Manifesto: «I controlli polizieschi in classe calmano solo l'ansia degli adulti»
Parla Bruno Dagnini, il preside finito sotto processo, qualche anno fa, perchè non avrebbe impedito il consumo di cannabis nella sua scuola di Rho
Sara Farolfi
Milano I Nas nelle scuole? «Una boutade propagandistica, concretamente irrealizzabile in quanto a mezzi e risorse, e viziata nella sostanza dal presupposto che l'intervento repressivo dello Stato, che pure dovrà esserci, possa sovrapporsi all'intervento educativo della scuola». «Esperto mio malgrado», si definisce Bruno Dagnini, preside dell'Istituto comprensivo Cairoli di Lainate (Milano). Quanto proposto in questi giorni dal ministro Livia Turco, è stato già terreno di sperimentazione, tra il 2002 e il 2003, in diversi Comuni dell'hinterland milanese. Lui stesso ne rimase coinvolto. Condannato, in una controversa vicenda giudiziaria che risale al 2004, perchè non avrebbe fatto nulla per impedire il consumo di cannabis da parte degli studenti della sua scuola. E' ancora in attesa della sentenza della Cassazione.
La disciplina e la tutela della salute dei ragazzi possono diventare un problema di ordine pubblico?
Sono rimasto colpito dalle dichiarazioni del ministro Turco. Da una parte il ministro boccia l'attuale normativa, che colpisce severamente il consumo ma non il traffico di stupefacenti, dall'altra, invoca ispezioni a tappeto nelle scuole. Sembra trattarsi di due persone differenti. Un po' come nella vicenda del kit antidroga per le famiglie, giudicata "interessante" dal ministro. Il lavoro educativo, a cui pure Livia Turco si richiama, mal si concilia con politiche repressive.
Diversi Comuni dell'hinterland milanese hanno fatto da apripista a questo tipo di politiche. Scuole perquisite, studenti fermati... Lei era preside, che bilancio ne ha tratto?
Fu, come ogni politica proibizionista, un esperimento fallimentare. Tipico della scuola è basarsi sul convincimento e sulla libertà delle persone, e politiche di questo tipo rischiano di avere effetti devastanti anche sull'altra faccia della scuola, che è la costruzione dell'apprendimento.
Il problema però esiste...
Il problema c'è e si vede. Qualche anno fa, con i Sert, abbiamo fatto ricerche precise nelle scuole dell'hinterland milanese. Su 1500 studenti, il 5% è risultato consumatore di cannabis. Una cifra non da poco, che sale al 20, 30% se si tiene conto del fatto che il consumo di cannabis è, pur se spesso occasionale, generalmente un'esperienza di gruppo.
Che fare allora?
C'è un intervento di carattere educativo che spetta alla scuola, uno di carattere medico, per i casi più problematici, che si esercita in altri luoghi, e un intervento repressivo dello Stato, che però non può sovrapporsi a quello della scuola. Con politiche proibizioniste si rischia di contribuire all'accanimento dei giovani.
Si parla di una sorta di deregulation civile di cui la scuola sarebbe specchio...
Nel sistema scolastico odierno imperversa una figura, quello che io definisco l'"adulto bambino". A scuola si ha la sensazione di lavorare con la libertà delle persone: l'apprendimento coatto non esiste, e per insegnare si deve fare appello alla responsabilità dei ragazzi. Oggi invece, complice il rovesciamento demografico, prevale l'ansia degli adulti. L'aspetto della responsabilità, che comporta conflittualità e anche delusioni, non viene più accettato dall'adulto, diventa trauma e si manifesta non come autoritarismo, ma come ansia, che è anche peggio. Così si cerca un colpevole al disagio, dimenticando che dal disagio non si esce senza dare fiducia a chi è portatore del disagio stesso.
Non si sta chiedendo alla scuola di farsi carico di tutto?
Chi fa il mio lavoro sa che oggi la scuola non è più soltanto, e tradizionalmente, il luogo di trasmissione del sapere. A questo non ci si può opporre, ma a tutto c'è un limite. E una scuola tutto-fare rischia una deriva preoccupante, perchè totalitaria.
Tutto questo le sembra una sconfitta del sistema scolastico?
I media enfatizzano, ma la scuola, che coinvolge milioni di persone, vista da dentro mi sembra tenere ancora abbastanza. Sopravvive alle riforme, alle denigrazioni, vuol dire che ancora ha una grande vitalità.