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Manifesto: L'Università può attendere: speranza solo per 5 mila

Mussi annuncia «Le risorse sono limitate, nel triennio entrano massimo 5 mila precari». Ma in attesa sono 20 mila

21/06/2007
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il manifesto

L'Università può attendere: speranza solo per 5 mila
Mussi annuncia «Le risorse sono limitate, nel triennio entrano massimo 5 mila precari». Ma in attesa sono 20 mila
An. Sci.
Roma
Per quanto riguarda il governo, l'Università può attendere: per il momento - secondo quanto pianificato dall'ultima finanziaria - potranno entrare dai 3500 ai 5000 ricercatori, su un totale di 20 mila in attesa. In speranzoso stand by - poi - restano anche i precari degli enti di ricerca (almeno 10 mila) dislocati dall'Enea al Cnr, fino all'Istat. Le cifre dei possibili stabilizzandi le ha date ieri il ministro Fabio Mussi, nel corso di un intervento a un convegno della Flc Cgil: lamentando i tagli che ha dovuto subire finora il suo ministero - «sebbene necessari per il risanamento dei conti, obiettivo del primo anno di governo» - ma preannunciando una lotta per riguadagnare le posizioni già dall'attuale Dpef, quello che dovrebbe essere chiuso il 28 giugno.
«Io ancora non conosco il Dpef, ma confido di vederlo entro il 28», ha spiegato il ministro, con una nota di spirito che ha provocato l'ilarità del pubblico di ricercatori (la gran parte precari): «Chiederò di aumentare i fondi, ma credo che per la stabilizzazione dei 20 mila precari si dovrà fare un piano decennale. Entro il triennio, infatti, è possibile parlare di 5 mila».
Un po' pochini per la Cgil, che ancora ieri, con il segretario della Flc Enrico Panini, chiedeva sì la stabilizzazione dei 20 mila universitari, ma possibilmente già entro il triennio. Senza contare i 10 mila precari degli Enti di ricerca, per i quali ugualmente si aspetta risposta entro la fine della legislatura. Inoltre, tanto per citare un'urgenza immediata, Panini ha ricordato come la Flc abbia scritto una lettera alla presidenza del consiglio per chiedere lo sblocco dei fondi del Prin (Progetti di ricerca nazionale): «Rappresentano la principale voce della ricerca pubblica, si rischia di bloccare Università ed Enti. Sono 160 milioni che il ministero dell'Economia non ha ancora sbloccato, ma c'è tempo solo fino al 30 giugno. Infatti i fondi sono vincolati alla verifica della norma sul Tfr».
Mussi, comunque, ha spiegato di vedere già spacciati gli obiettivi di Lisbona: «Si parla del 2% del Pil da investire nell'Università e il 3% nella Ricerca entro il 2010: vorrebbe dire stanziare 45 miliardi nelle finanziarie dei prossimi 4 anni, obiettivo che ritengo francamente irrealizzabile. Piuttosto, mi accontenterei di portare l'Italia sulle medie Ocse: 1,2% università e 1,5% ricerca. Piano che costerebbe 12 miliardi nei prossimi 4 anni».
E mentre gli altri paesi ci superano senza battere ciglio (i grossi stati Ue centreranno gli obiettivi di Lisbona; Spagna e Russia incrementano gli investimenti rispettivamente del 30% e del 15% ogni anno), noi al solito restiamo fanalino di coda. L'Italia - ha ricordato ieri Panini - spende solo lo 0,7% del Pil in ricerca pubblica. «Il Dpef 2008 tenga conto di questi numeri e inverta la rotta: si programmino percorsi per i 30 mila precari in attesa e si affronti l'emergenza salariale. Le retribuzioni di chi fa ricerca restano troppo basse».
Tra gli interventi dei ricercatori, segnaliamo quello di Claudio Franchi, dell'Università di Napoli: «Il ricercatore passa da un cococò a un assegno, da una borsa a 6 mesi di lavoro gratis: si deve tener conto di tutto il percorso, e non stabilizzare solo in base all'ultimo contratto». E ha concluso: «Ora siamo "fantasmi della ricerca", ma presto potremo essere "i morti" della ricerca: ma morti-viventi, vi verremo a prendere ovunque». Mussi, seduto in prima fila, ha sorriso.


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