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Manifesto-L'esempio dei precari francesi

RICERCA L'esempio dei precari francesi Ricercatori, docenti, tecnici e amministrativi sfileranno per "fermare la guerra all'intelligenza" PEPPE ALLEGRI * Il flebile movimento e l'ancor più evan...

23/04/2004
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il manifesto

RICERCA
L'esempio dei precari francesi
Ricercatori, docenti, tecnici e amministrativi sfileranno per "fermare la guerra all'intelligenza"
PEPPE ALLEGRI *
Il flebile movimento e l'ancor più evanescente dibattito pubblico che solo stentatamente si sono aperti negli ultimi due mesi intorno al mondo dell'università e della ricerca testimoniano della difficoltà di articolare un discorso comune sulla questione della formazione e trasmissione dei saperi. Probabilmente perché ampi settori dell'accademia e della ricerca (anche precaria, e questo è assai doloroso) non hanno interesse a rimettere in discussione un sistema che definire indifendibile è un eufemismo, mentre gli ambiti sindacali dello stesso settore solo timidamente fanno qualche passo ulteriore, ma spesso non si sa neanche in quale senso vadano. Al contempo il ceto politico della cosiddetta opposizione parlamentare quando non appare supinamente appiattito sul portare a termine il processo di destrutturazione delle università avviato con Zecchino-Berlinguer (e ora incanalato in una ragionevole modifica-integrazione del Moratti-pensiero), è del tutto incapace ad articolare un proprio discorso sull'intero sistema di formazione e ricerca. Di fronte a un quadro così deprimente le vie di fuga sembrano sprangate, soprattutto se si persiste solo con questi interlocutori. E' per questo che varrebbe la pena giocare l'opzione di aprire inequivocabilmente le lotte per la ridefinizione dello statuto dei saperi (qualora si vogliano realmente fare) alle intelligenze dell'opinione pubblica critica dei movimenti sociali e mettere in corto circuito le questioni della conoscenza con le forme di attivismo innescate contro il "pensiero unico della precarietà a vita". L'esempio vincente francese deve darci qualche stimolo in più, senza facili ottimismi, perché lì si è dispiegato il movimento degli intermittenti, la capacità di mobilitazione dei ricercatori (precari e non) è stata notevole, mentre da ultimo si è aggiunta la batosta elettorale delle regionali, che ha obbligato Raffarin a fare retromarcia.

Qui da noi non sembrano profilarsi sommovimenti partecipativi di immense dimensioni, né una sinistra istituzionale minimamente capace di intercettare il malcontento. C'è però l'occasione della EuroMayDay parade del primo maggio di Milano: lì i Precog (vale a dire precari delle grandi catene di distribuzione, dei call center, ecc.; e cognitari della formazione, conoscenza, comunicazione, ecc.) apriranno per il quarto anno consecutivo uno spazio pubblico di confronto. I "camici bianchi" della precarietà della ricerca incroceranno i mille colori del precariato sociale diffuso e l'iride no war dei movimenti globali contro la guerra. Questa scommessa di dialogo e lotte comuni delle diverse forme del precariato, dopo molti mesi di difficile confronto, troverà un punto di condensazione nel primo maggio milanese, che finalmente non sarà più quello "con noia" che cantavano i Cccp. Questa occasione dovrà essere un punto di partenza: da una parte data costituente europea dei movimenti sociali continentali che si lega al 15 febbraio 2003 e al 20 marzo dell'opinione pubblica critica globale; dall'altra la questione dei saperi potrebbe divenire l'anello di congiunzione per rivendicare nuovi diritti e un welfare locale-continentale, in cui le lotte per il reddito includono quelle per formazione, casa, sanità, ecc. Ecco i beni comuni per i quali lottare in questi mesi, sapendo che un ulteriore passaggio sarà la manifestazione del 15 maggio in cui l'intero settore della formazione (dalle scuole materne alle università) scenderà in piazza sulla spinta dell'autorganizzazione dei vari comitati no-Moratti.

* assegnista di ricerca


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