Manifesto: Il mio amico Lodovico: dal '68 al Berlusca. Poi conosce i precari e rispolvera l'eskimo
Si stanno allevando generazioni di cittadini in cui il solo mondo che vale è quello che gira intorno a loro, cittadini che non danno valore ai beni comuni, agli spazi pubblici, cittadini democraticamente inaffidabili
Sergio Marzocchi*
Un mio caro amico, Lodovico, ha compiuto 58 anni l'anno scorso, avendo versato 35 anni di contributi, decide di var valer il suo diritto alla pensione. Contemporaneamente desiderava però usufruire degli incentivi per rimanere a lavorare; con poco entusiasmo da parte dell'azienda gli viene accordato un anno di lavoro «incentivato». Sei mesi prima della scadenza del contratto annuale, due mesi fa, viene chiamato dal responsabile delle risorse umane che gli comunica che l'azienda preferirebbe non rinnovargli il contratto, l'impresa è anche disposta a aumentare considerevolmente la sua buonuscita. Lodovico accetta. Gli verranno affiancati due nuovi assunti a cui lui dovrà passare le consegne.
I nuovi sono due ingegneri, uno di trenta anni e uno di ventinove, selezionati fra decine di curriculum che arrivano all'ufficio personale della grande e prestigiosa azienda fiorentina dove lavora (ancora per poco) il mio amico.
Dovete sapere che Lodovico è stato comunista fino alla seconda metà degli anni ottanta, poi si è fatto conquistare dalla «deregolation» reganiana e dallo «yuppismo» craxiano, diventando un qualunquista preso solo dalla carriera, simpatico ma qualunquista. Verso la metà degli anni novanta, dopo aver sorpreso due albanesi a rubargli dentro casa, si è buttato nettamente a destra. Liberismo come religione economica, competizione e meritocrazia erano i suoi valori mentre faceva un po' di carriera che lo portava a dirigere uffici sempre più importanti. Come liberista di destra era un po' meno attaccato alla famiglia e anche alla patria, d'altra parte gli piacevano le donne e poi, per lui, la nazione Italia cominciava a Milano e finiva a Grosseto. Ha vissuto questi ultimi dieci anni coccolato dal berlusconismo-bossista, come dice lui.
Da quando gli hanno detto che non c'è più bisogno di lui in azienda, Lodovico ha cominciato però a rielaborare le sue scelte ideali. Anche perché, a sentire parenti e amici, pare davvero che quelli della sua età sono ormai considerati dei ferrivecchi un po' da tutti. Eppure Montezemolo e la Confindustria rompono continuamente le scatole con l'innalzamento dell'età pensionabile. Vuoi vedere che anche questi predicano bene e razzolano male? Ha cominciato a pensare Lodovico.
L'altra sera ci siamo incontrati per il solito aperitivo, l'ho trovato sconvolto, e il motivo stava nel fatto che aveva scoperto le norme contrattuali che legano i due giovani ingegneri cui lui sta facendo da tutor. Ecco i termini del contratto: assunzione per un anno a novecento euro netti mensili, trascorso un anno, solo uno dei due avrà il rinnovo del contratto, anche se solo per un altro anno. Il dirigente dell'ufficio risorse umane è stato chiaro, c'è posto solo per uno. Il più giovane viene dalla Puglia e paga trecentocinquanta euro per un posto letto. Tutto normale, dico io al mio amico: che c'è di strano? L'azienda ti sostituisce con personale qualificato e si preoccupa di formare e di scegliere il migliore. Il mio amico si è intristito e indignato, riesce sempre a sorprendermi per la sua versatilità, ha mostrato una grinta come quando era comunista. Mi racconta come si sia instaurato un clima di guerra permanente fra i due giovani ingegneri, tensioni che coinvolgono anche tutti gli altri dell'ufficio. Lavorano dieci ore al giorno, sabato compreso, si parlano a fatica, ognuno cerca di fregare il prossimo con ogni arma possibile. Sono arrabbiati con il mondo già alle otto di mattina. Caspita, mi dice Lodovico, anch'io per far carriera ho pestato piedi a qualcuno, ma c'erano limiti che nessuno valicava, c'erano garanzie e diritti minimi per tutti, potevi perdere l'amicizia di un collega, potevi smettere di giocare a tennis con colui con cui concorrevi per la promozione, ma in gioco non c'era mai il posto di lavoro, male che ti andasse continuavi a fare quello che facevi..
Cerco di ragionare con Lodovico e gli dico che penso che lui è depresso perché sta per lasciare il suo amato lavoro. No, mi sbaglio, dice che non vede l'ora di andare definitivamente in pensione, ha capito che tutto è cambiato così in fretta, ha capito che la sana competizione fra i meriti è diventata puro e semplice egoismo. E il bello, mi dice sempre Lodovico, è che questo non avviene fra i funzionari e i quadri aziendali, sta succedendo anche per le mansioni più dequalificate. Ormai il recinto dell'azienda è ridotto a spazio competitivo per la sopravvivenza del contratto a tempo o dell'incarico a progetto. Ma non è solo il cancro della precarietà che distrugge il mondo del lavoro: è che si stanno affermando stili di vita in cui predomina solo l'interesse personale. Si stanno allevando generazioni di cittadini in cui il solo mondo che vale è quello che gira intorno a loro, cittadini che non danno valore ai beni comuni, agli spazi pubblici, cittadini democraticamente inaffidabili. L'egoismo come unica forma di difesa accessibile, l'individualismo esasperato unico recinto protettivo disponibile: la solitudine sociale sta marcando in modo indelebile i comportamenti dei singoli.
Vuoi vedere che il mio amico Lodovico sta rielaborando il suo passato e, a quaranta anni dal fatidico '68, capace che rispolvera idealmente anche il suo eskimo verde e si rimette a sognare una società nuova e più giusta?
Vuoi vedere!?
*Barberino Val d'Elsa (Fi renze) - marzocchi.sergio@libero.it