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Manifesto: La scuola fa il pieno «Ma ognuno per sé»

Se c'è una cosa che la manifestazione di ieri ha dimostrato è quanto il tema della scuola e dell'università attraversi trasversalmente le coscienze democratiche e, contemporaneamente, quanto i movimenti di protesta contro il decreto Gelmini e contro i tagli all'istruzione pubblica godano di reale autonomia

26/10/2008
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il manifesto

LA POLEMICA La Iqbal Masih: noi esclusi
Eleonora Martini
ROMA
Se c'è una cosa che la manifestazione di ieri ha dimostrato è quanto il tema della scuola e dell'università attraversi trasversalmente le coscienze democratiche e, contemporaneamente, quanto i movimenti di protesta contro il decreto Gelmini e contro i tagli all'istruzione pubblica godano di reale autonomia. Al contrario di quello che continuano a ripetere Silvio Berlusconi e i suoi. Slogan, striscioni e cartelli erano quasi totalmente dedicati alla difesa della scuola pubblica e di qualità, di un sapere libero e accessibile a tutti. Eppure nella grande massa che ha riempito le strade di Roma era impossibile ritrovare i protagonisti di questo autunno caldo scolastico, distinguere le varie sigle dei movimenti studenteschi e universitari o dei coordinamenti genitori-insegnanti nati come funghi nelle scuole elementari del paese durante le ultime settimane. È stato Veltroni stesso a spiegarne il motivo: «Stupisce lo stupore per la protesta che sta dilagando in tutta Italia - ha detto il leader del Pd dal palco del Circo Massimo - È un movimento senza bandiere né di partito, né di sindacato. Una grande prova di autonomia della società civile». Un Pd talmente rispettoso dell'indipendenza dei movimenti che però ha negato - denunciano le insegnanti della Iqbal Masih, la scuola romana capostipite della protesta contro il decreto 137 - spazi di visibilità e perfino la parola dal palco a chi, come loro, lo aveva richiesto.
«L'ignoranza è la vostra forza», è scritto su un cartello mentre un altro più propositivo recita: «La cultura e l'arte ci salveranno dalla vostra crisi». E lo slogan diventato simbolo della rivolta universitaria è ormai sulla bocca di tutti: «Non pagheremo noi la vostra crisi», urlano maestre e personale Ata. Ricambiano gli universitari di Firenze, gridando alla «ministra somara» di cambiare mestiere. «Più tagli, più ragli», è scritto sullo striscione portato dall'assessore alla mobilità di Pescara, Antonio Blasoli, che racconta: «Siamo venuti per ridare coraggio al Pd per un'opposizione che entri nel merito delle cose e la scuola è il tema principale in questo momento». Non nega, Blasoli, che anche il governo Prodi aveva tentato di sforbiciare qua e là i fondi per le università. «Sì, ma Mussi ha tenuto duro, e per questo lo consideriamo uno di noi, aspettiamo che torni nel Pd». «Grazie ai tagli di Tremonti e alle bugie di Gelmini si è ricompattato un movimento di studenti e di coscienze civili, indipendentemente dall'appartenenza partitica», aggiunge Silvana di Empoli che lotta per suo figlio laureato in Scienze politiche e attualmente impiegato come cassiere part-time alla Coop. C'è un cartello che compara i tagli all'istruzione (-7,8 mld) alle spese per 131 cacciabombardieri F 35 (+11,9 mld): «Più chiaro di così!». «Vogliamo una scuola di tutti i colori: razzisti e oppressori ne resteranno fuori», hanno scritto le maestre di una scuola di Torre Maura, estrema periferia di Roma. Maria Grazia è una di loro: «Il governo dice solo bugie quando afferma che il maestro prevalente sarà affiancato dall'insegnante di inglese o di informatica - spiega - Non è vero, sta scritto nero su bianco sul piano programmatico presentato ai sindacati: fino al 2010 saremo noi a insegnare l'inglese e lo dovremo fare seguendo un corso di formazione di sole 150/200 ore. È una cosa gravissima».
Simonetta Salacone, la direttrice scolastica della Iqbal Masih, ha scelto di non unirsi ai genitori e alle maestre che, individualmente, hanno partecipato al corteo. Anche perché, spiega, è troppo occupata a raggiungere le varie assemblee che si stanno tenendo in tutta Italia. «Credo che le mie colleghe e i genitori dei bambini siano rimasti molto delusi - racconta al telefono - perché avrebbero voluto la parola dal palco o almeno essere citati come coordinamento che ha dato il via alla protesta. Alcuni dirigenti del Pd avevano garantito al loro striscione le prime file nel corteo. È un peccato - commetna amara Salacone - che negli ultimi tempi non faccia più notizia la protesta nelle scuole che invece cresce di giorno in giorno. Spero invece che i sindacati ci diano voce dal palco del 30 ottobre».
Assenti dal corteo, nelle forme strutturate, i collettivi universitari, gli "autorganizzati", gli studenti dell'Uds, Udu, Reds, e le mille sigle del movimento cresciuto nelle scuole medie superiori e negli atenei. «Le nostre sono organizzazioni di ispirazione sindacale - spiegano l'Udu e l'Uds - ampie e plurali che non potevano certo aderire a una manifestazione partitica». «Nessuna avversione - puntualizza Federica Musetta dell'Udu - ma non lo abbiamo fatto nemmeno con il corteo del Prc». D'altra parte, aggiunge Roberto Iovino dell'Uds, «non c'è stato da parte del Pd alcun percorso di coinvolgimento dei movimenti». E meno male, perché questa, conclude Iovino, è «la dimostrazione di quanto sia sbagliata la teoria berlusconiana che nega l'autonomia della soggettività studentesca». E ancora: «Non abbiamo aderito né partecipato collettivamente alla manifestazione del Pd perché abbiamo una nostra agenda politica, indipendente da quella dei partiti», argomenta Francesco Brancaccio dell'università La Sapienza di Roma. Lo avevano ribadito anche durante la protesta portata fino alla Festa del cinema: «Il movimento è irrappresentabile». «Forse non è ancora chiaro abbastanza - continua Brancaccio - quella che sta crescendo è una realtà del tutto nuova, che non delega la rappresentanza a nessuno, che non è schematizzabile nelle logiche di partito o sindacali, che vive di vita propria, è indipendente e si dà obiettivi autonomi. Siamo stati presenti e lo saremo ancora ogni volta che decideremo di interloquire con le tante figure del mondo produttivo. Quelle che stanno mettendo in discussione il modello di gestione dell'attuale crisi economica e finanziaria».


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