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Manifesto: La scuola? Insegna a vivere

Parte la revisione delle Indicazioni nazionali per il ciclo primario. Ospite d'onore il filosofo Edgar Morin

04/04/2007
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il manifesto

Cinzia Gubbini
Roma
Non proprio le indicazioni nazionali per le scuole primarie, ma «la cornice culturale entro cui rileggerle e ripensare l'esperienza di fare scuola», come ha specificato il ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni. Ieri mattina, alla biblioteca nazionale di Roma, il primo atto formale del ministero nel merito della politica scolastica, dopo mesi passati a «congelare» - almeno apparentemente - la riforma Moratti. Ospite d'onore il filosofo francese Edgar Morin, padre del pensiero complesso e della teoria del nuovo umanesimo.
Si ricomincia, di nuovo, dalle scuole elementari. Tutti spiegano che è normale, visto che si tratta della «base» dei cicli scolastici. Ma, certo, si attende con ansia di capire come questo governo intenda mettere mano al ciclo secondario, dove davvero tutti i nodi vengono al pettine. Il documento prodotto dalla Commissione istituita - senza grande pubblicità - al ministero dell'Istruzione e diretta dal preside della facoltà di Scienze della formazione di Bergamo Mauro Ceruti si intitola «cultura, scuola, persona». E' stato Ceruti a spiegare gli obiettivi delle Indicazioni nazionali che verranno: in questi «tempi rischiosi ma proprio per questo molto interessanti», i bambini navigano in un mare pieno di informazioni «ma quanta conoscenza viene persa?». E su questo sfondo che bisogna decidere come aiutare a costruire quel «dominio» degli «ambiti e delle discipline», come «apprendere un metodo che permetta di connettere i saperi». L'obiettivo della scuola, ha spiegato Ceruti, dovrebbe essere aiutare a «riconnettere i grandi oggetti della conoscenza», uscire dallo «sviluppo dell'iperspecializzazione» che ha caratterizzato il '900 per dare inizio «all'integrazione dei saperi all'interno di nuovi quadri transdisciplinari».
E' questo il senso del «nuovo umanesimo», che Morin ha introdotto in modo appassionato, strappando un applauso empatico alla sala. Il filosofo francese ha ricordato come Rousseau descriveva l'obiettivo dell'educazione nel trattato pedagogico l'Emile: imparare a vivere. Ma il principale ostacolo che si frappone su questa strada, oggi, è «la frammentarietà dei saperi», e la difficoltà a intuire «l'interdipendenza dell'uomo con la natura», riflettere sul fatto che «l'atomo di azoto che mi tiene in vita è lo stesso che si trova su una stella di due milioni di anni fa». Sta alla scuola insegnare al bambino le diverse forme di conoscenza «quello che posso imparare attraverso il metodo scientifico e quello che posso imparare attraverso la poesia, che parla dei conflitti e delle passioni della natura umana», e come intrecciare tra loro «scienza, etica ed economia», che sono «questione di vita e di morte» nel nostro tempo. Morin invita a una vera «riforma del pensiero» ad abbandonare la separazione cartesiana e a rifiutare l'idea dell'uomo «a immagine e somiglianza di Dio», dietro cui si nasconde una mortale separazione dalla natura (chissà cosa ha pensato il cattolico Fioroni).
Ma applausi alla sala ha strappato anche l'intervento, a sorpresa, dell'ex ministro della pubblica istruzione Luigi Berlinguer, che sembra sempre più un ministro-ombra. A capo del gruppo di lavoro per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnica, ha ricordato che non bisogna rimpiangere «quando tutto funzionava meglio ma a imparare erano quattro gatti», e che in Italia «succede che tutti sanno chi sia Manzoni, ma in pochi hanno idea di cosa abbia fatto Einstein». Applausi a scroscio.
Un buon colpo messo a segno, comunque, per il ministro Fioroni. I maligni lo accusano di immobilismo, e di essere stato più interessato, finora, agli equilibri interni alla Margherita in vista della costituzione del partito Democratico. Va anche detto, però, che nel complicato mondo della scuola il Fioroni-medico è stato catapultato dagli equilibrismi del governo di centrosinistra. Ieri, ha ribadito il suo asse culturale: centralità della persona, scuola come presidio in grado di rispondere alle incertezze del quotidiano e di adeguarsi allo stile cognitivo di ogni studente. Insistendo sul fenomeno del bullismo, ha annunciato per maggio una «giornata dell'orgoglio», per pubblicizzare la buona scuola. La «personalizzazione» dell' educazione era uno dei cavalli di battaglia del ministro Moratti. Ieri l'ex sottosegretario all'Istruzione Aprea lo ha sottolineato: «Ci aspettavamo una maggiore discontinuità..».
Ma i giochi sono tutti aperti. La «personalizzazione» di Moratti puntava a una riduzione del personale e al ritorno del «maestro unico», o almeno «prevalente». E' quello che si sta verificando puntualmente nelle scuole, a causa del taglio dell'organico. A scapito del modello che più di altri sembra rispondere alle sfide poste dal seminario di ieri: il tempo pieno.


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