Manifesto: «La ricerca contro la crisi»
La Cgil presenta la sua riforma. In vista dello sciopero generale del 12 Le proposte alternative: fondi all'edilizia, ricambio generazionale
Eleonora Martini
ROMA
La formazione come tema centrale dello sciopero generale indetto da Cgil, Cobas, Cub e Sdl intercategoriale, per il prossimo 12 dicembre. Perché «è del tutto evidente la relazione tra la necessità di investire sui sistemi della conoscenza e i modi con cui si può uscire dalla crisi economica e sociale». Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, introduce così la grande convention ospitata ieri nell'aula magna della facoltà di Lettere dell'università Roma Tre e organizzata dal suo sindacato per presentare alcune proposte concrete alternative ai tanto contestati provvedimenti governativi su scuola, università, ricerca e Afam (Alta formazione artistica e musicale). Un programma di lavoro che prevede «una svolta radicale e non aggiustamenti a interventi già varati», e che accoglie le istanze rivendicate nelle piazze dal movimento degli studenti, dei maestri e dei docenti - prime tra tutte, le grandi manifestazioni della scuola del 30 ottobre e degli universitari del 14 novembre - ma che è comunque «una base di partenza da cui aprire una grande campagna di ascolto». Dialogo, dunque, a trecentosessanta gradi. Ma, come dice a conclusione dei lavori Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil, «se restano 8 miliardi di tagli, di cosa si vuole dialogare?». Perciò, prima di tutto l'Flc chiede che venga «sospesa l'attuazione dei provvedimenti approvati e si ritirino quelli in via di approvazione». Fare carta straccia dunque della legge 133/08, del decreto 112, meglio conosciuto come l'"ammazza precari" di Brunetta, e la legge Gelmini sulla scuola. Da qui in poi si può cominciare a ragionare, sempre che siano tenuti ben fermi alcuni capisaldi. Pantaleo li riassume così: ogni euro risparmiato dislocando meglio le risorse va reinvestito nell'istruzione; occorre un piano straordinario pluriennale che stanzi fondi certi sull'edilizia scolastica; bisogna puntare ad un «serio ricambio generazionale di tutto il corpo docente e non solo nella prospettiva di stabilizzazione dei precari, ma con l'ampliamento massimo del turnover». In particolare, per la scuola, «l'idea del maestro unico è inaccettabile». Anzi, la programmazione didattica necessita di un «profondo e strutturale cambiamento» che ricollochi l'istituzione a contatto con la realtà sociale, liberandola da «nozionismo e burocrazia». Perciò va «salvaguardato il tempo pieno, ridotta la didattica frontale, potenziati i laboratori e favorita la valutazione». E come obiettivo da perseguire, l'obbligo scolastico a 18 anni: «Quello fino a 16 anni sia privato degli equivoci che ancora gli gravano addosso con la riconferma del canale di serie B della formazione professionale».
Per il sistema universitario invece al primo punto c'è la salvaguardia della sua natura pubblica, lasciando al privato «un ruolo di utile integrazione, uno stimolo e una risorsa». L'abolizione graduale del numero chiuso garantisce il diritto allo studio universale. Per spalancare poi le porte ai giovani docenti, servono nuove regole per il reclutamento: un contratto triennale retribuito, con garanzie sul rapporto di lavoro, al termine del quale una «valutazione seria della qualità e della produzione scientifica del candidato dà luogo all'accesso al ruolo di ricercatore». I finti concorsi per i passaggi di fascia vanno eliminati. Mentre l'Agenzia nazionale di valutazione voluta dall'ex ministro Fabio Mussi e mai avviata, giudicherà la qualità degli atenei per una distribuzione «giusta» dei fondi. «Perché crediamo - sottolinea Pantaleo - che la meritocrazia sia effettivamente l'unico riferimento». Ma «un ruolo forte nella definizione del merito e degli obiettivi deve essere restituito agli studenti, a chi l'università la vive». Infine, la ricerca, il cui «Programma nazionale deve diventare uno strumento essenziale per la definizione del Dpef con l'obiettivo di superare la frammentazione degli interventi e coordinare le politiche per la ricerca scientifica e tecnologica, anche per sostenere i progetti d'innovazione industriale». Vanno istituiti inoltre «uno o più fondi specifici, distinti da quelli ordinari e alimentati da risorse aggiuntive».
Con queste proposte, insomma, l'Flc-Cgil risponde a chi l'accusa di essere il sindacato del no. Alle altre sigle tende ancora una mano, ponendo sul tavolo tre questioni aperte: contratti, regolamenti attuativi della legge Gelmini sulla scuola, e riforma di università e ricerca. «Se riusciamo a trovare una sintesi su questi punti, bene. Altrimenti - conclude Pantaleo - andremo ai tavoli con le nostre opinioni e soprattutto proseguiremo il nostro percorso di lotta».