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Manifesto-Gli impiegati pubblici? Ormai sono tutti precari

Gli impiegati pubblici? Ormai sono tutti precari Tra gli stagisti pagati un euro all'ora e i dipendenti insicuri. Le elezioni delle Rsu, parla Carlo Podda (Cgil) ANTONIO SCIOTTO Il primo argomento ...

11/11/2004
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il manifesto

Gli impiegati pubblici? Ormai sono tutti precari
Tra gli stagisti pagati un euro all'ora e i dipendenti insicuri. Le elezioni delle Rsu, parla Carlo Podda (Cgil)
ANTONIO SCIOTTO
Il primo argomento di cui si parla nelle assemblee dei lavoratori del pubblico impiego? Non è il contratto - per quanto le vicende legate al rinnovo siano combattutissime - ma il dilagare della precarietà. "Incontri affollati - spiega il segretario generale della Funzione Pubblica Cgil, Carlo Podda - dove accanto ai dipendenti a tempo indeterminato si presentano e intervengono tantissimi lavoratori a termine, ex cococo ormai a progetto, ex Lsu, part time e figure "nuove di zecca", ormai diffuse anche nel nostro settore, gli stagisti: pagati tra 1 euro e 1,5 euro l'ora, senza contributi". Il comparto della sanità e degli enti locali, dei ministeri e delle agenzie si prepara alla elezione delle Rsu, tra il 15 e il 18 novembre, e il tema più spinoso da affrontare è quello dell'insicurezza sociale, che dagli "atipici" passa direttamente ai dipendenti tradizionali, impoveriti e ugualmente esposti alla precarietà. Ma si discute anche di servizi, perché, come dice lo slogan della campagna Cgil, "Pubblico è meglio": che qualità si può offrire con un lavoro ormai così frammentato e schizofrenico? Ne abbiamo parlato con Podda.

Fa effetto sentire - per quanto non ci stupisca più di tanto - che spesso i più partecipativi alle assemblee siano i precari, che neppure possono votare. Come rispondete a questo enorme e ancora inespresso bisogno di rappresentanza?

Il bisogno, in realtà, è più ampio di quanto non si creda. Ormai il 30% dei lavoratori di enti locali e sanità sono precari, nelle varie forme, ovvero circa 300 mila addetti a fronte di 1 milione e duecentomila dipendenti a tempo indeterminato. E se aggiungiamo i ministeri e le agenzie arriviamo a 1 milione e 700 mila dipendenti, con i precari che lievitano in proporzione. Ma a sentirsi insicuri non sono solo i cosiddetti "atipici", ma ormai tutti i lavoratori: con le privatizzazioni e le esternalizzazioni può capitare ad esempio che un reparto ospedaliero diventi una spa o una fondazione, con l'immediata perdita di sicurezza per tutti gli addetti. Dobbiamo necessariamente stabilizzare i precari, ma per fare questo bisogna ragionare in modo più generale sui servizi pubblici in Italia e sulle privatizzazioni. Dobbiamo dire basta alle ubriacature degli ultimi 15 anni sul "privato è bello", e puntare con decisione di nuovo sul pubblico: un servizio pubblico deve essere svolto da impiegati pubblici, e da questo cambiamento generale deve e può discendere la soluzione del problema precariato. Mentre si moltiplicano gli appalti - nell'ultimo anno la Corte dei Conti dice che nel pubblico sono cresciuti del 54% - aumentano i precari: una contraddizione assurda. Come cittadino e utente della sanità, che garanzia di formazione e di integrazione con il corpo medico posso avere da infermieri forniti da una cooperativa? Con il nostro slogan "Pubblico è meglio" presentiamo anche un criterio per capire quali servizi debbano essere pubblici: basta chiedersi, "questo servizio è un diritto?". La sanità, l'istruzione, l'acqua, sono diritti? Se lo sono, bisogna che siano beni pubblici, con lavoratori pubblici garantiti.

E' un appello anche alla politica?

Certamente, e dico di più: non ho nessun problema ad affermare che l'unico problema non è la legge 30, ma prima ancora il pacchetto Treu, che ha contribuito a diffondere il precariato in Italia. Quando la Cgil, e la nostra categoria, siederà con partiti e movimenti al tavolo programmatico del centrosinistra, e quando ci sarà - se ci sarà - un governo di centrosinistra, questi principi dobbiamo difenderli con forza. La Cgil può fare autocritica, certo, perché a suo tempo non si è opposta a certi sbagli nella riforma del lavoro e dei servizi, ma può e deve fare di più: essere propositiva.

Infine, problema non da poco, c'è il contratto.

Certo, ugualmente importante: si pensa ai dipendenti pubblici come ai "garantiti", ma in questi anni si sono perse ampie fette di salario reale. L'inflazione non è stata recuperata, e adesso chiediamo l'8%, mentre il governo ci offre il 3,7%. Con una postilla: offriremo di più se accetterete il blocco delle assunzioni e della contrattazione integrativa. Entrambe richieste inaccettabili: intanto perché, al contrario, il pubblico necessita di più assunti e di stabilizzare i precari; e poi perché bloccare la contrattazione integrativa vorrebbe dire impedire la migliore organizzazione nei posti di lavoro, cosa che certo non ci possiamo permettere se vogliamo servizi qualitativamente migliori.


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