Manifesto-La mensa? La voglio più buona
La mensa? La voglio più buona Tempo pieno, maestro prevalente, anticipo dell'ingresso a scuola, taglio dei posti di lavoro. Ci sono il progetto Moratti, le proteste e le parole dei bambini. "Per me...
La mensa? La voglio più buona
Tempo pieno, maestro prevalente, anticipo dell'ingresso a scuola, taglio dei posti di lavoro. Ci sono il progetto Moratti, le proteste e le parole dei bambini. "Per me - dice uno di quinta elementare - va bene così perché a casa passerei molte ore davanti la playstation mentre a scuola, studio...". "È bello stare più ore con i compagni per chi è figlio unico come me..." .
ARIANNA DI GENOVA
Il bambino, quello vezzeggiato dalle statistiche o dal mondo dei consumi giovanili, è il diretto interessato della riforma Moratti. E rischia per paradosso di essere il soggetto "cancellato". Per questo abbiamo pensato fosse giusto dargli la parola. In due miniassemblee - la prima svoltasi in una scuola al centro di Roma, l'altra alla periferia della città - le alunne e gli alunni hanno espresso il loro parere. Gli istituti scolastici interpellati, pur collaborando pienamente, hanno preferito rimanere nell'anonimato perché il clima dei loro posti di lavoro ha impennate di grande tensione. Dove finiscono le esigenze dei bambini, le loro competenze, i loro bisogni (primari e non) nella "nuova" scuola? Non importa, il governo vuole risparmiare soldi. Dopo aver trasformato in una Patrimonio spa l'intera Italia artistica, si passa alla scuola. Due le parole d'ordine che rimbalzano, il taglio del personale competente e l'anticipo dell'ingresso per gli alunni (scuola d'infanzia a 30 mesi e cinque e mezzo per le elementari). Già, ma in che modo? Senza nessuna pianificazione e articolazione del percorso educativo. Il "bambino precoce" va in classe senza strutture di sostegno che facilitino il lavoro degli operatori che si fa così più complesso: come dare la dovuta attenzione a un bimbo di poco più di due anni "perso" in un gruppo di circa 25 fanciulli? E come aiutare l'alunno più piccolo che inizia le elementari quando il "maestro prevalente" ha già mille incombenze da risolvere?
Insomma, il bambino che vuole la riforma Moratti non deve più acquisire nuovi processi cognitivi nel rispetto dei suoi tempi ma deve abituarsi a imboccare scorciatoie educative, essere in sostanza un individuo "addestrato". Addestrato anche alla gerarchia delle diverse intelligenze dell'essere umano.
Per fare un esempio: il maestro prevalente insegnerà a leggere-scrivere-far di conto, materie definite "fondamentali" che si sganceranno (visti i tempi ridotti di permanenza scolastica) dal modo "interattivo" di concepire l'educazione motoria, manipolatoria, la musica, l'educazione all'immagine, gli studi sociali. Per queste iniziative, ci saranno i laboratori (facoltativi). Il risultato è che la sfera logico-matematica e quella umanistica torneranno a essere le uniche gerarchicamente valide e il resto sarà affidato a lavoratori sottopagati, con contratti a progetto, non sempre specializzati. Il laboratorio dove si svolge un'attività finirà così per essere classificato come insegnamento di serie b.
Sarà il bambino dunque a "scontare" la parcellizzazione del tempo pieno in un monte ore che non corrisponderà più a un disegno organico - dove le attività si avvicendavano in tutta naturalezza - ma andrà incontro piuttosto ad un "tempo da riempire", da inzeppare. Inoltre, il suo gruppo classe, comunità che prima divideva democraticamente le conoscenze e in cui il patrimonio di uno diventava patrimonio di tutti, verrà annientato: alcuni rimarranno il pomeriggio con rotazioni di insegnanti e laboratori, altri torneranno a casa.
Ma diamo la parola va a una quinta elementare del centro di Roma. Alla classe sono state poste due domande. La prima: vi piace stare a scuola tutto questo tempo? Ecco cosa hanno risposto.
M. "Preferisco stare a scuola più tempo possibile perché non mi piace fare i compiti a casa e soprattutto voglio rimanere a casa il sabato".
L. "Per me il tempo pieno è meglio perché a casa passerei tutto il mio tempo davanti alle playstation mentre a scuola studio un po'".
E. "Mi piace stare così tanto tempo con le maestre, fare i compiti e stare con i compagni, pranzare con loro. E poi, ci posso pure giocare".
L.R. "Se fai il tempo pieno le maestre a scuola ti spiegano bene i compiti...".
L. "A casa le tentazioni sono molte per non studiare, ci si concentra di più tutti insieme".
F. "Ho più tempo per conoscere gli altri bambini"
C. "Stare tanto tempo insieme alla maestra e ai compagni ci fa sentire più in confidenza l'uno con l'altro".
L. "È bello stare più ore con i compagni per chi è figlio unico come me perché a casa farei lo stesso i compiti ma mi troverei più tempo da solo. A scuola mi diverto".
La seconda domanda che è stata posta nella medesima classe è: qual è la vostra scuola ideale?
C. "Mi sarebbe piaciuto avere un cortile con il prato e delle maestre molto socievoli".
L. "Vorrei più libertà di movimento nella scuola e un computer in ogni classe".
L. "Vorrei un giardino molto spazioso per giocare a calcio e fare ricreazione all'aperto tutti insieme. A proposito, mi piacerebbe anche del cibo più buono".
L. "La scuola mi piace così com'è e non cambierei nulla tranne le cose da mangiare".
L. "Bisognerebbe socializzare di più con i bambini delle altri classi".
Tutti, alla domanda se sono contenti di stare a scuola fino alle 16.20 hanno risposto in coro con un "sìììììì!!!". L. però ha precisato: "Se però la maestra è noiosa.... allora no!".
Altra scuola statale, periferia di Roma. I bambini interpellati appartengono a due terze elementari a tempo pieno ma che utilizzano la formula del modulo sperimentale (esperienza che le docenti praticano da diversi cicli scolastici), cioè le quattro maestre più quella di religione lavorano e fanno lavorare in gruppo, ognuna insegnando una sola materia ad entrambe le classi. In questo modo, oltre a poter approfondire ogni materia, i bambini hanno la possibilità di stare spesso insieme. È stato chiesto quindi a entrambe le classi cosa pensano della scuola a tempo pieno, se a loro piace e perché.
Su 40 presenti, cinque bambini hanno risposto di non amare il tempo pieno perché toglie ore alla possibilità di stare in famiglia e perché preferiscono mangiare a casa. 35 hanno detto che invece amano il tempo pieno perché a casa si annoiano, preferiscono lavorare a scuola e non fare i compiti a casa. Inoltre, stanno bene insieme ai compagni e alle loro maestre e si divertono a pranzare a scuola.