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Manifesto-Il sapere prende la parola

IN PIAZZA Il sapere prende la parola MARCO BASCETTA Quella di oggi sarà, lo speriamo, una manifestazione appassionata e imponente. Ma, aldilà del numero di persone che saprà portare in piazza ...

25/10/2005
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il manifesto

IN PIAZZA
Il sapere prende la parola
MARCO BASCETTA
Quella di oggi sarà, lo speriamo, una manifestazione appassionata e imponente. Ma, aldilà del numero di persone che saprà portare in piazza e delle attenzioni che riuscirà a suscitare, è già un evento significativo quanto alla sua genesi. Non già un corteo convocato da un cartello di gruppi e organizzazioni, né il semplice sostegno a una specifica vertenza e nemmeno la testimonianza pubblica di un disagio diffuso nel mondo dell'istruzione. E' qualcosa che abbiamo visto crescere, arricchirsi di contenuti, di temi e di molteplici forme di espressione insieme con un movimento che ha spezzato il più che decennale, rassegnato silenzio che la razionalizzazione aziendalistica della scuola e delle università sembrava essere riuscita a imporre.

Universitari, studenti medi, ricercatori precari, docenti e diverse figure sociali che ruotano intorno al mondo della scuola e della cultura, scendono in piazza, certo in opposizione al ddl Moratti ma non solo.

E' l'idea stessa della formazione e della ricerca, della loro libertà e autonomia, ad essere in gioco. O, detto altrimenti, l'idea di come una società, la nostra, intenda proiettarsi verso il futuro. Se sotto il segno di un sapere sfruttato, ricattato e sottoposto ai calcoli costi/benefici voluti dal sistema delle aziende e assecondato dai pianificatori dello stato, oppure sotto quello della libertà dei singoli e di una ricchezza della cultura che ecceda la pura e semplice logica del mercato.

A questo movimento, che nella parcellizzazione taylorista della "fabbrica del sapere", nelle regole proprietarie che recintano la sfera della conoscenza, individua una minaccia che incombe sulla società nel suo insieme, una "guerra contro l'intelligenza" come fu appropriatamente chiamata in un famoso appello dell'intellettualità francese, bisogna guardare come a un fatto eminentemente politico.

E come tale farebbero bene a considerarlo le forze politiche italiane che di tutto questo, senza eccezione, sono state complici, guardandosi dalla tentazione di fare degli studenti una massa di manovra da spingere o frenare secondo le circostanze. Per questo suo stretto intreccio con la crescita di un nuovo articolato movimento, la manifestazione di oggi non può essere considerata come l'esito conclusivo di una mobilitazione, una conta, o una esibizione di forza da giocare poi sul tavolo della mediazione politica nella redistribuzione di risorse tra poteri politici e poteri accademici. Si tratta piuttosto di una tappa, di un passaggio nella trasformazione radicale del modo di vivere, apprendere, lavorare nella scuola e nell'università. La conquista di uno spazio e di un tempo propri, che non sono solo quelli della piazza e della sua effimera eco mediatica, ma la permanente, quotidiana, ripresa di controllo, praticata nei fatti e nello sviluppo di nuove abitudini, sui modi, gli scopi, le forme dell'apprendimento e del lavoro mentale.

La ministra Moratti dispone di una maggioranza parlamentare. Il suo disegno di legge può passare. E poi? La vita scolastica e universitaria è già oggi, da molto tempo, misera, frustrante e priva di prospettive, e allora? Oltre l'evento della piazza, è in una "occupazione" politica, sociale, collettiva, propositiva, di ogni spazio della formazione che una risposta può essere ricercata.


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