Manifesto: I buchi neri del disegno di legge
Sulle visite al partner malato decidono le strutture sanitarie. Per le pensioni bisognerà aspettare la riforma
In base all'articolo 1 le coppie potranno rilasciare all'anagrafe non una «dichiarazione congiunta», ma «contestuale»
Red. Pol.
Corretto fino all'ultimo minuto utile, tanto da non poter nemmeno essere esibito nella conferenza stampa finale, il testo del disegno di legge sulle coppie di fatto varato dal consiglio dei ministri (ma che solo oggi sarà pubblico) non ha più in realtà né madri né madrine. Assomiglia ben poco alla bozza elaborata, già prima di Natale, dal ministero delle Pari opportunità guidato da Barbara Pollastrini, ma molte delle correzioni sono state scritte più dalla mano del vicepremier e leader della Margherita Francesco Rutelli che da quella della ministra della famiglia Rosi Bindi. Il «topastro», come lo battezza polemico l'Arcigay, ha comunque un nome. Per distinguerla fino in fondo dai Pacs, la normativa si chiamerà «Di.co», ovvero «Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi». E se il nome è arzigogolato, il contenuto non è da meno.
La dichiarazione
Sul fatidico articolo 1 ad esempio, quello che già aveva fatto imbelvire Mastella e i teodem della Margherita, si sarebbe arrivati a una formulazione più che ambigua. Le «persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente» per usufruire dei nuovi diritti si recheranno all'anagrafe. Ma più che un «patto» firmeranno un modulo, e la loro non potrà essere una «dichiarazione congiunta». Tutt'al più potranno farlo «contestualmente», ma il disegno di legge prevede anche che si presenti solo una persona e poi comunichi il fatto al suo convivente «mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento». Una situazione paradossale, ma voluta a tutti i costi per l'appunto dalla cattolica Margherita.
Assistenza in ospedale
Il punto forse più dolente arriva però all'articolo 4. Perché la possibilità di recarsi in visita al «contestuale» malato non verrebbe regolato dallo stato ma affidato alle «strutture ospedaliere e di assistenza pubbliche e private» a cui tocca «disciplinare le modalità di esercizio del diritto di accesso del convivente». Ci si dovrà quindi appellare, come del resto già succede oggi, al buon cuore di infermiere, primari e direttori sanitari. Un po' meglio per l'articolo successivo, il 5, che riconosce il diritto a «ciascun convivente di designare l'altro quale suo rappresentante» sia per le «decisioni in materia di salute» che, in caso di morte, sulle «modalità di trattamento del corpo (donazione di organi. ndr) e le celebrazioni funerarie».
La beffa delle pensioni
Sono invece riconosciuti, e affidati alle Regioni, i diritti che riguardano l'assegnazione delle case popolari, la successione nell'affitto della casa («purché la convivenza perduri da almeno tre anni»), così come la convivenza va riconosciuta e tenuta in conto nei contratti di lavoro sia pubblici che privati. Mentre la vera beffa arriva sul tema delle pensioni. L'articolo 10 infatti non si limita a dire che qualsiasi diritto va subordinato a quando ci sarà (se ci sarà) «il riordino della normativa previdenziale e pensionistica». Specifica infatti che per attribuire la reversibilità della pensione sarà necessario «un requisito di durata minima della convivenza» (nel testo che noi abbiamo non è specificato il numero di anni necessari). Per quel che riguarda l'entità della parte reversibile della pensione si specifica che, come però avviene anche dopo la riforma Dini per le coppie sposate, si dovrà «tener conto delle condizioni economiche e patrimoniali del convivente superstite».
Le successioni
Infine il diritto all'eredità. Solo dopo 9 anni di convivenza dichiarata, e accertata, sarà possibile concorrere alla «successione legittima». Da dividere però non solo, come è ovvio, con i figli, ma anche con fratelli e sorelle del deceduto. E se questi non ci fossero, pur di non dare tutta l'eredità al convivente si tirano in ballo tutti i parenti fino al terzo grado.
Retroattività, ma...
Ma se un domani basterà andare all'anagrafe per dichiare la propria convivenza, come si farà con chi in realtà già la pratica, e da diversi anni? Le «norme transitorie e finali» permetteranno, per i primi nove mesi dall'entrata in vigore della legge, di rivendicare il proprio passato. Anzi, chi ha divorziato da tempo, e ora convive, potrà certificarlo sempre e comunque. Anche qui però c'è un bel «ma». Perché dimostrare di essere già famiglia, o coppia gay, non serve a niente quando si parla di pensioni. In quel caso tutti devono ripartire dalla casella numero uno.