Manifesto-L'università dei sogni di Letizia
L'università dei sogni di Letizia Il ministro esige efficienza: aule nuove, laboratori funzionanti, professori adeguati al numero degli studenti, alto numero di laureati. Ma di investire soldi non ...
L'università dei sogni di Letizia
Il ministro esige efficienza: aule nuove, laboratori funzionanti, professori adeguati al numero degli studenti, alto numero di laureati. Ma di investire soldi non se ne parla, anzi: chi non ce la fa perderà i finanziamenti. Risultato: meno qualità didattica e tasse più alte per gli studenti
CINZIA GUBBINI
ROMA
Il ministro Moratti non va mai in vacanza. Così, il 3 luglio, ha inviato a tutti i rettori italiani e al Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu) le nuove linee guida per un'università efficiente, che determineranno nell'anno accademico 2005-2006 la vita o la morte delle facoltà che non rispettano i parametri morattiani. Gli obiettivi individuati sono: "ridurre i tassi di abbandono; aumentare il numero degli studenti attivi; ridurre i tempi necessari per il conseguimento del titolo di studi; rafforzare la coerenza tra formazione erogata e fabbisogni del mercato del lavoro; aumentare la mobilità nazionale e internazionale degli studenti e dei docenti". Fin qui, l'università dei sogni. Ma passiamo agli strumenti: perché per creare un sistema universitario siffatto in presenza di una cronica mancanza di finanziamenti, c'è n'è da inventare. I riferimenti principe rimangono quei "requisiti minimi", individuati dal Comitato di valutazione.
Che cosa prevedono? Innanzitutto un numero definito di insegnanti per studenti. Ad esempio: nei corsi di scienze matematiche dovrà esserci un professore ogni 75 studenti al massimo. Il numero cresce nel caso delle facoltà umanistiche. Ancora: la capienza delle aule universitarie dovrà essere adeguata agli iscritti al primo anno di corso. Dovrà esserci un tutor ogni 20 o al massimo 40 iscritti. E poi: effettiva disponibilità e fruibilità di "strutture appropiate". E, infine, il bastone: dall'anno accademico 2005-2006 i finanziamenti verranno distribuiti in base ai risultati di processo, e cioè "percentuale di abbandoni dopo il primo anno di iscrizione; percentuale di immatricolati che nell'anno di prima iscrizione non hanno ottenuto un'adeguata percentuale di crediti; percentuale di laureati nel limite della durata del corso, aumentata di un anno; percentuale di occupati ad un anno dal conseguimento del titolo, in relazione al contesto". La valutazione degli atenei viene affidato al Comitato nazionale di valutazione, che dovrà monitorare il risultato conseguito dai corsi di laurea. "La lettera del ministro è un fatto importante - afferma uno dei membri del Comitato, il professore dell'Università di Catania Alessandro Corbino - anche se bisogna tener conto che i risultati, nel sistema universitario, sono sempre e solo di lungo periodo. Basti pensare che la liberalizzzione delle iscrizioni, avvenuta nel `69, ha dato i primi risultati nell'80! Per quanto riguarda i risultati nell'inserimento lavorativo, bisogna fare ugualmente attenzione. E' un compito difficile, il mercato del lavoro è complesso, mobile, un corso di laurea ha un ciclo di cinque, sei anni, e nel frattempo cambiano le condizioni. Per questo le facoltà dovrebbero imparare ad essere flessibili. Non lo sono, ma è una questione soprattutto culturale che richiede tempo per cambiare".
Di tempo il ministro, ne dà pochino: due anni. Ma sorgono anche altre considerazioni. Intanto, quale potrà essere l'effetto perverso di inserire una logica di stretta produttività a un contesto di produzione culturale come l'università? Per esempio, che le facoltà inizieranno a promuovere chiunque e a far laureare chiunque, pur di ricevere i finanziamenti. E, a parte questo, come faranno gli atenei a rispondere agli standard richiesti, visto che non hanno un euro? Chi glielo va a dire alle molte università italiane, che entro due anni sarà necessario dotarsi di aule "europee"? Considerando la sola Roma, nell'ultima settimana abbiamo assistito: alla proposta del senato accademico di Tor Vergata di aumentare ulteriormente le tasse e alla decisione da parte delle facoltà di Scienze della comunicazione di sospendere le iscrizioni per il prossimo anno, vista l'inadeguatezza delle strutture. Gli studenti di Comunicazione hanno occupato la presidenza della facoltà dichiarando: "Il problema non è certo degli studenti". Come sempre, il ministro-manager stabilisce standard impeccabili, ma non valuta la soddisfazione dello studente-utente. Se il ministro Moratti ambisce a un sistema universitario europeo, perché non si pone il problema di investire nell'università tanto quanto investe l'Europa, invece di minacciare ulteriori tagli di fondi? "I punti individuati dal ministro sono dei prerequisiti di qualità - osserva Cristiano Violani, membro del Nucleo di valutazione dell'ateneo La Sapienza - che per essere raggiunti in molte università e in molti corsi di laurea richiedono risorse adeguate".