Manifesto: Gelmini sulla fiducia, riforma senza opposizione
Oggi il voto sul dl. La Cgil: solo modifiche peggiorative
Eleonora Martini
ROMA
Alla fine ce l'hanno fatta di nuovo. La nona fiducia al governo Berlusconi è stata votata ieri sera alla Camera con 302 sì e 228 no dell'opposizione, compresa l'Udc, sul decreto legge 180 di "riforma" per l'università e la ricerca firmato dalla ministra dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Un voto messo a rischio dal maltempo che ha ostacolato il rientro anticipato dal lungo ponte festivo di fine anno di molti deputati, tanto che l'apertura di seduta fissata per le 17 è stata ritardata di un paio d'ore. L'allarme rosso è scattato ieri mattina insieme alle previsione meteorologiche e, preso dal panico, Silvio Berlusconi ha ordinato al capogruppo del Pdl di Montecitorio, Fabrizio Cicchitto, di precettare in tutta fretta i suoi anche via sms, per blindare l'ultimo passaggio parlamentare del dl in scadenza domani, venerdì 9 gennaio. Il premier poi si è precipitato di persona in Aula, incrociandosi in Transatlantico con Umberto Bossi che lo ha cortesemente evitato («Ditegli che gli offro un caffè, nonostante minacci di sculacciarmi», ha detto ai cronisti il leader della Lega). Oggi pomeriggio, in zona Cesarini, il voto finale sull'intero provvedimento che prevede nuove norme per il reclutamento dei docenti, il blocco totale del turn over per le università in rosso (sette tra i più grandi atenei italiani, una ventina in tutto), e rimette in circolo parte dei fondi tagliati dalla legge 133.
Sul metodo, ancora prima che nel merito, si sono sollevate aspre critiche dall'opposizione e dai sindacati. «Non si può andare avanti in questo modo: il governo procede a colpi di decreti legge e di fiducia impedendo così alla sua stessa maggioranza di discutere ed esautorando di fatto il Parlamento», attacca la deputata Maria Coscia, responsabile per il Pd del settore scuola e università. «Sconcertata» e «preoccupata» perfino la Federazione universitaria cattolica italiana. Riguardo poi ai contenuti dei quattro articoli di legge, si tratta di modifiche che «riescono ad essere perfino peggiorative del disastroso quadro prodotto dalla 133», è il giudizio impietoso di Mimmo Pantaleo, segretario nazionale della Cgil-Conoscenza.
Una legge, quella che la ministra Gelmini ha definito «un passo importante» e contro la quale si è sollevata di nuovo la marea universitaria dell'Onda, che prevede nel primo e più sbandierato punto la riforma dei meccanismi di composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi per il reclutamento dei professori di prima e seconda fascia, per evitare - spiega l'esecutivo - concorsi con esiti predeterminati. D'ora in poi le commissioni saranno composte «da un solo professore ordinario nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando e da quattro docenti sorteggiati da un elenco di commissari eletti tra i professori ordinari del settore scientifico disciplinare oggetto del bando». Sono esclusi dal sorteggio «i professori che appartengono all'università che ha richiesto il bando». Norme simili anche per il reclutamento dei ricercatori per i quali viene elevato dal 20% al 50% il blocco del turn over. Ma solo per gli atenei "virtuosi", quelli cioè che non spendono più del 90% del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) per il personale. Gli enti di ricerca sono invece esclusi dal blocco del turn over. Gli atenei, secondo la legge, dovranno usare «almeno il 60% delle risorse» ricavate dal pensionamento dei docenti per assumere nuovi ricercatori a tempo indeterminato o determinato, ma anche (è stato aggiunto nel testo licenziato dal Senato) con i contratti previsti dalla legge Moratti. Infine vengono reinvestiti sul sistema universitario parte dei fondi tagliati dalla legge 133: 135 milioni di euro in più per le borse di studio, 65 milioni per la creazione di 1700 posti letto per gli studenti fuorisede, e una quota «non inferiore al 7% dell'Ffo e del Fondo straordinario della Finanziaria 2008» da ripartire su criteri di qualità definiti dal Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca e dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario.
Duro il giudizio dell'Flc-Cgil: il blocco del reclutamento nelle università "in rosso" produrrà «la desertificazione di gran parte dell'università italiana», attacca Pantaleo. Mentre «le sbandierate norme sulla concorsualità all'insegna della trasparenza» «non intaccano il nodo complesso e difficile della qualità e serietà del reclutamento». L'assunzione di ricercatori, poi, «si realizzerà prevalentemente, se non esclusivamente, attraverso contratti a tempo determinato». E «da domani gli Atenei potranno realizzare tutte le assunzioni per chiamata diretta, motivandole con la "qualità scientifica"; alla faccia del merito, della trasparenza, dell'imparzialità dei concorsi». Una legge, affonda Pantaleo che promette battaglia, che si inquadra nelle «martellanti campagne tese a dimostrare che tutta l'università è senza eccezione un covo di nequizia, di inefficienza e di violenza ideologica».