Manifesto-Letizia, torna all'asilo
I bambini e le bambine che - entro il 30 aprile del 2004 - avranno compiuto i tre anni, potranno accedere alla scuola dell'infanzia. Il cosiddetto anticipo è, sinora, il primo e unico provvedimento d...
I bambini e le bambine che - entro il 30 aprile del 2004 - avranno compiuto i tre anni, potranno accedere alla scuola dell'infanzia. Il cosiddetto anticipo è, sinora, il primo e unico provvedimento della riforma Moratti che "rischia" di andare in porto. Nonostante che il suo impianto sia contraddittorio, le condizioni della sua attuazione del tutto ambigue e demagogiche le sue intenzioni. E tuttavia a mettere mano alla scuola dell'infanzia ci si mette assai meno che non a progettare il riordino dei cicli. Quello che conta è garantire l'uscita dal percorso formativo ai 18 anni. E che a farne le spese siano i più piccoli - ancora incerti se scendere in piazza a protestare o meno - poco importa. A decidere per loro saranno le famiglie, senza neanche un minimo di concertazione con gli insegnanti. Certo, a sentire il ministero, le buone intenzione ci sarebbero tutte: "La scuola dell'infanzia di durata triennale - recita infatti l'articolato della riforma - concorre all'educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone la potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento e assicurandone una effettiva uguaglianza di opportunità educative". Possiamo anche stendere un velo sulle componenti morali e religiose misticamente evocate in questioni che avrebbero a che fare con una educazione pubblica e laica ma resta - comunque - indignata Mara Pacini del Cidi di Pisa: "Nella mia classe ci sono 25 bambini; negli asili nido le proporzioni variano da uno a otto a uno a dieci. Se il rapporto adulti/bambini non viene ridotto, come si fa a garantire la relazione individualizzata o l'attenzione all'ascolto tanto sbandierato?". Senza parlare delle complicazione che derivano dalla poca autonomia - fisica, diciamolo pure - dei bambini di due anni. Sono pochi gli insegnanti della scuola dell'infanzia che, di fronte a questi problemi, si tirerebbero indietro. Ma sono tanti quelli che lamentano condizioni oggettive disagiate che - proprio dei più piccoli - non rispettano identità né ascolto.
Eppure, all'apparenza, le differenze sono assai limitate: oggi nella scuola d'infanzia si può entrare a due anni e nove mesi. Da settembre, lo scarto sarà di soli cinque mesi. "E' questa la vera mossa demagogica - tuona Pacini - perché 5 mesi sembrano pochi ma a quest'età sono nevralgici; ogni settimana, ogni mese, ogni giorno i bambini fanno delle conquiste enormi per la maturazione dell'identità e la conquista dell'autonomia. Le paiono un periodo breve?"
No, tanti, se si pensa che tutti i punti della riforma appena varata avranno bisogno di decreti che possano garantirne la necessaria copertura finanziaria. Un visto di Tremonti, per farla breve, che dica: i soldi ci sono oppure no. Tutti, tranne che l'anticipo nella scuola dell'infanzia. Qui la questione non è stata neppure sollevata, fatta salva qualche richiesta ai comuni che - educatamente - hanno declinato l'invito. L'anticipo, insomma, viene dato per certo e a costo zero. "Con le strutture attuali e senza nessuna ulteriore precisazione logistica - denuncia Pacini - tutto l'assetto della scuola dell'infanzia verrà compromesso". Nessuna risorsa per arredi e materiali, nessun ampliamento dell'organico. Anzi promesse di tagli. Un caso per tutti, quello dei collaboratori scolastici il cui ruolo e la cui formazione - fondamentali nei nidi - neanche tangenzialmente sono stati presi in considerazione per la scuola dell'infanzia.