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Manifesto: La scuola in piazza: «No al maestro unico»

Si allarga la protesta contro la riforma del governo. Ieri le maestre sono andate a viale Trastevere, anche contro la cancellazione delle scuole di specializzazione. E il governo presenta l'istruzione digitale

03/10/2008
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il manifesto

Genitori e precari delle Ssis manifestano a Roma, istituti aperti per la prima «notte bianca» scolastica
Andrea Gangemi
ROMA
I palloncini colorati sono gonfi già di buon mattino sulle scalinate del ministero dell'Istruzione, in viale Trastevere. Li hanno portati decine di genitori del gruppo spontaneo dei Guds (genitori uniti per difendere la scuola), che hanno fatto saltare le prime due ore di scuola ai figli per dare inizio con loro, insieme ai maestri, alla musica e ai clown, al primo «No Gelmini day». «Maestro unico, no grazie», «Abbasso le lavagne luminose, viva le maestre», «Nessun genitore vuole risparmiare sui bambini» e, su tutti, «Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini». Sono gli stessi striscioni esposti in centinaia di scuole in tutta Italia, a volte appesi a una nuvola di palloncini, o portati in giro come nella catena umana che si è snodata a Roma, in una giornata che nella capitale si è prolungata fino a culminare nella scuola Basile, a Torre Angela, nella prima «notte bianca della scuola». «È solo l'inizio, e va già al di là di ogni immaginazione - commenta galvanizzato Lorenzo, papà di un bimbo di terza -. La cosa più importante è il carattere spontaneo e autorganizzato di questa protesta - aggiunge -. E oggi la differenza la facciamo proprio noi genitori, testimoniando che non è esclusiva di una corporazione (quella degli insegnanti, ndr )». Un bimbo con un joystick in mano presenta il dopo-riduzione del tempo pieno, con un cartello rosso al collo con scritto: «Bambino modello Gelmini: dalle 13 alle 20 davanti alla Playstation». Verso le 11 sugli stessi gradini la staffetta passa a un'altra generazione, quella dei «sissini», i precari del IX ed ultimo ciclo delle scuole di specializzazione all'insegnamento (Ssis), che da quest'anno resteranno chiuse. Sono un fiume, confluiti in migliaia da diverse città italiane (c'è una scuola di specializzazione per ogni regione) su impulso dell'associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione (Anief). Da pochi giorni hanno strappato al ministro Gelmini l'impegno a non restare fuori dalle graduatorie, ma non si sentono affatto rassicurati: «Laureato e abilitato, futuro da disoccupato», recita un altro striscione, e alcuni docenti precari, vestiti con sacchi neri, portano il cartello «Insegnanti uguale spazzatura». Perciò, oltre a rivendicare «l'immissione in ruolo nel prossimo anno scolastico, su tutti i posti vacanti, delle 75.000 unità restanti già previste dalla legge 296/2006, e il reclutamento di altre 150.000 per il triennio successivo per assorbire il precariato esistente», i «sissini» e l'Anief chiedono anche «l'investimento di un altro punto percentuale di Pil nell'istruzione e nella ricerca e, di conseguenza, l'abrogazione dei tagli alle strutture e al personale». Ma il presidio al ministero non finisce qui. Continua oggi con l'inedito sodalizio Unicobas-Idv, affiancati anche dagli studenti della Fgci-Pdci, che al grido di «Ricuciamo la scuola, tagliamo la Gelmini» e armati di forbici, taglieranno i vestiti a un manichino con le fattezze del ministro. Mobilitazione quest'ultima che continuerà sabato mattina in altre cento città. Quando, di fronte a Palazzo della Minerva, ci sarà anche un ulteriore round organizzato della Rete degli Studenti, con ragazzi di tutta Italia a inscenare lo show «Sotto il grembiule... niente».


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