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Manifesto-Famiglie di classe

EDITORIALE Famiglie di classe COSIMO ROSSI Povera signora Moratti. Dev'essere stato un dolore per la ministra dell'istruzione scoprire tra gli epicentri della protesta contro la sua riforma anche...

16/11/2004
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il manifesto

EDITORIALE
Famiglie di classe
COSIMO ROSSI
Povera signora Moratti. Dev'essere stato un dolore per la ministra dell'istruzione scoprire tra gli epicentri della protesta contro la sua riforma anche chi lei stesse aveva messo al centro del sistema scolastico: le sacre famiglie. Invece ieri c'erano proprio le famiglie a protestare contro la scuola di lady Letizia insieme a docenti, sindacati, studenti (pochini). E in abiti civili, quasi laici. Segno che evidentemente la vanga del governo Berlusconi ha toccato il fondo: ha spalato talmente tante risorse (non solo economiche) dal sistema educativo da accendere la paura di madri e padri timorati degli dei e del denaro, oltre che le rivendicazioni del corpo docente. Perché la paura al giorno d'oggi è probabilmente la più materiale delle astrazioni politiche.

Paura di cosa? Di un futuro instabile, indefinito, insicuro per i propri figli. Quei figli che il modello San Patrignano dell'amministratrice delegata dell'istruzione doveva invece mettere al riparo dalle vanità stupefacenti della fantasia e della creatività: ancorandoli a valori e modelli arcaici, neo-tribali.

All'istituzione familiare la scuola berlusconiana prometteva di riconoscere il supremo potere - pardon: "libertà" - di "scelta" del futuro della propria schiatta. Secondo il famigerato modello delle tre i: i come impresa, informatica, inglese. Lungo la più famelica concezione dell'istruzione come profitto personale e scavalcamento delle gerarchie sociali. Propugnando per questo anche la normalizzazione delle libertà (incidentalmente costituzionali) del corpo docente.

Ieri lo sciopero della scuola è stato generale proprio perché è stato di tutti. Probabilmente perché la chimera della privatizzazione dell'istruzione si è dimostrata altrettanto inefficace per tutti: per i docenti ridotti a corpo inerte delle istituzioni, per le famiglie colte nell'impraticabilità delle ambizioni riversati sui figli, per gli studenti frastornati dall'incapacità di aspirazioni proprie e indipendenti.

Tra le i berlusconiane non ci sono infatti gli investimenti. C'è l'ideologia del profitto ma non ci sono l'italiano, l'intelligenza; tantomeno l'invenzione. Niente, insomma, di tutto quello di cui si ciba la comunicazione attiva dei ragazzini. Niente di ciò che fa l'autonomia e la propulsività della classe insegnante. E nemmeno qualcosa che rappresenti un investimento per l'economia domestica. Perché anche nel chiuso delle mura casalinghe ci si è resi conti che della propaganda berlusconiana sarebbe rimasta solo una gigantesca i come ignoranza. E con quella, si sa, non si arriva da nessuna parte.

Non è dunque poca cosa che le famiglie ieri fossero in prima fila con gli insegnanti. Perché rappresenta la più forte domanda di scuola pubblica da molti, moltissi anni: domanda di investimenti, di soldi, di libertà di insegnamento, di istruzione generalizzata intesa come profitto generale, di possibilità concreta di coltivare aspirazioni attraverso i figli.

Ecco, semmai sta qui il problema: ciascuno dovrebbe avere la libertà di coltivare in proprio la propria vocazione, e la scuola dovrebbe essere il luogo preposto. Essere invece arrivati al punto di vederla rivendicare dalle famiglie, è una cura che può diventare peggiore del male. Soprattutto se la formula che ha dato questa sonora delusione alla signora Moratti dovesse essere fatta propria dai suoi oppositori anziché sovvertita dallo stesso mondo della scuola. A cominciare dagli studenti, che ne sono i titolari prima ancora che i beneficiari ridotti in miseria da circa un quindicennio.


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