Manifesto-"E ora la Moratti va abrogata"
"E ora la Moratti va abrogata" Sfilano in decine di migliaia anche con i Cobas. Genitori, insegnanti, studenti, ricercatori, le associazioni del territorio. E' la festa delle scuole che resistono al...
"E ora la Moratti va abrogata"
Sfilano in decine di migliaia anche con i Cobas. Genitori, insegnanti, studenti, ricercatori, le associazioni del territorio. E' la festa delle scuole che resistono al tutor e al portfolio. Ma i tagli si sentono
CINZIA GUBBINI
ROMA
Marciano sulla città, compatti e convinti. Sono arrivati da Napoli e da Salerno, da Lucca e dalla Versilia, da Genova e da Bologna, da Bergamo e da Milano. Il corteo dei Cobas che parte da piazza della Repubblica si fa forte di chi ha scelto di stare "dall'altra parte" rispetto a quello dei confederali, con una parola chiara in bocca che è "abroghiamo le leggi Moratti". Ed è qui che si trova lo spezzone colorato e rumoroso degli studenti, i ricercatori dell'università che ci vogliono essere con i loro due striscioni, anche se non sono "ufficialmente" in sciopero. Qualche docente è iscritto alla Cgil, ma vuole stare in un questa piazza, perché sia chiaro che l'obiettivo è "abrogare la riforma". Ci sono gli insegnanti con i cartelli fantasiosi partoriti nelle lunghe discussioni delle assemblee dei coordinamenti, i genitori con i bambini che negli ultimi due anni hanno lavorato gomito a gomito con i presidi delle elementari, i docenti, il personale Ata e le associazioni del territorio. Quella fitta rete che all'improvviso si è sentita interpellata dal ministro Moratti che chiamava in causa le "famiglie" e "il territorio": "Ci hanno detto che adesso non solo possiamo scegliere - dice una mamma di Venezia, Roberta - ma che addirittura avremmo avuto più scelta, ma ormai come famiglie lo abbiamo capito bene che cosa vuole dire `più scelta'. E' come con la televisione satellitare: c'è solo più spazzatura". Indomiti sotto la pioggia insegnanti e genitori aprono gli ombrelli, insieme alle bandiere dei Cobas ci sono quelle della pace, c'è l'Arci con i suoi operatori. Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas, è raggiante: "La gente è stata con noi, perché la sinistra deve capire che bisogna essere radicali. Certo, anche noi scioperiamo per il rinnovo del contratto, ma la cosa principale è abrogare questa riforma". Come osserva una docente di lungo corso delle scuole medie: "Certo che il contratto è importante, ma se applicano questa riforma spariranno le compresenze, spariranno materie che diventeranno opzionali. E allora, di quale contratto si parlerà più?".
E infatti la strategia adottata dalle scuole finora è stato resistere, ingegnarsi in tutti i modi per non applicare la riforma, fin quando è possibile. Il tutor, "unico tizio occupato rimasto" come recita il cartello appiccicato sulla pancia di un insegnante, è un emerito signor nessuno nella stragrande maggioranza delle scuole; le tre ore opzionali alle elementari e le sei nelle scuole medie sono state incastonate nell'orario mattutino così da non spezzare le classi e continuare a lavorare come prima. In tanti non hanno adottato i nuovi testi: "Da noi li abbiamo dovuti prendere, invece - spiega un'insegnante di inglese - un po' di pressione da parte del preside le abbiamo subite. Si tratta di un sussidiario unico in cui tutte le materie sono presentate sotto forma di letture, tutto è stato reso essenziale". Per lei, tra l'altro, la nuova finanziaria non prevede nulla di buono: ora tutti i maestri impareranno l'inglese con un corso ministeriale di 50 ore, così si risparmia e addio alla qualità.
Che la qualità non sia il principio generatore della riforma Moratti non ci vuole molto a capirlo. Nonostante gli sforzi delle scuole, infatti, la riforma è partita e occorre farci i conti, come spiega Annamaria, insegnante romana di lettere in una scuola media: "In prima l'inglese è stato ridotto da 3 ore a 1 ora e quaranta, per fare spazio al francese. L'educazione tecnica è stata cancellata e i nostri colleghi per ora fanno laboratori, domani chissà. E l'informatica? Quella è proprio inesistente. Ti dicono: l'informatica la dovete fare tutti. Ma allora investissero sulla formazione, perché io quello che posso insegnare ai miei studenti è, al massimo, videoscrittura". Ma ieri erano parecchi anche i professori delle scuole superiori, quelli che aspettano di capire di che morte dovranno morire quando verrà pubblicato il decreto attuativo sui licei e la formazione professionale, ma che già sperimentano il taglio delle risorse: "L'organico non è ancora al completo, ma le supplenze la scuola non le paga, perché dovrebbe farlo con i fondi di istituto - spiega una prof di un liceo scientifico di Napoli - Quindi, da un lato si eliminano le compresenze, dall'altro si dividono le classi che rimangono senza professore e le si sparpaglia nelle classi coperte". E dire che di docenti ce ne sono a bizzeffe, e più che qualificati, come Nadia, architetto con cinque abilitazioni. Precaria da 15 anni. Ci consegna un'amara considerazione: "Quello che brucia di più è come ci trattano, essere consapevoli del fatto che il ruolo dell'insegnante è svilito, che nessuno in questo paese crede nell'importanza di investire sulla cultura. Abbiamo visto assumere 15 mila insegnanti di religione, non aggiungo altro".