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Manifesto: Gentili commissari, se scrivo "pokare" voi mi capite?

giovani E FACEBOOK

26/06/2009
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il manifesto

GENTILI COMMISSARI, SE SCRIVO «POKARE» VOI MI CAPITE?
Matilde Leone
Ci chiamano nativi digitali, generazione always-on, millennials ma, secondo me, sopravvalutano il reale stato delle cose. Almeno in Italia, dove prima delle «intelligenze connettive» e delle «dinamiche partecipative» di cui si parla in questa traccia molti di noi devono ancora provare l'ebbrezza del «potere di connessione». Sì perché è bello quello che scrive Manuel Castells quando ammonisce che viviamo nella «galassia internet» e non possiamo sentirci soli anche se lo vogliamo.
Però dovrebbe dirlo a quelli di di Telecom Italia. Io, per esempio, sto in una cosiddetta area rurale e Internet non ce l'ho, o meglio possiedo una connessione lenta e traballante che non raggiunge 1 megabit al secondo di velocità. Nella mia condizione ci sono altri 7,5 milioni di italiani i quali, nella galassia, più che pianeti o stelle assomigliano a buchi neri. Lo afferma anche un rapporto riservato che però si può leggere su Wikileaks.org, sito dove si pubblicano cose che i governi censurano. Forse anche questa è la «trasparenza radicale» di cui si parla nella traccia. Comunque sia, qualcuno dovrebbe dirglielo a Castells che se vuole prendersi un po' di riposo dallo stressante mondo interconnesso può venire a farsi una vacanza qui da me, in provincia, dove di «reti» che si «occupano» di noi anche se non vogliamo se ne vedono poche.
L'altro giorno, poi, ho letto che meno della metà delle famiglie italiane ha un Pc e che più del 60% degli adulti non ha usato internet negli ultimi 3 mesi. Sono dunque un po' restia a discutere dei «social network» menzionati nel titolo e nel passo di Daniel Goleman. Statistiche alla mano, ho paura che l'argomento potrebbe risultare oscuro alla maggior parte dei membri della commissione d'esame. E se parlare di «pokare», uno di quei gesti di amicizia che si fanno su Facebook, venisse considerata una divagazione? Soffermarmi su Twitter, di cui in questi giorni parlano tutti i giornali in relazione agli eventi iraniani, potrebbe essere altrettanto rischioso. Non so quanto gli esaminatori possano stimare degna di un tema di maturità la sfumatura tra blogging e micro-blogging. Di sicuro, qui da noi, durante l'anno scolastico non se ne è mai parlato.
Allora preferisco commentare la frase sulla «mutazione in atto» che ha «a che fare con la componente "partecipativa" che passa attraverso i media». E' facile e mi tocca da vicino. Stamattina prima di venire a scuola un mio amico ricco, che può permettersi di navigare con l'iPhone, mi ha fatto vedere la conferenza stampa del presidente del Consiglio Berlusconi e della ministra Carfagna mentre annunciavano un provvedimento. Esilarante. Soprattutto quando il presidente dice: «Abbiamo fatto un disegno di legge con pene elevate per chi sfrutta la prostituzione e per gli stessi clienti».
Il video è condiviso su YouTube (https://bit.ly/prostituzione) e mi dicono che su Facebook è segnalato in continuazione: un vero tormentone. È davvero bello, in effetti, poter condividere video stupidi. Penso che questo esempio spieghi anche il pensiero di Yochai Benkler, quando dice che «sulla Rete ci sono un sacco di sciocchezze» ma che questo ci insegna «a essere scettici, a cercare riferimenti incrociati e, più in generale a cercare da soli quello che ci serve». Sempre meglio, conclude, «rispetto alla ricerca della risposta da parte di un'autorità».
Mi piace. Vuol dire, mi sembra, che se una cosa non la dicono al Tg1 puoi sempre andartela a cercare sul web, a patto che tu ti prenda la briga di distinguere tra bufale e verità. E questo, a pensarci bene, è un consiglio che vale anche per i telegiornali e tutti i media in generale. Forte questo Benkler! Ma perché nella mia scuola non ce lo hanno mai fatto leggere?
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