Manifesto: I maestrini del centrodestra
Emma Colonna
INTERVENTO
Emma Colonna *
Ma di che cosa stanno parlando i ministri Gelmini e Tremonti? Di ridurre la spesa pubblica e di assecondare le pulsioni xenofobe della Lega espresse un mese fa da Umberto Bossi, o di affrontare davvero i problemi della scuola italiana? Non si può essere ciechi o tracotanti fino al punto di sostenere che una politica economica che cala la scure sulla scuola pubblica sia fatta anche per il suo bene, perché ci sono troppi sprechi, eccetera eccetera. Non si può, pur di far contento Bossi e il suo «popolo», prendersela con gli insegnanti e con i presidi del Sud.
È vero, i dati delle scuole del Sud sono preoccupanti. Ma davvero è colpa degli insegnanti che sono poco preparati, come afferma il ministro Gelmini per poi smentire il giorno dopo? Davvero questo è l'unico modo per poter rispondere alla questione posta da Galli Della Loggia sul Corriere della Sera, relativa al rapporto tra crisi dell'istruzione pubblica e crisi dell'identità nazionale? Il problema non è semplicemente tornare indietro e archiviare un quarantennio, ma rispondere in modo adeguato alla domande nuove. Cioè: come andiamo avanti?
Per tornare alle scuole del Sud, se vogliamo parlare in modo competente e con un minimo di serietà, dobbiamo conoscere alcune cose.
Primo: il livello culturale degli studenti è direttamente proporzionale a quello dei loro genitori. Domanda: dov'è il piano di educazione degli adulti di questo governo? Non c'è. L'educazione degli adulti è una delle voci che è stata tagliata radicalmente.
Secondo: fra i due genitori è determinante il livello di istruzione della madre. È vero o non è vero che al Sud l'occupazione femminile è molto più bassa che al Nord? Questo che cosa significa? Che il contesto economico e sociale condiziona pesantemente lo sviluppo culturale.
Terzo: tutti coloro che hanno un minimo di dimestichezza con i temi dell'educazione sanno che per raggiungere buoni risultati a livello cognitivo è fondamentale quello che avviene nei primi tre anni di vita. È vero o non è vero che i nidi per l'infanzia al Sud sono pochissimi e che anzi questo è un settore esposto a tagli drastici dalla politica economica di questo governo? Questi sono solo alcuni esempi, i più macroscopici, per dire che invece di prendersela con gli insegnanti bisogna avere l'onestà intellettuale, prima ancora che il dovere politico, di cercare di capire la sostanza delle cose di cui ci si occupa. E poi: come mai quegli insegnanti meridionali che avrebbero tanto bisogno di essere indottrinati, quando insegnano nelle scuole del Nord (e sono troppi, dicono loro) portano quelle scuole a livelli alti?
Qui non si vuole né negare il problema né tanto meno rimuoverlo. C'è bisogno che le scuole meridionali (non genericamente gli insegnanti, ma le scuole nella loro autonomia e nella pienezza del loro ruolo) se lo assumano e ne facciano oggetto di specifica attenzione. C'è sì bisogno di momenti di aggiornamento per gli insegnanti, ma perché prendano consapevolezza della gravità dei problemi che il contesto culturale complessivo di molte zone del Sud pone alla scuola e si interroghino sui metodi e sugli strumenti per affrontarli. C'è bisogno di intervenire per affrontare la dispersione scolastica (ma tanto qui si parla al vento, il ministro Gelmini vuole usare il voto di condotta - il cinque, perché il sette non è sufficiente! - per cacciare dalla scuola molti più ragazzi di ora, figuriamoci se si può parlare di lotta alla dispersione).
E poi un'ultima cosa va detta a Tremonti. Visto che usiamo i dati delle ricerche internazionali, usiamoli tutti: da quei dati emerge che se i quindicenni italiani sono un vero disastro i bambini della scuola elementare invece se la cavano egregiamente e sono ai primi posti delle classifiche. Allora, perché ce la prendiamo tanto con l'organizzazione del lavoro della scuola elementare che dà risultati così confortanti? Perché, in modo ideologico e un po' stantio, si gioca al massacro e si ripropone la «maestrina dalla penna rossa»?
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segreteria nazionale del Cidi