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Manifesto-Il ritorno della tortura

Il ritorno della tortura La Cbs mostra le foto di prigionieri iracheni seviziati dai militari Usa nel carcere di Abu Ghraib Elettroshock Detenuti nudi e incappucciati mentre i soldati americani si...

30/04/2004
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il manifesto

Il ritorno della tortura
La Cbs mostra le foto di prigionieri iracheni seviziati dai militari Usa nel carcere di Abu Ghraib
Elettroshock Detenuti nudi e incappucciati mentre i soldati americani si divertono a tormentarli con scosse elettriche
MICHELANGELO COCCO
Il generale Mark Kimmit c'ha dovuto mettere la faccia e tutta la sua eloquenza per convincere il pubblico americano a "non giudicare il nostro esercito in base alle azioni di pochi". In diretta tv, il vice-comandante delle operazioni militari in Iraq ha fissato la telecamera con sguardo contrito e ha provato a disinnescare la bomba delle immagini trasmesse l'altra notte dal network statunitense Cbs: prigionieri iracheni nudi, incappucciati, seviziati; soldati Usa che, mentre li torturano, se la ridono e alzano i pollici come a dire "è tutto ok". "Sono cose sbagliate ma che non rappresentano i 150.000 soldati che sono in Iraq", ha detto con voce ferma Kimmit. Tra i "pochi" che potrebbero pagare per quelle immagini c'è Janice Karpinsky, 50 anni, unico generale donna in Iraq, responsabile dei centri di detenzione, già sospesa dalle sue funzioni in gennaio, dopo che sei soldati americani erano stati formalmente accusati di maltrattare prigionieri. L'inchiesta è nata quando un soldato ha consegnato a un comandante alcune delle "foto dell'orrore" regalategli da un commilitone. "Ci sono delle cose che succedono lì che non posso più sopportare", avrebbe detto al suo superiore consegnandogli le immagini. La trasmissione "60 minutes II" ne ha mandate in onda alcune, assicurando che sono state scattate alla fine del 2003 nel carcere di Abu Ghraib di Baghdad, dove la polizia militare statunitense detiene circa 10.000 iracheni. In uno scatto si vede un prigioniero incappucciato, in piedi su una pedana, e alle cui mani sono legati dei fili, presumibilmente elettrici. Secondo le testimonianze raccolte dalla Cbs, al detenuto sarebbe stato detto di rimanere in piedi, immobile; in caso contrario sarebbe stato punito con scariche elettriche. Un'altra foto ritrae un gruppo di prigionieri nudi, accatastati, messi l'uno sull'altro a formare una piramide umana: sullo sfondo due soldati statunitensi sorridenti salutano e alzano i pollici. Alcune immagini poi ritraggono umiliazioni sessuali, con i genitali dei prigionieri coperti dal tipico "retino" che si usa per non turbare gli spettatori. Dopo aver visionato le immagini Bill Cowan, un ex colonnello dei marine con una lunga esperienza di interrogatori, ha dichiarato alla Cbs: "Ho visitato Abu Ghraib un paio di giorni dopo che l'avevamo liberato, è il posto più orribile che abbia mai visto. Ho riflettuto, se c'è una ragione per sbarazzarsi di Saddam Hussein questa è Abu Ghraib".

"Siamo entrati in Iraq per impedire che cose simili avvenissero ancora - ha concluso Cowan - e invece adesso stanno succedendo sotto la nostra tutela". Se confermate, le torture costituirebbero una patente violazione di numerose disposizioni della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra, a cominciare dal suo articolo 13 che prescrive che "i prigionieri di guerra devono essere trattati sempre con umanità". Che il dirittto internazionale fosse indigesto per i membri dell'amministrazione statunitense lo avevano già fatto capire le gabbie di Guantanamo, dove circa 600 prigionieri sono detenuti senza alcun diritto.

Ma le immagini delle sevizie di Abu Ghraib potrebbero avere un forte impatto sulla resistenza irachena, alimentando il sentimento d'umiliazione, l'odio e la sete di vendetta nei confronti degli occupanti. E non convincono le parole di uno dei militari ritratto nelle foto che, intervistato dalla Cbs, si è così difeso: "Non avevamo alcun tipo di direzione né addestramento". Più dignitosa la dichiarazione di Kimmit che ha concluso: "Se non possiamo fornire l'esempio di come si trattano dignitosamente e con rispetto le persone, allora non possiamo chiedere alle altre nazioni di rispettare i nostri soldati".


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