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Manifesto: L'ordine a Maroni: «Trova il modo per far finire le proteste»

«E' un grave errore inasprire lo scontro sociale nel Paese, specie quando si discute di riforme che diritti fondamentali come l'istruzione e il lavoro», dice il segretario del Silp-Cgil Claudio Giardullo.

23/10/2008
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il manifesto

Carlo Lania

ROMA

«Le lezioni dovranno essere garantire, trova tu il modo per farlo». E' pomeriggio ormai inoltrato quando a palazzo Grazioli Silvio Berlusconi si rivolge a Roberto Maroni spiegandogli cosa si attende da lui. Le polemiche sollevate dalla sua promessa di far intervenire la polizia nelle scuole e nelle università occupate non accennano minimamente a spegnersi, ma incurante di tutto il premier spinge nella volontà di mettere a tacere chi contesta la riforma Gelmini. Ed è proprio quello che spiega al ministro degli Interni, convocato d'urgenza insieme al sottosegretario Alfredo Mantovano. Un primo risultato è il vertice che si terrà oggi pomeriggio al Viminale presieduto dallo stesso Mantovano con i vertici della polizia per valutare, spiega una nota, «i rischi per la sicurezza e per l'ordine pubblico derivanti da eventuali forme violente di protesta».
Mano dura, dunque. E' la conferma che per Berlusconi la linea tracciata a Napoli, quando annunciò che non avrebbe tollerato manifestazioni contro l'apertura delle discariche, si può applicare anche a studenti e maestre in rivolta, senza andare troppo per il sottile. Nell'incontro di palazzo Grazioli il premier avrebbe stemperato un po' i toni affermando di non voler impedire il diritto di chi si oppone a manifestare, ma avrebbe anche sottolineato di voler permettere a chi invece vuole seguire le lezioni di farlo. E ha citato il solito sondaggio, sconosciuto ai più, secondo il quale la maggioranza degli studenti, quantificabile tra il 60-70%, sarebbe favorevole alla riforma. «A loro deve essere permesso di studiare», ha detto.
Uno dei problemi che il vertice del Viminale dovrà sbrogliare sarà proprio questo: trovare un modo per garantire il proseguimento delle lezioni, attraverso una scappatoia che probabilmente non potrà che essere normativa. Anche perché è probabile che Maroni abbia spiegato al premier che interventi di altro tipo, sia nelle università che nelle scuole non sono praticabili, visto che le forze dell'ordine non possono entrare senza essere chiamate da rettori e presidi. E, per adesso, almeno i primi si sono già detti contrari alla sola idea.
C'è poi più di un aspetto politico da affrontare. Il primo riguarda proprio Maroni. Il titolare dell'ordine pubblico è lui, ma ieri è stato scavalcato senza troppi complimenti da Berlusconi che gli ha spiegato cosa fare. Atteggiamento che non è detto il ministro leghista abbia gradito. Il secondo aspetto riguarda invece i toni da America latina utilizzati dal premier. Le manifestazioni di questi giorni non hanno certo avuto un carattere violento, anche tenuto conto degli scontri avvenuti martedì a Milano. E far passare come un pericolo per la società proteste che hanno per protagonisti studenti, professori, maestre elementari e ricercatori universitari ce ne corre. Il rischio di creare un clima esageratamente e inutilmente esasperato è quindi grande, al punto che al Viminale si fa notare come non sia interesse di nessuno alzare troppo il livello dello scontro.
Del resto dubbi sulla scelta di calcare la mano arrivano anche dall'interno delle stesse forze dell'ordine: «E' un grave errore inasprire lo scontro sociale nel Paese, specie quando si discute di riforme che diritti fondamentali come l'istruzione e il lavoro», dice ad esempio il segretario del Silp-Cgil Claudio Giardullo.


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