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Manifesto: La rivolta dei rettori: «Così rischiamo di chiudure»

Oltre due miliardi di euro in meno a disposizione del sistema universitario italiano nei prossimi cinque anni.

22/07/2008
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il manifesto

Eleonora Martini
ROMA
Oltre due miliardi di euro in meno a disposizione del sistema universitario italiano nei prossimi cinque anni. E per La Sapienza di Roma, il più grande ateneo d'Europa, tagli per 160 milioni di euro. Drastica riduzione del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), pesante limitazione del turn over (ridotto al 20% in termini di unità e di spesa rispetto alle cessazioni dell'anno precedente), tagli agli stipendi del personale non contrattualizzato. È il più potente attacco sferzato all'università pubblica italiana, che per salvarsi avrà un'unica via d'uscita: trasformarsi in Fondazioni private, come prevede in forma non obbligatoria il Decreto legge 112 approvato ieri con il voto di fiducia alla camera. E se il Dl non troverà resistenze nemmeno in senato, «entro il 2013 sarà compiuta l'opera di smantellamento del sistema pubblico della ricerca e della formazione» portando l'Italia sempre più distante dall'obiettivo fissato a Lisbona che prevedeva di destinare alla ricerca e all'università il 2% del Pil (oggi siamo allo 0,9%).
È l'allarme che ieri è stato lanciato, alla Sapienza di Roma, da una gremita Aula magna dove il Rettore Renato Guarini aveva convocato docenti, studenti e personale tecnico amministrativo. Una prima volta, a memoria dei tanti partecipanti. Perché «non era mai successo che un Magnifico convocasse un'assemblea generale per avviare una fase di lotta contro la privatizzazione dell'università». Ma la battaglia che parte dalla Sapienza trova già echi in tutto il paese, come hanno testimoniato in un collegamento in diretta, i Senati accademici e i Cda degli atenei dell'Emilia Romagna riuniti in seduta congiunta.
A conclusione del dibattito che a tratti ha assunto anche toni molto critici contro il «sistema privatistico» e «baronale» dell'università italiana, è stata votata una mozione nella quale si afferma chiaro e tondo che «nessuna Fondazione è ipotizzabile come trasformazione dell'università, che deve essere e rimanere pubblica». E si chiede «la sospensione degli articoli del Decreto 112/08 relativi alle misure per l'università», o in subordine che i fondi bloccati dalla Finanziaria siano riassegnati al Ffo «per alcune finalità vitali al sistema universitario». Nella mozione finale non si è ritenuto di adottare una delle tante forme di lotta proposte durante l'assemblea. C'era chi chiedeva di chiudere tutti gli atenei italiani per un giorno, o addirittura di fermare l'anno accademico 2008-2009. C'era chi invece ha proposto di bloccare piuttosto tutti i rapporti accademici internazionali, affinché non si penalizzino ulteriormente gli studenti che quasi inevitabilmente vedranno lievitare le tasse universitarie. La proposta che ha trovato maggiore consenso è stata quella di negare l'approvazione del bilancio preventivo per l'anno 2009, con conseguente commissariamento dell'ateneo. «Vengano Brunetta e Tremonti, docenti assenteisti per eccellenza nei loro atenei, a far quadrare il bilancio della Sapienza, se ne sono capaci», ha puntato il dito Marco Merafina, coordinatore nazionale dei ricercatori, suscitando il primo grande applauso della mattinata.
Secondo quanto illustrato dal rettore Guarini, infatti, le conseguenze economiche sul sistema universitario degli articoli 16 (che prevede la trasformazione in Fondazioni), 66, 68 e 69 del Decreto 112, si possono calcolare in una riduzione dell'Ffo di 1441,5 milioni di euro, dal 2009 al 2013, a cui vanno aggiunti altri 480 milioni di euro di tagli sugli stipendi del personale (scatti di anzianità ogni tre anni anziché ogni due) e altre forme di «razionalizzazione» delle spese. L'impatto sulla Sapienza si traduce invece in una decurtazione dell'Ffo di 116 milioni di euro nei prossimi cinque anni (ogni anno ne riceve circa 500 milioni), più altri 44 milioni derivanti da altre manovre di contenimento delle spese.
«Si invoca il potere taumaturgico della privatizzazione quando in Italia le università private, come la sanità privata, si reggono sui soldi dei cittadini. Non sono certo le imprese private a finanziarle», ha fatto notare accolto da applausi Stefano Lazzarini, rappresentante delle sigle sindacali del personale tecnico-amministrativo. «Si vuole introdurre il modello privato delle Fondazioni - ha aggiunto Guarini - in controtendenza agli obiettivi europei, e lo si fa silenziosamente, sotto mentite spoglie, senza mai nominare come tale la privatizzazione dell'università e senza coinvolgere il parlamento. Circostanza questa che solleva dubbi di costituzionalità».


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