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Manifesto: Epifani: «Il lavoro non è uguale all'impresa»

La Cgil e la sinistra Il sindacato incontra Fassino e Giordano. Ecco le «priorità» per il Partito democratico e il nuovo soggetto «radical»

28/03/2007
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il manifesto

Roma
La frase più interessante per chi segua in questi giorni il rapporto della Cgil con i nuovi partiti che stanno nascendo a sinistra (il Partito democratico, il nuovo soggetto a sinistra) il segretario generale Guglielmo Epifani l'ha pronunciata a metà del suo discorso, di fronte al segretario Ds Piero Fassino e a Franco Giordano (Prc), che incontravano ieri i dirigenti del sindacato a Roma: «Il lavoro non può essere equivalente rispetto all'impresa o alla centralità del consumatore». Questa frase fa pensare tanto al manifesto dei «riformisti», del nuovo Partito democratico, che si dichiara «equidistante dall'impresa e dal lavoro». Una formulazione che non dev'essere piaciuta nemmeno ai vertici della Cgil, di solito molto calibrati e moderati rispetto agli schieramenti. Quando è troppo è troppo, così l'unico applauso dell'uditorio Cgil è andato proprio al momento in cui Epifani rivendicava la «necessaria centralità del lavoro» rispetto alle future alchimie di sinistra. Ma sarà dura.
Il «pretesto», la presentazione di uno studio dell'Ires Cgil sul voto operaio degli ultimi 10 anni, con la classe dei lavoratori che si è sempre più allontanata dal centrosinistra: soprattutto gli operai del Nord Italia, che nel 2006 hanno votato per il 55% il centrodestra. I «bastioni » di voto del centrosinistra, sempre nel 2006 ma in tutto il paese, restano gli insegnanti, gli impiegati pubblici e privati e gli operai (ma se gli insegnanti sfiorano il 70% di preferenze, gli operai superano di poco il 50%), mentre il centrodestra spopola tra autonomi (tra il 60 e il 70%), disoccupati e agricoltori (il 60%), e ha conquistato anche i pensionati (poco più del 50%).
Rispetto ai partiti, in Cgil si sono già formati gli «schieramenti»: la segreteria confederale è così divisa tra il futuro Partito democratico (Passoni, Maulucci, Rocchi, Guzzonato) e i «mussiani» (Nerozzi, Cantone, Fammoni, Piccinini). Nutrito, comunque, il gruppo di simpatie «radical» anche tra i segretari di categoria, da Chiriaco (Flai), a Podda (Fp), fino a Panini (Flc), Leone (Spi), Rinaldini (Fiom).
Le domande più originali a Fassino e Giordano ci sono sembrate quelle del segretario Flai Franco Chiriaco, che ha sottolineato l'importanza della «dualità capitale/lavoro»e del «conflitto» per potersi dire «partito di sinistra» e ha elencato i rischi che ci potrebbe propinare l'attuale governo: defiscalizzazione del secondo livello e indebolimento del contratto nazionale, ulteriore flessibilità del lavoro e messa in discussione, come chiesto dalla Confindustria, dell'articolo 18.
Fassino ha spiegato che «il lavoro è cambiato» e «non si può ragionare più con il modello fordista»: «Il tempo in cui ci si identificava con il lavoro è alle spalle». «Prima se cambiavi lavoro era strano, oggi è normale, sono i cicli di mercato a decidere». Il segretario Ds assicura che «il Pd deve essere partito del lavoro», ma è chiaro che il discorso fatto ai cigiellini mira a togliere centralità al lavoro e a darla al mercato, alla mobilità, e dunque alle tutele in un mercato flessibile piuttosto che un lavoro forte in sé. All'opposto, Giordano ha insistito sull'idea di «ricostruzione del lavoro e della sua rappresentanza», «a partire dal salario, dalle pensioni, dal contratto nazionale», e dalla «lotta alla precarietà», per ricomporre tra loro i lavoratori. Il nuovo soggetto della sinistra, sarà «alternativo al capitalismo e alla globalizzazione».
Epifani ha voluto sottolineare i miglioramenti dell'attuale governo rispetto al passato, su fisco, lotta alla precarietà, dialogo con i sindacati. Ma «manca ancora qualcosa»: «Ci sono tante dichiarazioni a favore del lavoro, che non si traducono in realtà. Ad esempio perché non si punta su scuola e formazione?» «Prodi un anno fa ci disse: "la piattaforma della Cgil è il mio programma" - ha aggiunto Epifani - Avremmo preferito magari una frase meno forte ma più atti concreti». Insomma, questo centrosinistra resta insufficiente, ma per Epifani «non ci è indifferente». Il segretario Cgil ha sottolineato che «certo il sindacato deve essere autonomo, ma quanto succede oggi a sinistra sicuramente porta per noi dei rischi, ma anche delle opportunità».


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