamente non ci sono più neppure gli Ata, i bidelli.
Bidelli che mancano in diverse scuole genovesi. Al punto che un'elementare, la Maria Mazzini, che tradizionalmente ha una sezione col metodo Montessori prima frequentata dal lunedì al sabato dalle 8,20 all'una, si è vista costretta ad introdurre un orario dalle 8 alle 13 lunedì-sabato, fino al 7 novembre, quando il sabato verrà tagliato sino al 27 marzo. Il direttore in una circolare motiva con «riduzione del personale ausiliario e amministrativo», ma parla anche di «risparmio relativo al riscaldamento dell'intero edificio» e allineamento all'orario delle altre classi. Al tempo pieno non va meglio; qui come altrove, sono partite le sezioni a 40 ore ma il prossimo anno le acrobazie dei poveri dirigenti potrebbero non andare a buon fine e quindi o si ricorre a cooperative che coprono il pomeriggio o è difficile far quadrare tutto.
Manuela Malerba del Cogede ligure (il coordinamento genitori democratici) dice che i campanelli d'allarme stanno arrivando da tante scuole e finalmente anche i genitori più disattenti si rendono conto che cosa comporta la parola tagli che prima leggevano solo sui giornali: «in alcune scuole del centro storico, come la Garaventa, fino allo scorso anno si facevano delle classi verticali, i cosiddetti laboratori a classi aperte. Erano laboratori di teatro, musica, bricolage o anche linguistici per l'apprendimento dell'italiano, il recupero o il potenziamento, un aspetto fondamentale visto che per il 40-50% dei 123 bambini l'italiano non è la prima lingua. Da quest'anno non saranno più fattibili, perché le ore di coopresenza sono pochissime. Tra l'altro sarà difficile anche fare uscite in città. Stiamo assistendo a un'autentica destrutturazione del tempo pieno».
Non parliamo di dislessici, diversamente abili o bambini con difficoltà temporanee: per loro non c'è niente. A parte la buona volontà della maestra.


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