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Manifesto-L'università spacca il Labour

L'università spacca il Labour Il progetto di riforma delle tasse universitarie caro a Blair evita la bocciatura per soli 5 voti, ma il partito non ubbidisce più al suo leader, che ne esce a pezzi....

28/01/2004
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il manifesto

L'università spacca il Labour
Il progetto di riforma delle tasse universitarie caro a Blair evita la bocciatura per soli 5 voti, ma il partito non ubbidisce più al suo leader, che ne esce a pezzi. Quasi ottanta i deputati ribelli. La "vittoria" comprata voto per voto da Gordon Brown, che è ormai diventato la figura centrale del nuovo Labour
ORSOLA CASAGRANDE
LONDRA
Il re è salvo anche questa volta, ma certo è molto più solo. Per cinque voti Tony Blair ha vinto la difficile battaglia sulla legge che introduce tasse universitarie astronomiche. Per un governo che ha una maggioranza di 161 deputati, una cocente sconfitta in termini politici. Anche se in termini pratici Blair dirà che una vittoria è una vittoria, a prescindere da quanto risicata. Il dibattito è stato aspro nei toni ma anche molto appassionato e si è concluso con un voto sul cui esito nessuno fino all'ultimo ha azzardato previsioni. Alla fine ha prevalso il senso di disciplina (per alcuni deputati laburisti). Ma certamente più ha potuto la promessa di qualcosa in cambio (magari un qualche ruolo nel prossimo rimpasto). E' indubbio però che, come già accadde con il voto sulla guerra in Iraq, il Labour party è da ieri più diviso al suo interno. E sono lacerazioni profonde, ferite ormai insanabili. Perchè a confronto ieri in parlamento non c'erano solo il governo e l'opposizione, ma c'erano soprattutto due visioni, due idee di Labour che stanno ormai agli antipodi.

Nelle parole di Alan Simpson (deputato di Nottingham e presidente del Socialist Campaign Group, il gruppo di parlamentari che vuole mantenere il Labour ancorato ai suoi valori socialisti): "Downing street sarà pure dominata da quelli che vedono il futuro soltanto altrettanto gli occhi del compratore individuale. Il partito invece vede quello stesso futuro attraverso valori che riconoscono i diritti della comunità, di classe e collettivi. La linea di demarcazione è tra chi crede che il futuro può essere comprato e chi invece continua a pensare che si debba lottare per assicurarselo".

Quello che dice Simpson è chiaro: oggi nel new Labour ci sono due anime destinate a cozzare in maniera sempre più dura. Perché il futuro - anche quello del governo Blair - offrirà strade che prevedono scelte di campo drastiche. L'11 settembre è stato anche in questo uno spartiacque: quel "con me o contro di me" pronunciato da Bush all'indomani degli attentati di New York e Washington si applica anche a questioni non internazionali, agli affari di casa propria. Nel caso di Blair c'è da vincere una terza legislatura (le prossime elezioni potrebbero svolgersi già il prossimo anno) e per farlo c'è bisogno di scelte precise: allora via tutti i retaggi del passato Labour e avanti con il nuovo corso. Che non è la terza via delle origini di Blair e del suo new Labour, ma è piuttosto la classica via del neoliberismo a cui si aggiunge la necessità di occupare un posto definito (e di prominenza, seppure all'ombra degli Usa: Blair rimane il barboncino del presidente) nel nuovo ordine mondiale secondo Bush. Alle privatizzazioni, allo smantellamento del welfare, alla limitazione delle libertà e dei diritti personali va aggiunta la guerra globale, preventiva e permanente. Non è un caso che le leggi che il parlamento di Westminster ha appena discusso o si accinge a farlo riguardano proprio la privatizzazione della sanità, l'asilo e l'immigrazione, la cosiddetta "contingency law", cioè la legge sulle contingenze, sull'imprevisto che consentirà (per fare solo un esempio) a qualunque ministro di decretare lo stato d'emergenza in caso di sciopero di settori del pubblico impiego e quindi di bandire lo sciopero stesso precettando lavoratori e dichiarando off limits intere zone del paese. Nemmeno Margaret Thatcher era arrivata a tanto.

La giornata di ieri era cominciata con l'arrivo in massa degli studenti che presto hanno occupato la piazza del parlamento. Slogan e striscioni avevano un unico messaggio per il governo: non costringeteci a passare la vita a ripagare debiti astronomici. Dentro la tensione era palpabile. Anche perchè il premier Tony Blair e i suoi uomini hanno usato tutti gli strumenti a loro disposizione per cercare di convincere alcuni dei ribelli a ritornare sui loro passi. In alcuni casi la frenetica operazione di lobbying ha avuto la meglio. Nick Brown, ex ministro dell'agricoltura e uno dei capi della rivolta, è uscito da Westminster a metà mattinata e ha annunciato di aver "cambiato idea. Le nuove concessioni - ha detto Brown - offerte dal governo mi sembrano accettabili". Tanto accettabili da fargli fare l'incredibile retromarcia. O forse non c'era davvero nulla di nuovo (come ha detto Downing street) e Brown ha soltanto pensato che il voltafaccia potrà riservargli qualche promozione in futuro. Di certo ieri gli ha riservato la rabbia degli studenti che sono anche stati caricati dalla polizia. Il dibattito intanto si faceva rovente: decine di deputati laburisti si sono alzati per dire che avrebbero votato contro per non "tradire le promesse fatte in campagna elettorale" ma anche per non "rinnegare i valori tradizionali del Labour che si è sempre battuto per l'inclusione sociale, per una istruzione per tutti e non per i pochi che hanno i soldi per comprarsela". Durissimo il commento dell'ex ministra Clare Short che durante il dibattito ha detto che "rompere una promessa contenuta nel manifesto elettorale è un atto gravissimo e il governo ne pagherà le conseguenze".

Pesante, anzi dando un'occhiata ai numeri si può dire determinante, è stato il contributo del ministro del tesoro Gordon Brown (Nick Brown è un suo uomo) che ha chiesto ai "ribelli" a lui vicini se non di votare a favore almeno di astenersi. Chiarissimo il messaggio di Gordon Brown (che ha stretto un patto con Blair per succedergli a Downing street nella prossima legislatura) al premier: sono io, dice il ministro del tesoro, ad avere il potere di spostare voti per salvarti. Gli astenuti laburisti sono stati una trentina: tantissimi se si pensa che l'astensione non era nemmeno contemplata quando 155 deputati laburisti hanno presentato al governo il documento contrario alla legge. Oltre settanta quelli che invece hanno votato contro. Tra coloro che hanno cambiato idea all'ultimo minuto, votando con il governo, anche due deputati del Socialist and Democratic party nordirlandese (quello di John Hume) che hanno letteralmente salvato Blair. Assieme ai deputati scozzesi che hanno votato a favore della legge anche se in precedenza avevano detto che avrebbero votato contro. Le università scozzesi infatti non saranno toccate dalla nuova legge visto che, grazie al decentramento, spetta al parlamento scozzese decidere come e quante tasse dovranno pagare gli studenti che si iscrivono negli atenei di questa parte dell'isola.

La nuova legge propone di lasciare che siano le università a decidere quanto dovranno pagare gli studenti. Il governo si limita a fissare un tetto massimo: 3000 sterline l'anno (cioè circa 4500 euro). Gli studenti dovranno ripagare i debiti accumulati nella loro carriera universitaria dopo la laurea. Ieri sera dopo il voto le migliaia di studenti che attendevano davanti a Westminster hanno espresso tutta la loro rabbia, gridando slogan durissimi contro il governo e soprattutto contro quei deputati che hanno cambiato idea all'ultimo minuto.


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