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Manifesto: La prima piazza d'autunno è degli insegnanti precari

MILANO Duemila in corteo nella città più colpita dai tagli del ministro

12/09/2010
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il manifesto

Dopo lo sciopero della fame della scorsa settimana, il movimento degli insegnanti precari milanesi riesce a portare in piazza migliaia di persone tra cui i rappresentanti della politica e del sindacato, per una volta uniti. Questa mattina, tra Messina e Villa San Giovanni, i loro colleghi siciliani si preparano all'invasione dello Stretto
Luca Fazio
MILANO
In coda al corteo che ieri ha aperto la stagione delle proteste dei lavoratori precari milanesi del mondo della scuola (e si spera un domani anche dei genitori che ci mandano i figli), dietro ai poliziotti annoiati, un automobilista sbuffava al finestrino: «Incredibile, siamo nel 2010 e permettono ancora queste cose...». Non intendeva lo sfascio delle scuola pubblica, non solidarizzava, era solo in ritardo per colpa dei manifestanti che gli avevano fatto perdere un semaforo verde. E temiamo che il simpaticone sia un indegno campione della brutta bruttissima aria che tira. Anche quest'autunno.
Perché la manifestazione di ieri, considerati i numeri delle persone che stanno perdendo il lavoro (3000 insegnanti solo in Lombardia), considerato che le sorti della scuola non dovrebbero stare a cuore solo a chi ci lavora, è riuscita solo grazie all'impegno dei militanti milianti. Le poche persone che stanno cercando di farsi sentire (sono in maglietta arancione con il logo che invita a scatenarsi), i politici meno sordi al dramma del più grande licenziamento di massa della storia d'Italia, i sindacalisti, le organizzazioni di base e gli amici degli amici. Tutto sommato fanno circa duemila persone, un buon test, ma la città è ancora troppo distratta. E domani mattina aprono le scuole.
Qualche momento di scoramento è comprensibile prima che la manifestazione si ingrossi, poi passa strada facendo. «Questa è una città sorda e spaventata - dice uno dei reduci dal presidio permanente in sciopero della fame - e sembra impossibile provocare anche la minima reazione. La verità è che tutti pensano ai fatti propri, tant'è che dopo l'assegnazione di alcune cattedre anche la nostra protesta un po' si è sgonfiata, chi ha ottenuto il posto ha mollato la lotta». Non è certo il caso di chi è sceso in piazza, «e comunque vedremo, perché in fondo l'anno scolastico non è ancora iniziato».
Senza fare troppo rumore - solo lo slogan Non siamo una piaga non siamo un'eccedenza, del nostro lavoro non si può fare senza - il corteo fitto di bandiere più o meno rosse ha voltato quasi subito le spalle al centro storico per dirigersi davanti all'ufficio scolastico, un po' disperso in via Ripamonti. Si sono fatti riconoscere, con molta discrezione, Onorio Rosati, segretario della Camera del Lavoro, e Giuliano Pisapia, candidato alle primarie del centrosinistra per Palazzo Marino. «Milano è la città lombarda più penalizzata dai tagli - precisa Rosati - e alla vigilia dell'anno scolastico posso dire che la situazione è preoccupante. Il governo sta portando avanti da anni un progetto di destrutturazione della scuola pubblica». Pisapia è sceso in piazza «per solidarizzare con i tanti insegnanti abbandonati e costretti ogni anno ad attendere di essere richiamati senza averne la certezza». Inoltre se l'è presa con il sindaco Letizia Moratti, colpevole di aver chiuso - è storia dell'anno scorso - l'unica liceo civico serale di Milano. «Le scuole civiche, che hanno formato tanti milanesi, sono nate a Milano anche grazie a sindaci di sinistra e ora che ce ne sarebbe ancora più bisogno vengono cancellate».
Insomma, per la prima «uscita dell'anno» nessuno è mancato all'appello, ma ora bisognerà vedere se i rappresentanti delle forze politiche e sindacali saranno in grado di trascinare davanti alle scuole il corpo anchilosato delle rispettive formazioni in questa complicata battaglia contro i tagli di Mariastella Gelmini & Co. Nel frattempo, gli insegnanti, i genitori e i bambini, ancora una volta hanno dimostrato di essere capaci di portarsi avanti da soli.


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