Manifesto: L'impronta del razzismo
Parla Moni Ovadia: «In piazza contro la schedatura dei rom. È dall'insicurezza sociale che nasce il male»
Giacomo Russo Spena
Domani sarà in piazza a Roma per offrire le sue impronte digitali alla campagna a favore dei rom e sinti. Vorrebbe poi fare il bis, a luglio, con una marcia antirazzista nazionale, che sta provando a promuovere insieme ad alcune associazioni. Dalla nascita del decreto sicurezza del ministro Maroni, Moni Ovadia, artista teatrale d'origine ebraica, si è battuto per contrastare un provvedimento che, dice, «si può definire in una sola maniera: razzista». Contro il quale chiede «una mobilitazione permanente».
Ma se qualcuno parla di razzismo di massa, Ovadia ribatte: «Il razzismo è una latenza, resta sotto controllo solo quando c'è una robusta fibra democratica. In una società sana la roba delle impronte digitali avrebbe creato proteste inaudite. E invece no. Il problema è che in Italia non c'è mai stata una vera defascistizzazione. C'è stata, ma solo formale». La Germania, spiega, ha fatto un altro percorso con il proprio passato: «Da noi il giorno del ricordo delle foibe è stato sancito prima che un qualsiasi politico avesse chiesto scusa per i massacri commessi contro gli slavi, i greci, gli albanesi e gli africani. Anche il peso delle leggi razziali oggi non lo sente nessuno».
Proprio i provvedimenti del '38 contro gli ebrei fanno nascere la polemica all'interno dell'associazionismo. Il richiamo al passato per qualcuno è un'esagerazione, oggi ipotizzare un altro Olocausto è fantascienza. «Non sono cretino da non capirlo - esclama Ovadia - ma dietro il decreto sicurezza c'è la stessa ideologia, simbolicamente è gravissimo». E poi invita la comunità ebraica a prendere una posizione meno timorosa contro un provvedimento «aberrante» che fa leva su pregiudizi discriminatori: «Roba da vecchi mondi, quelli ottusi e paurosi del diverso». Per un paese che per almeno 50 anni di storia, a cavallo tra l'800 e il 900, ha conosciuto l'emigrazione. Quasi 27 milioni abbandonarono l'Italia, molti diventarono clandestini. «Oggi invece discriminiamo i migranti - afferma l'artista - senza capire il loro disagio, che sono una risorsa per il paese. Facciamo gli wasp dell'Europa. Che vergogna». Con il ministro Maroni che interviene con provvedimenti «demagogici» e «populisti», «come i militari per le strade», per alimentare l'industria della paura. Quella che, per Ovadia, fa percepire una diffusa insicurezza alla popolazione. Vede anche nei media uno dei principali responsabili: «Il sistema mediatico è spaventoso, genera paure, forma e deforma le coscienze. Non c'è nulla di informazione anglosassone, quella spietata. E questo centrodestra riesce sempre a manipolare la verità».
Le televisioni dettano l'agenda politica del parlamento. Quasi una campagna mediatica che dà rilevanza a qualsiasi atto criminale di un rom, suscita reazioni popolari, giustifica nuove leggi. È la stessa destra ad ammettere il meccanismo, affermando di legiferare in modo «di dar risposta alle richieste di sicurezza del popolo».
E il sistema televisivo è in mano a Berlusconi, ragiona Ovadia, lo era saldamente «anche quando stava all'opposizione». Lo stesso centrosinistra per due volte al governo non ha voluto toccare il nodo del conflitto d'interessi. «Così i demagoghi sono riusciti a catturare le persone meno preparate, che non possiedono gli strumenti critici per difendersi», continua l'artista. «Qui il problema è l'insicurezza sociale», aggiunge. La precarietà diffusa in tutti gli strati della vita, i salari e le pensioni basse che impediscono di arrivare a fine mese. E se prima si parlava di terza settimana, ora Ovadia osserva: «Intere fasce della popolazione non arrivano neanche alla seconda». E intanto il governo sbandiera il tema della famiglia, coi giovani, «i bamboccioni» di Padoa Schioppa, sempre più in difficoltà nel costruirsi un futuro.
In tutto questo dov'è la sinistra? «Divisa tra chi insegue il centro e le politiche della destra e chi è diventata autoreferenziale. Senza riuscire più a capire la società moderna». Con il tema della cultura sempre «sottovalutato»: «Al massimo fanno notti bianche, ma bisogna investire sulla cultura permanente». Come ha fatto il premier spagnolo Zapatero in Spagna, che ha stabilito che ogni provincia con più 200 mila abitanti dovesse aprire un auditorium con un'orchestra stabile. Ne ha aperti cinquanta. E sono pieni. Invece Ovadia teme che si imiti il modello francese, «un disastro», con i partiti cosiddetti radicali che hanno «un ruolo folkloristico». Con la destra che intanto continua a governare. «Se ne esce solo creando un fronte serio basato su una serie di pilastri - afferma - non punti rivoluzionari basterebbe appellarsi alla Costituzione e ai diritti umani universali». In modo da coinvolgere tutte le persone di buon senso. E l'inizio potrebbe essere la piazza, la creazione di un'opposizione sociale.
Intanto si appresta a manifestare anche martedì, contro le «leggi canaglia» sulla giustizia di Berlusconi. «Solo lui riesce a parlare di sicurezza, demolendo poi la legalità. Due termini sinonimi, che vanno a braccetto. È un truffatore». Ma nella mobilitazione dell'8 Ovadia cercherà, come faranno molti esponenti di sinistra come Ferrero e Diliberto, di segnare un no al provvedimento di Maroni: «Protesterò anche a piazza Navona per l'ignobile schedatura dei rom».