Manifesto: «Il governo ci ripensi, la partita non è chiusa»
Intervista a Danilo Barbi, Cgil Emilia Romagna
Manuela Cartosio
Danilo Barbi, segretario della Cgil del'Emilia Romagna, è un tipo posato. Non è un radical, sta con la maggioranza di Epifani, non è entrato nel Pd. E' uno dei 92 che nell'ormai famoso direttivo di lunedì notte ha votato per il sì all'accordo su previdenza, mercato del lavoro e competitività. Un sì «sofferto» il suo, diviso tra «senso di responsabilità» e forte irritazione per la «grave scorrettezza» del governo che in zona cesarini ha tirato fuori un testo peggiorativo sul mercato del lavoro. Origina da qui lo scambio di lettere, ancora in fieri, tra Epifani e Prodi.
La risposta di Prodi era ampiamente scontata: il protocollo va firmato per intero, non per parti. Dunque, perché Epifani glielo ha chiesto?
Per stanare il governo su questioni per noi non formali, per produrre un effetto. La Cgil informa il governo che pur aderendo all'accordo nel suo complesso si ritiene libera di fare tutto quello che valuterà opportuno per modificarlo e migliorarlo. In particolare su due punti: contratti a termine e straordinari. Non è che accettiamo soffrendo e basta. Il messaggio politico è che la Cgil non considera chiusa la partita.
Se un accordo contiene «porcherie», obietta la sinistra Cgil, non si firma.
Nell'accordo coesistono cose positive e cose negative. Respingerlo in blocco equivarrebbe a regalare ad altri quelle positive. La diluizione in tre scalini dello scalone previdenziale è comunque meglio della legge Maroni. L'aumento delle pensioni minime, per quanto contenuto, c'è. Nella notte di lunedì ci siamo trovati di fronte a un dilemma. L'abbiamo risolto confermando il sì all'accordo, riservandoci di dare battaglia sui punti per noi più indigesti.
Come si concretizzerà questa battaglia?
Decideremo a settembre quali iniziative prendere per esercitare la massima pressione quando i provvedimenti arriveranno in parlamento. Mi pare che l'ala sinistra della maggioranza la pensi come la Cgil e oggi (ieri, per chi legge) ha fatto presente a Prodi che alcuni punti dell'accordo dovranno essere migliorati in parlamento.
Lo scenario che delinei per l'autunno esclude la possibilità che sull'accordo si faccia una consultazione unitaria dei lavoratori.
Non vedo perché. La Cgil darà comunque indicazione per il sì all'accordo e, contemporaneamente, cercherà di migliorarlo.
Cisl e Uil obietteranno che il doppio registro della Cgil impedirà la consultazione unitaria.
Spero di no. Di certo, noi la consultazione la faremo.
La Cgil è in grande difficoltà. Cosa ha sbagliato nella trattativa?
Sempre si può fare di più e meglio. La sinistra interna e la Fiom rimproverano alla Cgil di non aver mobilitato i lavoratori. Faccio notare, senza tracotanza, che neppure i metalmeccanici sono riusciti a mettere in campo un'ora di sciopero unitario su scala nazionale.
C'è un altro rimprovero e suona così: la Cgil si è cullata nell'illusione, e nel vecchio vizio, del governo amico e si ritrova scornata e con le ossa rotte. La nascita del Partito democratico ha fatto precipitare il tutto.
Indubbiamente la nascita del Pd ha pesato parecchio sulla trattativa. Da un partito che dichiara d'essere equidistante da capitale e lavoro un sindacato non ha da aspettarsi nulla di buono. Nella trattativa più che equidistanti nel Pd hanno fatto a gara a chi era più vicino a Confindustria. Il programma dell'Unione, di fatto, non esiste più, non è più un punto di riferimento per il governo. Qui ammetto un errorre della Cgil: negli ultimi mesi non abbiamo colto la prepotente virata centrista del governo. Se in parlamento il governo blinderà l'accordo con il voto di fiducia lo strappo con la Cgil sarà consumato per intero. Colgo in Prodi qualche segno di ripensamento, ma è ancora insufficiente.
Sergio Chiamparino dice che con il Pd un sindacato unico basta e avanza.
Lo dice da quando è crollato il muro di Berlino. Il punto è che il sindacato unico che piace a lui ha le idee della Cisl. Permetterà alla Cgil di non essere d'accordo.