Manifesto-La riforma Moratti? "Inapplicabile"
La riforma Moratti? "Inapplicabile" L'associazione dei comuni italiani chiede più risorse per far funzionare la scuola. "Così non ce la facciamo" CINZIA GUBBINI ROMA Lo chiamano "effetto terremo...
La riforma Moratti? "Inapplicabile"
L'associazione dei comuni italiani chiede più risorse per far funzionare la scuola. "Così non ce la facciamo"
CINZIA GUBBINI
ROMA
Lo chiamano "effetto terremoto", ed è l'incubo estivo dei comuni italiani. Niente a che fare con fenomeni geologici, ma con il vulcanico ministro dell'istruzione, Letizia Moratti, sì. E soprattutto con la sua riforma, che ieri è stata al centro del convegno dell'Anci (l'associazione dei comuni italiani) "L'istruzione dopo la riforma del titolo V della costituzione". Con il "decentramento", infatti, gli enti locali diventano attori in prima linea nella gestione dei serivizi dell'istruzione pubblica; e la riforma Moratti rischia di portare molto oneri e pochi onori. Le preoccupazioni scaturite dal convegno sono riassumibili in poche parole: senza un adeguato trasferimento di risorse agli enti locali, la riforma Moratti è inapplicabile. "Non si tratta di una posizione pregiudiziale, ma di merito", tiene a ribadire l'Anci, determinata ad evitare che problemi seri vengano presi sotto gamba e giudicati "strumentali". Tanto più che in questi giorni si tratta di mettere le cose in chiaro. Gira voce, infatti, che il governo sia intenzionato a far partire alcune parti della riforma con la sola approvazione del senato. Il tutto mentre c'è chi sostiene che sia proprio la scuola a determinare i "conti in rosso" dello stato, un tentativo - secondo il segretario generale della Cgil scuola, Enrico Panini - di "accelerare la privatizzazione della scuola pubblica e legittimare l'ennesima sforbiciata degli organici", mentre il segretario dello Snals, Fedele Ricciato fa notare che: "Il Tesoro non ha ancora emanato l'atto che autorizza le assunzioni in ruolo, entro il 31 luglio, di 21mila unità di personale".
Argomenti per nulla estranei al convegno di ieri, che, anzi, ha sottolineato a più riprese la mancanza di personale. Soprattutto se si porcederà con l'anticipo scolastico, ovvero la possibilità di iscrivere bambini di due anni e mezzo alla scuola dell'infanzia e a quella elementare bambini di cinque anni e mezzo. I comuni si sono fatti due conti in tasca, e hanno capito che proprio non è possibile. Qualche esempio: il comune di Firenze ha calcolato che - negli asili - servirebbe un incremento del personale, per una spesa annua di oltre un miliardo di vecchie lire. Servirebbero inoltre nuove strutture, e nuove attrezzature, per una spesa di almeno un miliardo e mezzo. "Non si possono fare riforme a costo zero", ribadiva ieri l'assessore alle politiche educative romano, Maria Coscia. Che ha più volte ribadito la "necessità di tenere prima di tutto in conto il diritto dei bambini e delle bambine". I comuni non ci stanno a fare da capo espiatorio, e mettono subito le cose in chiaro: progetti di qualità. "Accogliere età diverse significa predisporre corsi di formazione, architetture adeguate, progetti di istruzione", sottolineava Coscia, che a Roma ha sperimentato una struttura educativa per la fascia d'età 24/36 mesi. - il "progetto Ponte" - accolto entusiasticamente dalle famiglie e che richiede una spesa annua per sezione di circa 140 mila euro. La qualità costa, ma se ne può fare a meno?
Il convegno, tuttavia, non ha mancato di sottolineare anche le perplessità pedagogiche sui "precocismi scolari e educativi", come li ha definiti il professor Raniero Regni, docente di Pedagogia sociale presso la Lumsa, che in un applauditissimo intervento si è lanciato in un "elogio alla lentezza", spiegando come "il bambino può essere educato alla "velocità di apprendimento", richiesta dalla modernità, proprio nella lentezza". Prendendo esempio dalla saggezza contadina, per cui non si tira la carota per farla crescere più in fretta.