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Manifesto: Fascisti nel no Gelmini

Altro corteo a Roma, ma questa volta alla testa c'è l'estrema destra del Blocco studentesco che urla «duce duce». Gli autorganizzati se ne vanno, gli altri no. In nome dell'antipolitica cade l'antifascismo

28/10/2008
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il manifesto

Altro corteo a Roma, ma questa volta alla testa c'è l'estrema destra del Blocco studentesco che urla «duce duce». Gli autorganizzati se ne vanno, gli altri no. In nome dell'antipolitica cade l'antifascismo
Giacomo Russo Spena
ROMA
«Duce, duce», intona il giovane mentre sventola il tricolore con su scritto in nero «Pacinotti», la sua scuola. A fianco una studentessa che indossa una maglietta rossa con la faccia di Che Guevara ben in vista, kefia e piercing ovunque. Sfilano insieme per le vie di Roma. E con loro diecimila studenti. Nello stesso corteo estrema destra e ragazzi che si professano di sinistra. Senza imbarazzo perché «condividiamo la stessa protesta contro la riforma Gelmini». Il connubio viene disturbato solo dai collettivi autorganizzati, antifascisti, che spezzano la manifestazione lungo il percorso, rifiutandosi di sfilare «con chi rinnega la Resistenza». Ma il capolavoro politico di Blocco Studentesco, appartenente all'organizzazione d'estrema destra Casa Pound Italia (appena fuoriuscita da Fiamma Tricolore), è ormai consumato. La manovra di mettere il «cappello» sulle mobilitazioni no Gelmini è riuscito.
Lo si capisce già dalla partenza, a piazza della Repubblica, quando i giovani di destra si prendono la testa del corteo, soprattutto grazie a un'organizzazione da partito. Sono gli unici che pensano a portare il camion, che pomperà musica per tutto il corteo, si mettono a gestire il servizio d'ordine (in maniera militare), coordinano le varie scuole e si relazionano con la Digos. Come dei veterani della piazza. I «fratelli maggiori» di Casa Pound, presenti, supervisionano. Anche l'abbigliamento è ben curato: indossano quasi tutti giacchettine e magliette nere del gruppo e degli ZetaZeroAlfa (la banda rock di riferimento di quest'area). Qualcun altro sfoggia felpe pro-Ira. E il resto degli studenti sembra gradire il «servizio». Con i promotori della manifestazione, i licei del IV municipio (in primis Orazio e Nomentano) che hanno comunque all'interno una piccola partecipazione di studenti di Blocco, che gioiscono per il gran numero di partecipanti.
L'onda anti-Gelmini trasforma infatti un corteo da municipale a cittadino. Francesco, uno degli organizzatori, è ben consapevole dei motivi della protesta: «Manifesto - spiega - contro i tagli alla scuola pubblica e l'introduzione del voto in condotta». Poi articola un discorso più complesso contro la privatizzazione dei saperi voluta dalla ministra. Il suo orientamento politico, già esplicitato dalla maglietta verde con stella rossa e scritta Ezln che indossa, è a sinistra, «estrema sinistra». E non è a disagio a fianco dei fascisti: «Abbiamo deciso - afferma - che verrà formato un nuovo movimento studentesco che non ha connotazioni politiche». «Non ci interessa la politica - ribadisce Flavia dell'Orazio - siamo tutti qui per protestare contro la riforma». Intanto la manifestazione parte. Lo striscione d'apertura «Dalle scuole all'università, la Gelmini non passerà» è sorretto da ragazzi con maglie con su scritto «Me ne frego», «Io non prendo lezioni», «Casapound non si tocca» e «Parte uno, partono tutti».
I capetti di Blocco gestiscono il microfono e i loro interventi sono intervallati solo dai Clash e da «Il cielo è sempre più blu» di Rino Gaetano. Intonati anche dai piccoli camerati che poi lanciano, sempre dal camioncino d'apertura, il coro (inventato dai movimenti di sinistra nello sciopero generalizzato del 17 ottobre) da stadio «Noi la crisi non la paghiamo». Applausi. Dei giovani di destra e sinistra. «La nostra protesta è apolitica e apartitica, quello di oggi (ieri, ndr) è un semplice corteo studentesco», ribadisce Valerio, portavoce del liceo Nomentano, look alternativo.
Pensiero non condiviso da una parte del manifestazione che a Via Cavour rovina, almeno mediaticamente, la manovra a Blocco distaccandosi dal corteo. E portandosi via un terzo dei partecipanti. Rappresentano Aristofane, Albertelli, Tasso, Virgilio, Socrate ed altre scuole ora in occupazione. «Noi siamo studenti antifascisti - racconta Valentina - non esiste un corte apolitico, Blocco si è impossessato della manifestazione e noi vogliamo dissociarci». Il clima è concitato, gli animi si surriscaldano. Uno dei capi fascisti va a parlare con gli studenti autorganizzati invitandoli a marciare insieme: «Dobbiamo puntare ad una unità generazionale che abbatte i muri che i tessitori d'odio hanno costruito per anni, questo non è il nostro corteo». Parole al vento, «prendiamo le distanze dalle vostre strumentalizzazioni», replicano. Così la divisione si consuma.
Arrivati ai Fori Imperiali gli studenti dei collettivi provano a deviare per il Colosseo rifiutandosi di confluire a Piazza Venezia, dove è già giunto il resto del corteo. Ma la polizia si mette di traverso, sbarrando la strada. Stanno allora fermi per qualche minuto per capire il da farsi. Non resta quindi per loro che dirigersi verso il concentramento nel quale gli esponenti di Blocco continuano a fare comizi. Espongono un mega striscione «No alla riforma, giovinezza al potere», inneggiano al Duce e sventolano qualche tricolore. I collettivi arrivano a malincuore in piazza e intonano a gran voce «buffoni, buffoni». Si susseguono battibecchi con alcuni giovani che li accusano di aver spaccato il corteo. Come Flavio che, pur dicendosi antifascista, dice: «Basta con gli scontri tra comunisti e camerati - urla - dobbiamo unirci tutti per sconfiggere il governo». A quel punto Blocco lancia un corteo spontaneo, non molto partecipato, che si dirigerà fino al Senato tra i fischi. Anche i promotori della manifestazione si rendono conto di esser stati strumentalizzati e decidono di non proseguire verso Palazzo Madama.
In serata i collettivi autorganizzati denunciano «il doppiogioco dei fascisti». «In piazza facevano gli agnellini - accusano - ma poi nel pomeriggio hanno aggredito due ragazzi fuori al Giulio Cesare». Intanto si riflette sulla mattina e su tutti quei ragazzi che hanno accettato di sfilare coi camerati dietro il motto del «movimento apolitico, solo contro Gelmini». «La piazza di oggi (ieri, ndr) - afferma Iacopo - è marginale rispetto al quadro complessivo. Il movimento no-riforma ha l'antifascismo come discriminante». Vedremo.


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