Manifesto: Il bavaglio del governo
«Oscurare i siti violenti e impedire le contestazioni ai comizi». Il ministro Maroni annuncia nuove misure per bloccare il dissenso. Ma deve fare i conti con la Costituzione
Carlo Lania
ROMA
Oscuramento dei siti ritenuti violenti, divieto di partecipare a manifestazioni politiche per chi in precedenza è stato fermato dalle forze dell'ordine e stop alle contestazioni durante i comizi. Il governo approfitta dell'aggressione compiuta a Milano da Massimo Tartaglia contro il presidente del consiglio per mettere il bavaglio al dissenso. Nel mirino del ministro degli Interni Roberto Maroni ci sono sia la piazza virtuale di internet, che quella reale, dove in futuro se non impossibile sarà certamente più difficile effettuare contestazioni durante un comizio o una manifestazione sia politica che sindacale. Provvedimenti annunciati ieri alla Camera dal titolare del Viminale e sui quali in queste ore sono al lavoro i tecnici del ministero con l'obiettivo di presentare le nuove norme in tempo per il consiglio dei ministri di domani. «Sono misure che stiamo valutando per garantire ai cittadini e a chi ha compiti istituzionali di poter svolgere tranquillamente la propria azione», ha spiegato Maroni pensando forse non solo alle contestazioni ricevute sabato da Berlusconi prima di essere aggredito da un folle, ma anche a quelle ricevute dal sindaco Letizia Moratti il 12 dicembre durante le celebrazioni per il quarantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana.
Misure che però, come Maroni sa bene, richiedono un lavoro attentissimo visto che rischiano di contrastare con quanto previsto dalla Costituzione in fatto di libertà di espressione e di circolazione dei cittadini. E infatti dall'opposizione non mancano reazioni preoccupate all'annuncio del Viminale. «Attenzione a non cadere nella censura», avverte ad esempio il senatore del Pd Vincenzo Vita, ex sottosegretario alle Comunicazioni, che ricorda a Maroni come, per quanto riguarda Internet, «oscurare intere piattaforme di comunicazione sia praticamente impraticabile» proprio perché in contrasto con la Costituzione. E contro provvedimenti definiti «illiberali» interviene anche Pierferdinando Casini. «Le leggi esistenti già consentono di punire le violazioni - dice il leader dell'Udc -. Negli Usa Obama riceve intimidazioni continue su Internet, ma a nessuno viene in mente di censurare la Rete».
Internet. Il governo guarda con preoccupazione a quanto avviene dentro la rete e in particolare a quanti, sia su Facebook che su altri siti e social network, hanno inneggiato al gesto sconsiderato di Tartaglia. L'idea è quella di intervenire per impedire l'apologia di reato oscurando i siti. Una misura che il governo intende estendere anche a Indymedia, il network globale antagonista che che sulla sua pagina locale lombarda ha pubblicato alcuni post dedicati proprio a Tartaglia. Siti che la polizia postale sta già indagando e per i quali già nei prossimi giorni potrebbero essere adottati dei provvedimenti.
Ma il tentativo di mettere il bavaglio alla piazza virtuale potrebbe risultare meno facile di quanto si pensa, proprio per i suoi risvolti costituzionali. «Valuteremo le misure nel prossimo consiglio dei ministri», ha ripetuto Maroni. Un modo per raggiungere lo scopo potrebbe essere quello di resuscitare un vecchio emendamento presentato al disegno di legge sulla sicurezza dell'Udc Giampiero D'Alia. Il testo, poi bocciato, prevedeva che in caso di «accertata apologia di incitamento», il ministero degli Interni potesse ordinare con un decreto ai provider di bloccare l'attività dei siti incriminati. Una possibilità che, Costituzione permettendo, potrebbe valere per i fornitori italiani, ma del tutto inutile con quelli stranieri. Va detto comunque che questa attività di filtraggio viene già svolta dalla polizia postale, che possiede una blacklist di siti che contengono materiale pedopornografico o che propongono il gioco d'azzardo, anche se non sono registrati in Italia.
Manifestazioni politiche. Dalla Rete alla piazza reale. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha proposto a Maroni di estendere quanto previsto dall'articolo 99 del dpr 361 del 1957, che punisce con la reclusione da uno a tre anni e una multa «chiunque, con qualsiasi mezzo, impedisce o turba una riunione di propaganda elettorale, sia pubblica che privata». Nelle intenzioni di La Russa, condivise da Maroni, il divieto andrebbe esteso anche alle manifestazioni sindacali e, soprattutto, non limitato al solo periodo di campagna elettorale per le elezioni politiche com'è oggi.
Ma il Viminale penserebbe anche a qualcosa in più. Come, ad esempio, estendere anche alle manifestazioni politiche i divieti già previsti per gli ultrà. In questo caso tra le possibili misure adottabili potrebbe esserci una sorta di Daspo con relativo divieto di partecipare a iniziative politiche per chi dovesse essere stato fermato dalla polizia, ma anche l'obbligo di firma o l'estensione dell'arresto in flagranza fino a 48 ore sfruttando le immagini di video e fotografie. Difficile invece, se non impossibile, che si possa arrivare a un divieto di manifestare in città diverse da quelle in cui si risiede. Tutte misure comunque che vanno calibrate con quanto previsto dalla nostra Costituzione.