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Manifesto: Gelmini senza rap. Come l'ora di religione diventa obbligatoria

Da un'inchiesta della Cgil in Piemonte, Puglia e Basilicata emerge come gli istituti non informano e aiutano nella scelta sull'ora di religione. Anzi, viene scoraggiato chi decide di non avvalersene e non c'è un'offerta chiara sulla materia alternativa. Senza alcuna differenza da nord a sud

28/03/2009
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il manifesto

Militant A
Avvalersi o no dell'insegnamento della religione cattolica? Tutti i genitori dei bambini che frequentano le scuole pubbliche italiane devono fare questa scelta al momento dell'iscrizione. A cominciare dalla "Materna", ossia da quando i piccoli alunni hanno tre anni. Molte mamme e papà non se l'aspettano nemmeno di ritrovarsi davanti la maestra di religione così presto. I figli sono piccoli e in una fase di imprinting iniziale delicato. Così capita che i docenti rassicurino i dubbiosi dicendo: «Faremo solo canti di pace, non vi preoccupate». Falso. Per la scuola dell'infanzia il programma deciso dalla Cei in accordo con il Miur è già qualcosa di definito, nell'ora di religione si deve: «Osservare il mondo che viene riconosciuto dai cristiani e da tanti uomini religiosi dono di Dio Creatore. Scoprire la persona di Gesù di Nazareth come viene presentata dai vangeli e come viene celebrata nelle feste cristiane. Individuare i luoghi di incontro della comunità cristiana e le espressioni del comandamento evangelico dell'amore testimoniato dalla Chiesa».
Per le elementari il programma è ancora più articolato e puntuale e l'insegnante di religione dà anche il voto e fa media con le altre materie. È chiaro che le gerarchie ecclesiastiche hanno individuato in questa fascia di età un bacino di utenza decisivo e lo Stato italiano ha organizzato la scuola in modo da soddisfare la richiesta di evangelizzazione. L'ora di religione, per quanto facoltativa, è inserita nell'orario obbligatorio. A insegnarla è stato chiamato un corpo docente separato e scelto dal vicariato per cui spendiamo un miliardo di euro all'anno e che viene continuamente sottoposto a verifica di idoneità. Per chi non vuole avvalersi è prevista la possibilità dell'ora alternativa. Ma la domanda cruciale è: esiste davvero una libertà di scelta? Ci si può sottrarre all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche italiane?
La Cgil ha presentato sull'argomento un'interessante inchiesta condotta in un circuito di scuole settentrionali (Piemonte) e meridionali (Puglia e Lucania) dal titolo: «Quale laicità, i principi traditi dalla pratica». Sono state fatte interviste a genitori sull'argomento e il quadro che emerge è una sottomissione quasi completa alla volontà del Vaticano da parte dell'istituzione scolastica. Non c'è differenza tra nord e sud in questo settore. Per prima cosa il dossier si sofferma sul fatto che la scuola non informa e non aiuta nella scelta. Alla domanda: «Come siete stati informati?», la risposta tipica è: «Il modulo da compilare c'è stato consegnato senza particolari spiegazioni al riguardo. La maestra ha spiegato che c'era un solo bambino musulmano che non si avvaleva. Abbiamo avuto un'impressione di forzatura della scelta, ad un'altra mamma che aveva barrato due opzioni contrarie, la maestra ha detto che era meglio che la bambina facesse religione per non restare isolata dai compagni. Alla fine abbiamo deciso di far fare religione cattolica alla bambina». La scuola alza una specie di nebbia intorno all'ora di religione e alle sue alternative. I genitori, nella stragrande maggioranza, non si interessano molto di quello che accade all'interno della classe e si ritrovano a subire l'insegnamento religioso anche se non vogliono. Troppo occupati da altre faccende, si accorgono tardi dei problemi a cui vanno incontro i loro figli. «Lo scorso anno è successo un casino» dice una mamma, «perché mio figlio ha fatto religione e anche gli altri che, come lui, non avrebbero dovuto farla. E' successo che nessuna insegnante, compresa quella di religione, si è accorta del fatto che in classe durante l'ora di religione c'erano anche i bambini che avrebbero dovuto essere esentati. Ho scoperto tutto solo alla festa di fine anno, quando l'insegnante mi ha messo in mano il quaderno di religione di mio figlio...».
Nelle interviste emerge chiaro che la scuola scoraggia chi non vuole avvalersi o non lo prende neanche in considerazione. L'arma fondamentale per far allineare tutti è che non c'è mai un offerta chiara dell'ora alternativa. La scuola sostiene di doverla offrire se la richiedono i genitori, i genitori se l'aspettano dalla scuola. Il risultato è che al momento di decidere cosa fare, nessuna mamma o papà sa dove andrà e cosa farà il proprio figlio quando arriva la maestra di religione. Sarà lasciato in corridoio o nella stanza delle bidelle? La sua maestra lo porterà in un altra classe o in biblioteca a fare qualcosa?
E con questo cuore si decide! Farebbe scandalo e si creerebbe un caso se una scuola organizzasse in modo strutturato l'ora alternativa e desse dei progetti concreti ai genitori. Eppure basterebbe che dicesse: «Per chi non si avvale della Irc, ci sarà un corso di teatro con spettacolo a fine anno, oppure una storia del cinema per bambini o un corso di rime per testi rap». Macché. Cosa si fa? Non si sa! Per una sorta di tacito accordo, l'ora alternativa è un'ora di ciondolamento se non proprio di discriminazione. L'importante è che non sia attrattiva, questo è imperativo per le gerarchie ecclesiastiche. Non deve suscitare interesse nei bimbi che fanno l'ora di religione cattolica. Se fosse un'ora di laboratorio intelligente al momento di dividere la classe qualcuno potrebbe dire: «Pure io voglio fare l'ora alternativa». Questo non deve succedere. Deve valere il contrario. I bimbi che non si avvalgono devono avere qualcosa di meno. È per questo che nella composizione delle classi, cosa importantissima, non avvalersi della religione cattolica non è un parametro per formare un gruppo. Non c'è nessuna esitazione a formare una classe con una sola bimba di tre anni che non si avvale. Tanto che c'è un progetto per lei? È normale che una mamma dica: «Io ho deciso di farla frequentare perché, ecco, per non isolarla sostanzialmente. Sono nove mesi in cui lei il giorno che ha religione starà in un'altra classe. Allora anche se a me l'avessero detto, se non fa religione noi prendiamo la bimba e le facciamo fare qualche cosa, qualche altra attività, l'avrei fatto. Ma no, a me hanno detto se non fa religione, rimane sola. E quindi io cosa faccio?». Questo è uno scandalo altrettanto grave e violento del maestro unico.


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