Manifesto-La devolution, minaccia alla scuola
INTERVENTO La devolution, minaccia alla scuola BRUNO MORETTO* Il dibattito in Parlamento sulla "devolution" del centro destra, la recente sentenza della Corte costituzionale (n. 13/2004) e le rip...
INTERVENTO
La devolution, minaccia alla scuola
BRUNO MORETTO*
Il dibattito in Parlamento sulla "devolution" del centro destra, la recente sentenza della Corte costituzionale (n. 13/2004) e le ripetute affermazioni di alcune regioni (Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna) di voler impugnare il decreto applicativo della legge 53, perché invaderebbe le competenze regionali impongono una riflessione sulle prospettive del sistema scolastico italiano. La riforma del titolo V ha introdotto importanti novità, assegnando alle regioni competenze concorrenti in materia di istruzione. Occorre però stabilire come ciò si concili con l'art. 33 che assegna il compito di definire le norme generali sull'istruzione e "istituire scuole statali di ogni ordine e grado" alla repubblica, in base al riconoscimento del ruolo istituzionale della scuola di formazione del cittadino della repubblica. La prospettiva regionalistica sembra rispondere a due esigenze apparentemente contrapposte: la scuola deve essere maggiormente legata alle tradizioni culturali del territorio e deve fornire un sapere che metta in condizioni i giovani di entrare nel mercato del lavoro locale. Entrambe queste prospettive sostenute trasversalmente da parti dei diversi schieramenti politici sono potenzialmente "eversive" del sistema scolastico disegnato dalla Costituzione. La Carta affida alla scuola la formazione della coscienza, della partecipazione ai valori condivisi dalla collettività nazionale. Vede nella scuola il luogo morale per il rilancio dei grandi valori che sostengono la coesione sociale. Vede nella scuola uno straordinario fattore di realizzazione dei principi di uguaglianza e libertà. "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione dei lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del paese".
La vera argomentazione a favore del regionalismo scolastico è la presunta inefficienza del sistema attuale, ma il giudizio sui risultati della scuola dovrebbe essere commisurato al raggiungimento degli obiettivi che l'ordinamento repubblicano le affida. Stante un'arretratezza culturale storica della nostra popolazione (sono 22 milioni gli italiani che hanno al massimo la licenza elementare, 39,2 % del totale), i risultati nei test internazionali sulla capacità di lettura e di comprensione di un testo danno agli studenti italiani di 10 anni una posizione fra le prime cinque nazioni a livello mondiale (Iea 2001), mentre i risultati dei 15enni sono leggermente sotto la media (Ocse Pisa 2001).
Se il primo dato dovrebbe essere motivo di orgoglio (e invece si sta provvedendo proprio a riformare la scuola elementare), il secondo è sicuramente insoddisfacente, ma deve essere interpretato alla luce del ritardo del processo di scolarizzazione di massa in Italia e del fatto che i risultati degli alunni risentono ovunque del livello culturale dei genitori. Il numero dei diplomati è in forte crescita, ma sconta la bassa scolarità delle generazioni precedenti (nella fascia 25-34 la percentuale è del 57%, contro una media Ocse di 74, nella fascia 55-64 solo di 22, contro una media Ocse di 49).
Ciò che caratterizza il sistema scolastico italiano è la sua propensione ad elevare il livello culturale delle nuove generazioni: la media dei risultati dei nostri studenti provenienti dalle famiglie più disagiate è superiore a quella della Germania e della Svizzera e in media con quella dei paesi Ocse. La differenza dei punteggi nella capacità di lettura fra gli studenti provenienti da famiglie di basso livello socioeconomico e quelli provenienti dalle famiglie di alto livello è di 68 punti per l'Italia, contro una media Ocse di 82 e di 115 della Germania, di 104 degli Stati uniti.
Esaminando i paesi "federali" si osserva che i loro studenti 15enni ottengono risultati medi inferiori a quelli che ci si potrebbe attendere in base al livello culturale delle loro società (la "performance" degli alunni tedeschi è inferiore alla nostra) e che il loro sistema amplifica le differenze socio economiche familiari. Disgregare il sistema a livello regionale produrrebbe pesanti conseguenze sulle differenziazioni sociali del paese, che già sono consistenti: stante un punteggio medio nella capacità lettura di 487, gli studenti del nordest raggiungono 527 punti, contro i 446 di quelli delle isole e i 463 di quelli del sud. Sarebbe assurdo scegliere l'avventura di un sistema scolastico regionale, proprio nel momento in cui la sua validità viene messa in discussione dai risultati Ocse e quando è in corso in Germania il dibattito sul fallimento del loro sistema.
*segretario del Comitato bolognese Scuola e Costituzione