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Manifesto-In Statale non c'è spazio per gli studenti

In Statale non c'è spazio per gli studenti Dopo dieci giorni di occupazione, il Senato accademico non concede nemmeno un'aula. E gli universitari rimangono stretti tra l'incudine del governo e il m...

09/11/2005
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il manifesto

In Statale non c'è spazio per gli studenti
Dopo dieci giorni di occupazione, il Senato accademico non concede nemmeno un'aula. E gli universitari rimangono stretti tra l'incudine del governo e il martello degli accademici
GIORGIO SALVETTI
MILANO
"Ci serviva un'aula per cominciare a volare", questa è la scritta che campeggia sul corridoio della Statale. Ed è ancora questa, dopo dieci giorni di occupazione, la richiesta minima che gli studenti hanno avanzato al senato accademico dell'ateneo milanese. Il gesto più "estremo" compiuto dai ragazzi in dieci giorni di occupazione è stata qualche frase polemica sui muri vicini alla Cusl, la cooperativa gestita da studenti di Comunione e liberazione che da sempre gode di un'ottima posizione nell'atrio centrale. Le cinque aule autogestite invece sono già state restituite alla didattica, rimane solo un presidio nell'aula 102 per ottenere uno spazio permanente. Il Senato accademico, con un mossa acrobatica di pregevole equilibrismo accademico, ieri sera ha concesso lo spazio ma ne ha assegnato la gestione ai rappresentanti "eletti" degli studenti, ovvero piccoli burocrati studenteschi che nulla hanno a che vedere e che anzi si sono opposti all'occupazione. Ora gli occupanti dovranno studiare una contromossa. Intanto si mettono in discussione. Si rimproverano di non aver saputo coinvolgere quanto avrebbero voluto la sconfinata popolazione studentesca; un'autocritica lucida ma forse fin troppo severa, visto la quantità di iniziative che sono riusciti ad organizzare e tenuto conto che la loro occupazione ha interrotto un lungo periodo di sconsolante rassegnazione. Non accettano però che venga travisato il significato del loro impegno e che non venga riconosciuto il senso di responsabilità con cui hanno autogestito gli spazi occupati, quasi ossessionati dalla necessità di fare le pulizie e di mantenere la situazione sotto controllo. Alle parole del ministro Pisanu rispondono così: "Mette tutti nello stesso calderone, tutto ciò che si muove è giudicato pericoloso e chi non rimane imbambolato davanti al Grande Fratello finisce per essere visto come un facinoroso".

"Dov'è il ragazzo che l'altro giorno ha dormito di fianco alla cattedra? - chiede una ragazza dal look tutt'altro che trasandato - dobbiamo andare in laboratorio". E Lucia? "E' a lavorare", risponde una matricola della Bocconi che distribuisce i volantini. "In questi giorni abbiamo continuato ad essere studenti-lavoratori e in più ci siamo impegnati in questa cosa, come minimo ci meritiamo fiducia". Mentre parla continua a distribuire un testo che spiega cosa è stato chiesto al rettore: uno spazio permanente, un'assemblea aperta con studenti, ricercatori e professori, un impegno chiaro dell'Ateneo contro la riforma Moratti. Alcuni ragazzi le sfilano i volantini dalle mani, molti altri guardano e passano. "Indifferenza...", sussurra lei facendo il gesto di chi continua a sbattere la testa contro lo stesso muro. Dietro quell'indifferenza però cova in tutti un forte disagio. "Vorrei insegnare - sogna una ragazza di Lettere - ma altro che laurea breve, anche cinque anni di università non bastano, ce ne vogliono altri due di scuola di specializzazione. Mi passa la voglia, e poi dicono che siamo mammoni e che c'è la fuga di cervelli... Siamo condannati a continuare a studiare e arrabattarci tra un lavoretto e l'altro per troppi anni, per non parlare del problema della casa, specie a Milano...".

Come in un gioco di scatole cinesi, una volta alzata la testa per dire no alla Moratti, i 300 occupanti della Statale hanno cominciato a indagare le ragioni vere del loro disagio, a fare i conti con la disoccupazione intellettuale che in Italia ha più di un secolo; hanno imparato a stare uniti e a autorganizzarsi, hanno scoperto che la loro controparte prima di qualsiasi governo è il rettore Enrico Decleva e l'ambiguo atteggiamento dei loro professori. Ogni mattina i ragazzi si ritrovano in mano più di un quotidiano - i giornali adesso li leggono - sia quelli che li dipingono come pericolosi stupidini, sia quelli (pochissimi) che li esaltano come avanguardie ribelli: in ogni caso li giudicano e salgono in cattedra. Sulla cattedra dell'aula 102 invece ci sono due ragazze di vent'anni che scrivono cartelloni. Quindici anni di deserto danno un vantaggio agli studenti milanesi, non esistono più né buoni né cattivi maestri e il piccolo gruppo che è nato in questi giorni dovrà fare di testa propria per riuscire a non disperdersi, a dribblare i trucchetti delle istituzioni accademiche e a farsi spazio, con o senza aula.


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