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Manifesto-La compravendita dei diplomi

La compravendita dei diplomi Scuole private nella bufera. 23 arresti. Per un attestato di maturità chiedevano anche 7 mila euro L'inchiesta è partita da Verona e ha coinvolto tutta Italia. Una del...

20/05/2004
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il manifesto

La compravendita dei diplomi
Scuole private nella bufera. 23 arresti. Per un attestato di maturità chiedevano anche 7 mila euro
L'inchiesta è partita da Verona e ha coinvolto tutta Italia. Una delle scuole parificate addirittura non è mai esistita. Le opposizioni: "Colpa della politica governativa". Il ministro avvia un'indagine
PAOLA BONATELLI
CINZIA GUBBINI
Da un minimo di 2 mila euro a un massimo di 7.500: tanto basta per intascare un diploma di maturità in una scuola paritaria o privata. Lo hanno scoperto i carabinieri di Verona, coordinati dal sostituto procuratore Fabrizio Clemenza, che ieri mattina hanno avviato una retata in tutta Italia partita dalla denuncia di uno studente scaligero stanco di dover pagare rette salatissime. Ventitré le persone finite agli arresti domiciliari, con accuse pesanti: dall'associazione a delinquere alla rivelazione di segreti d'ufficio. I carabinieri hanno perquisito le sedi di 32 istituti, tra scuole paritarie e private, la maggior parte dei quali a Roma (15), ma anche a Torino, Imperia, Reggio Emilia, e ancora Napoli, Foggia, Palermo, Trapani, Agrigento solo per citare le città più importanti.

Il nome dell'operazione assomiglia alle pubblicità-tipo delle scuole finite nell'inchiesta: "Diplomi no problem". Nessun problema per chi può sborsare soldi e ha abbastanza peli sullo stomaco: dai particolari dell'indagine emerge infatti un quadro grottesco. Non si tratta soltanto delle tariffe salate - rigorosamente distinte in base agli anni da recuperare o all'indirizzo scelto - ma di una vera e propria macchina a delinquere.

Per aggirare la legge che prevede un numero limitato di iscritti esterni alle scuole paritarie o private venivano conteggiati come interni anche persone residenti in altre città, falsificando i documenti e pescando gli indirizzi a casaccio sull'elenco telefonico. Siccome queste persone non frequentavano mai le lezioni, ogni tanto veniva organizzato una sorta di "meeting", e gli iscritti venivano invitati nella scuola per fargli svolgere le prove di valutazione. Prove farsa, ovviamente: i docenti si curavano di fornire tutte le domande con relative risposte, nei casi più eclatanti lo studente inviava il compito via posta. Altre volte, addirittura, veniva inviato un sostituto che svolgeva il compito in classe al posto loro.

Massima tranquillità all'esame finale: le commissioni ormai sono interne, con un solo membro esterno. Così ha deciso la finanziaria del 2002, adducendo motivi di risparmio per la pubblica amministrazione. Da una parte si risparmia dall'altra si guadagna, e così i docenti assicuravano un esame liscio chiedendo al candidato di preparare una tesina, su cui poi veniva interrogato. Oppure gli intermediari concordavano con i professori (che in un'intercettazione telefonica vengono definiti "svegli e malleabili") della commissione interna che fornivano in anticipo le domande.

L'inchiesta mette in evidenza "l'estrema facilità con la quale si ottiene la concessione del decreto di parità scolastica". Basti pensare che l'istituto Forum di Pomezia, tra le scuole indagate, non è mai esistito: il giorno dell'arrivo dell'ispettore ministeriale è stata organizzata una vera e propria messa in scena, con docenti, bidelli, alunni. Tutto finto. Solo per ottenere il certificato di parità e avviare un fiorente business.

Un giro d'affari che, come dicono le cifre dell'Invalsi, ha conosciuto un'impennata incredibile a partire dal 2002. Se nel 2001 gli iscritti alle scuole private erano l'1,7% del totale, nel 2002-2003 sono diventati il 15%, in aumento quest'anno. Complice, accusano le opposizioni, sia della legge finanziaria di cui sopra sia una circolare ministeriale del 2003 che ha permesso il ripristino delle cosiddette "piramidi rovesciate": la possibilità, cioè, di istituire classi quinte più numerose dei corsi avviati (per esempio, se ci sono due prime possono esserci tre quinte o più). Su questi punti sono state presentate interrogazioni parlamentari, come ricordata la deputata diessina Alba Sasso che con questi argomenti ha risposto in commissione cultura al ministro dell'istruzione Letizia Moratti che recentemente ha presentato il rapporto sullo stato di applicazione della legge sulla parità, ammettendo di aver registrato numerose irregolarità. "Quest'inchiesta alza il coperchio su una pentola che potrà rivelare solo altre brutture, di cui il ministro è a conoscenza da tempo", osserva il segretario della Cgil scuola Enrico Panini. Proprio la Cgil scuola nel 2003 aveva presentato un'indagine sulle scuole paritarie, denunciando episodi simili a quelli riscontrati dai carabinieri di Verona. A dicembre è stato presentato un esposto alla procura di Roma. Ieri, infine, il ministro Moratti ha deciso di avviare una commissione di indagine ministeriale.


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