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Manifesto-La scuola aperta a tutti

Anche sul fronte interno c'è una guerra: quella all'istruzione pubblica La scuola aperta a tutti Intervista al segretario generale della Cgil scuola, Enrico Panini, sulla riforma Moratti e sull'ini...

11/04/2003
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il manifesto

Anche sul fronte interno c'è una guerra: quella all'istruzione pubblica
La scuola aperta a tutti
Intervista al segretario generale della Cgil scuola, Enrico Panini, sulla riforma Moratti e sull'iniziativa nazionale sulla scuola che si svolgerà oggi a Roma: "Tu per pochi, io per tutti". "Gli effetti della riforma saranno nefasti, nonché immediati"
IAIA VANTAGGIATO
Assumere il carattere pubblico della scuola come valore per l'intero paese; ribadire che le questioni relative all'istruzione toccano direttamente i livelli di sviluppo e di democrazia della nostra società. E' questo il senso della manifestazione nazionale "Scuola-sapere: tu per pochi, io per tutti" che si terrà questo pomeriggio presso la Fiera di Roma. Promossa da un ampio cartello che va dalla Cgil alle associazioni di studenti ed insegnanti, dal Crs a Legambiente, l'iniziativa intende sottolineare il carattere devastante di una riforma dagli effetti nefasti. "Nonché immediati", allerta il segretario della Cgil-scuola, Enrico Panini.

Priva di copertura finanziaria, la riforma Moratti sembra destinata a non decollare. Perché parla di effetti immediati?

La riforma farà male, molto e subito. E per vedere i suoi effetti più pesanti non avremo certo bisogno di aspettare i tanto evocati decreti legislativi. La legge ha già in sé la possibilità di rendere immediatamente applicativi alcuni provvedimenti come la riduzione dell'obbligo scolastico o l'anticipo per le scuole dell'infanzia e materne. Già a partire dal prossimo giugno, per i ragazzi che sosterranno l'esame di licenza media l'obbligo scolastico - ora ridotto di un anno - risulterà già assolto. Ancora: molti studenti delle medie inferiori - sempre per via dell'obbligo - già dallo scorso gennaio si sono iscritti alla prima superiore. Iscrizione ormai del tutto inutile.

Intende dire che non avranno più motivo di proseguire gli studi?

Avranno una ragione in meno per confermare l'iscrizione. E parlo di circa 50.000 ragazzi.

Quali, per loro, le possibili alternative?

Quella del lavoro nero, perché il contratto di apprendistato, in Italia, non si può fare sino ai sedici anni. Oppure quella della formazione professionale privata. Quanto all'anticipo non ci sarà bisogno di nessun decreto legislativo ma di una semplice circolare.

La manifestazione di oggi era stata pensata insieme a quella contro la guerra di domani. Perché avete separato le due iniziative?

Il comitato "Fermiamo la guerra" ci ha chiesto di poter utilizzare la giornata del 12 unicamente per manifestare contro il conflitto in Iraq. Abbiamo ritenuto doveroso accogliere la loro richiesta. Resta comunque confermato il sistema di relazioni e di alleanze che - nella preparazione del 12 - si era costruito. L'iniziativa di oggi non intende sostituire la mobilitazione di domani ma solo ribadire che l'impegno politico per la scuola pubblica non esce dalla priorità delle nostre agende.

Il governo si erano impegnato a garantire, per settembre, 30.000 nomine...

Finora di nuove nomine non ne abbiamo vista nessuna. In compenso il ministero, da vero apprendista stregone, ha unificato le graduatorie dei precari riconoscendo lo stesso punteggio a quelli delle scuole statali e private.

Risultato?

Un gran bel conflitto di cui il ministero è del tutto responsabile.

All'interno del dibattito parlamentare, era stato più volte evocato il "fantasma" della chiamata diretta. Minaccia mantenuta?

In parte sì, naturalmente, nonostante che contro la chiamata diretta si sia già espresso il Consiglio nazionale della pubblica istruzione.

Almeno qualcosa di pubblico è rimasto...

Dalla sigla non si poteva togliere la "p".

Ma si spuò modificare il sistema di reclutamento...

Sì, basta inventarsi un albo di abilitati dal quale le singole scuole possono attingere autonomamente. Del resto su questo punto in prima linea c'è Berlusconi, primo firmatorio di un ddl, nella precedente legislatura, nel quale si affermava il "valore" della chiamata diretta sulla base della coerenza con il piano dell'offerta formativa.

Che vuol dire?

Immagino che la coerenza si riferisca unicamente all'ambito - zona o regione - in cui si è avuta la fortuna o la sfortuna di nascere. Del resto è a questo che mira la devolution: trasferire scuola e programmi di gestione alle regioni - con l'unica "pezza" del riferimento agli interessi nazionali - significa semplicemente sostenere che il sistema scolastico non debba essere al servizio dell'interessi generali del paese ma dei microinteressi territoriali.

Berlusconi in prima linea. E in seconda?

La Confindustria, ma a pari merito.

Dopo 17 mesi che si attende il rinnovo del contratto pare arrivata la certificazione del governo. Una promessa mantenuta?

Sono passati oltre 100 giorni da quando Letizia Moratti si è impegnata a indicare le somme disponibili per il rinnovo del contratto. E tuttavia c'è stato bisogno di uno sciopero per smuovere le acque. Questo la la dice lunga sulla priorità che questo governo attribuisce al rinnovo di un contratto che riguarda circa un milione di lavoratori, di cui 800.000 sono insegnanti. Neppure la promessa è stata mantenuta: il governo ha ridotto notevolmente le somme indicate dal ministro. Le trattative riprenderanno la prossima settimana ma sono pessimista.

Perché?

Perché dalla contrattazione sindacale stiamo passando al controllo politico: molte cose oggi definite dai contratti di lavoro verranno affidate a leggi dello stato o ad atti di diretta emanazione del ministero. Il tentativo di mettere sotto diretto controllo politico la categoria è evidente: dai libri di testo al fiorire delle interpellanze parlamentari contro insegnanti accusati di fare politica.

A protestare, la scorsa settimana, sono stati anche i dirigenti scolastici.

Questa legge finanziaria, come è noto, riduce organici e risorse. Ora, i dirigenti scolastici - proprio in quanto responsabili del funzionamento di una scuola - hanno denunciato come quei tagli stiano mettendo seriamente in discussione il diritto allo studio. Per questo hanno raccolto migliaia di firme su una petizione presentata dai sindacati confederali e dallo Snals. L'intenzione è quella di consegnarle a diverse autorità, tra cui il presidente della Repubblica che più volte ha richiamato le responsabilità del governo sul ruolo della scuola pubblica.


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